L’Italia che esporta cultura e formazione nel mondo
di Sagida Syed
“Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno; insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”. La saggezza di questo proverbio cinese è nota a tutti. Orbene, forse i nostri illuminati governanti si saranno ad esso ispirati per il lancio del progetto Mattei.
L’occasione per parlarne è l’inaugurazione della scuola italiana di ospitalità Campus Enrico Mattei a Hurghada in Egitto, lo scorso 24 ottobre. L’iniziativa è particolarmente interessante poiché mira a preparare dei professionisti grazie all’altissima formazione in questo settore del know-how italiano. La scuola preparerà dei giovani con competenze manageriali in due settori dell’ospitalità ovvero il Food &Beverage e la gestione dell’esperienza dell’ospite nelle attività di ricevimento e sala. In tal modo, se queste nuove figure vorranno un giorno espatriare alla volta dell’Italia, potranno contare su di una altissima formazione professionale che, purtroppo, manca tra gli immigrati che sbarcano ogni giorno sulle spiagge delle isole piu’ a sud dello Stivale.
La Presidenza del Consiglio ha avviato il piano Mattei nel gennaio 2024 che, in una prima fase, prevede una rete di rapporti con una serie di paesi pilota (Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Costa d’Avorio, Mozambico, Repubblica del Congo, Etiopia e Kenya) per azioni concrete di pronta attuazione lungo sei settori di intervento: sanità, istruzione e formazione, agricoltura, acqua, energia ed infrastrutture ma anche cultura e sport.
La formazione ‘sul campo’ non è un’idea nuova. Con la nascita dell’unità nazionale gia’ a metà ottocento si era sentita la necessità di un sistema di educazione nel mondo basato sul nostro curriculum di studi fortemente umanistico-rinascimentale.
Recentemente le scuole italiane all’estero hanno acquisito una nuova centralità grazie all’interessamento del Ministero degli Affari e della Cooperazione Internazionale (Maeci) proprio come gli uffici di rappresentanze diplomatico-consolari e gli istituti di cultura.
Gli italiani nel mondo, si sa, non solo hanno sempre esportato ricchezza ma hanno aiutato a far conoscere il made in Italy, inteso sia come beni e prodotti, che come cultura.
Nel Novecento i nostri connazionali partirono alla volta delle Americhe e dell’Europa, armati soprattutto di tanta umiltà e buona volontà ma, gia’ le seconde generazioni, cominciarono a diffondere la cultura nostrana irradiandola nei vari settori della società ospitante.
Con la grande migrazione verso l’Italia degli ultimi trent’anni si è avvertito il bisogno di inserirla con apposita formazione, nelle pieghe della nostra società. Le seconde generazioni insegnano che questo processo avviene in modo naturale ma l’immigrazione, soprattutto dai paesi africani, presenta ancora forti lacune difficilmente colmabili e quindi, non vi e’ soluzione migliore che esportare professionalità direttamente verso i paesi beneficiari che poi potranno decidere di portarla all’estero, o, ancor piu’ e sarebbe oltremodo auspicabile, di tenerla in patria aumentando le potenzialità di paesi che godono di ogni requisito per potersi affermare: dalla bellezza della natura alle risorse, da una popolazione in gran parte giovanile, alla forza delle proprie tradizioni.
Sagida Syed