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Salviamo i LEP

Le polemiche sul tema dell’autonomia differenziata delle Regioni si sono estese al decreto-legge 202/2024 (mille proroghe) che trasferisce presso il Dipartimento per gli Affari regionali della Presidenza del Consiglio l’attività istruttoria per la determinazione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali) e dei relativi costi e fabbisogni standard.

Va detto che questo trasferimento non pregiudica affatto il ruolo del Parlamento poiché la Costituzione attribuisce il potere di iniziativa legislativa non solo a ciascun parlamentare, ma anche al Governo. L’Esecutivo intende quindi farsi aiutare dalla propria struttura nell’onere di presentare al Parlamento una proposta di legge sui LEP.

Dovremmo allora essere ottimisti sul fatto che si voglia proseguire il faticoso cammino per cercare di garantire un adeguato livello di servizi e prestazioni alla popolazione in ogni parte d’Italia, in particolare a quella fragile. I gruppi parlamentari lascino allora da parte i reciproci sospetti e, senza gettare al macero il lavoro – certo incompleto, ma anche l’unico oggi esistente – sinora fatto dal Comitato di esperti e Segreteria tecnica nella stesura dei livelli essenziali, da esso partano per scriverne un elenco il più completo possibile.

Elenco dapprima contenuto in un Testo unico dei LEP già esistenti in legge, per giungere poi ad un Codice che ricomprenda quelli ancora da individuare senza timore di elencare anche quelli non ancora finanziabili, ma predisponendo un calendario che divenga per l’Esecutivo l’impegnativo promemoria per future scelte di bilancio e per il Legislatore lo strumento di controllo nei confronti di attuale e successivi governi.

Si tenga allora separato il percorso dei LEP da quello dell’eventuale autonomia differenziata delle Regioni, andando oltre l’improvvida affermazione della Corte costituzionale che nella recente sentenza n. 192 affiderebbe ai LEP la “salvaguardia di condizioni di vita omogenee sul territorio nazionale” solamente in caso di devoluzione dell’autonomia, anziché prevederla come costante garanzia per la popolazione.

In proposito, bene farebbero Camera e Senato nell’adottare uno spirito simil a quello che vide nel biennio 1946-1947 l’Assemblea costituente al mattino discutere aspramente su leggi e attività governativa, ma al pomeriggio costruttivamente ragionare sul testo della futura Costituzione.

Giorgio Marsiglio

 

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