Dazi: braccio di ferro tra UE e USA
Borse europee in netto calo all’apertura degli scambi, manca la fiducia nei mercati, dopo le decisioni di Donald Trump sui dazi.
Da Milano a Shangaj, passando per Berlino, prima ancora, una capatina a Bruxelles e poi via per Wall Street, dove il Down Jones e il Nikkei hanno avuto un gran bel lavoro nell’indicizzare gli investimenti da parte degli azionisti. Risultato? In Europa, tra Milano e Parigi sono stati bruciati 14 miliardi di euro, di cui sette sono relativi al crollo netto registrato nella Borsa di Milano in calo con un vistoso 7%.
Manca quella classica fiducia nei mercati, e se Atene piange, Sparta non ride. A Shangaj la Cina rivive il dramma dei surplus di investimenti, dopo il crollo del colosso finanziario Ever Grande, gli investimenti tornano indietro con un effetto boomerang spaventoso e pericolosissimo per il gigante asiatico dell’export, i dazi non risparmiano nemmeno il colosso dell’economia americana di Wall Street e si preannunciano catastrofi finanziarie di immani proporzioni, anche qui il fantasma di Standard e Poor’s, aleggia nelle stanze della Casa Bianca e della Federal Reserve.
Novanta giorni di tregua per ridefinire gli equilibri dell’economia globale, con Ursula von der Leyen pronta ad accogliere le proposte di dialogo da parte di Donald Trump.
Una tregua di novanta giorni tra Unione Europea e Stati Uniti d’America, Donald Trump sospende i dazi per novanta giorni, al termine dei quali la stessa Unione Europea dovrà applicare nella stessa misura dazi ai prodotti provenienti da oltre oceano. Una misura stabilita dalla presidente Ursula Von der Leyen, in risposta ai miliardi di euro bruciati nell’area UE, dagli investitori in borsa. Tutelare l’economia globale, migliorare i rapporti con la Cina e le vie della seta e cercare di arginare le imposizioni di Washington, che nel frattempo pare sia decisa a mettere nuovamente le mani su Panama, importante snodo commerciale marittimo, tra i due oceani: Atlantico e Pacifico.
A Bruxelles c’è tanta preoccupazione, per l’imposizione dei dazi e non solo. Gli effetti nel lungo periodo potrebbero essere devastanti, con il rischio di un indice inflazionistico destinato a salire, per creare aumenti generalizzati dei beni di consumo. Oltre all’inflazione, ci sarebbero quelle accuse dello stesso Donald Trump nei confronti dell’UE, definita in passato una mini Cina a tutti gli effetti, che ha creato delle spaventose voragini nel sistema delle esportazioni USA, verso l’Europa. Non è quindi un mistero, che lo scopo di Washington sarebbe quello di colpire nell’immediato la Cina, e in effetti, l’applicazione di una tariffa pari al 125%, si fa subito strada sui dazi da imporre alle esportazioni cinesi verso gli USA. Finora i dazi applicati non hanno ancora raggiunto la piena operatività, questo è riconducibile al fatto che la sospensione delle misure economiche restrittive da una parte e dall’altra, farà spazio alla strada del dialogo, ma con la stessa imposizione dettata da Washington: Più America, meno Cina in Europa.
La Cina è l’obbiettivo primario dell’accanita guerra dei dazi e Pechino non si è fatta trovare impreparata.
Il segretario generale della NATO Mark Rutte punta il dito contro la Cina, definendola responsabile di azioni destabilizzanti nell’area dell’indo-pacifico e promotrice della corsa al riarmo navale. D’altronde il perfezionismo americano anti-cinese deve anche avere un portavoce, e chi meglio del segretario della NATO Rutte?
Nell’area dell’indo-pacifico i cinesi controllano importanti rotte commerciali, fino al golfo di Aden con un occhio particolare verso l’hub strategico commerciale sulle rotte del Mar Rosso che portano al Mediterraneo: Gibuti sarebbe per i cinesi, un importante testa di ponte commerciale per mettere le mani sui traffici marittimi che passano dal golfo di Aden e diretti verso il Mediterraneo.
Washington da canto suo, pressa su quei paesi che potrebbero dare man forte agli USA, in materia di azioni anti-cinesi, ma l’unica alternativa sarebbe quella di continuare a difendere lo status quo dell’isola di Taiwan, abbinando un perfetto congegno commerciale che impedisce ai cinesi di accumulare proventi dalle esportazioni: I dazi.
Donald Trump, dovrà ora rinegoziare con l’Europa, poi, dovrà rivedere i disegni espansionistici come quelli relativi alla Groenlandia e a Panama, forse, in qualche modo con l’ausilio della ragione, le economie globali potrebbero raggiungere livelli accettabili di interscambio commerciale? Ahimè! Ormai il mondo diviso in quei famosi blocchi contrapposti, che formavano il famoso sistema bipolare, non esiste più.
Gli effetti della globalizzazione e l’apertura delle nuove frontiere commerciali nel mondo, hanno dato il via a inquietanti scenari, politici, economici e sociali.