La gioia di Kamala Harris e la rabbia di Donald Trump
“Un vero mostro. I bambini mangiano e hanno lo stomaco pieno così possono studiare e le donne che fanno le proprie decisioni sulla loro sanità”. Questa la risposta sarcastica di Tim Walz a Jake Tapper della Cnn che gli aveva chiesto se Kamala Harris fosse ultra liberal e lui troppo progressista come aveva accusato Donald Trump. Walz ha continuato asserendo che i loro programmi contribuiscono al bene comune e rendono l’America un luogo migliore.
Gli attacchi di Trump ai due candidati sono stati feroci facendo perno non solo sui programmi dei candidati democratici ma anche sul loro carattere come persone. Trump ha cercato di dipingere Harris come una liberal di San Francisco, usando l’immagine nella mente dei conservatori come una città fallita. In realtà la città sulla baia è una delle più desiderate degli Usa come ci dimostrano i prezzi delle residenze. Un sondaggio del New York Times ci dice però che nonostante i legami con San Francisco solo il 44 % vede Harris come troppo liberal o progressiva. Il 44 % dice che non è né troppo liberal né troppo progressiva e il 6 % che non è progressiva abbastanza. Va ricordato che nelle primarie del 2020, eventualmente vinte da Biden, la Harris cercò di piazzarsi fra l’ala sinistra rappresentata da Bernie Sanders e il centro.
Molto più feroci però gli attacchi personali offensivi che il candidato repubblicano ha sferrato contro la sua rivale democratica. Trump ha detto pubblicamente che la Harris è “stupida”, ha un “quoziente di intelligenza basso”, “non ama il popolo ebreo”, “pazza”, “di estrema sinistra”. Trump ha aggiunto che non gliene importa niente di pronunciare male il suo nome (lui dice Kamála invece della pronuncia giusta Kámala). In privato si è anche riferito alla sua rivale coma una “b….ch” (pu…..na) come ci riferisce un recente articolo del New York Times. Gli insulti fanno parte del suo modo di comunicare e i media non lo considerano così importante, dimenticando che un comportamento tale non riflette affatto caratteristiche essenziali del presidente del Paese più potente al mondo.
Trump, come si sa, non risparmia nessuno, tanto meno i media che spesso accusa di essere fake e nemici del popolo. Nel suo recentissimo incontro con giornalisti a Mar-a-Lago, rispondendo a una giornalista che gli aveva chiesto perché è stato poco visibile in campagna elettorale nelle ultime settimane, lui ha risposto dicendo che la domanda era assolutamente “stupida”. La domanda infatti era rilevante perché Trump si era rintanato nel suo resort ma poi notando che i media stavano coprendo la campagna elettorale della Harris in toni positivi con il suo sorriso e senso di ottimismo in tutte le televisioni, l’ex presidente ha deciso che bisognava rientrare nel ciclo delle notizie. La conferenza stampa era una buon’idea ma lui ne è uscito abbastanza male non solo per gli insulti e le bugie (calcolate a 150 dal fact-checking) ma anche per la sua incoerenza.
Commentando la Harris e Walz, Trump ha detto: “Questi qui, pensateci: non vi daremo sicurezza, vi daremo forze armate deboli, non vi daremo muri, niente frontiere niente di niente, tutte queste cose che fanno, voglio dire i transgender sono divenuti così importanti. Ma fanno tutte queste cose”. Trump parla con sicurezza ma i contenuti dovrebbero fare rabbrividire. Nessuno dei giornalisti presenti ha cercato di approfondire e lui è riuscito a dominare la conversazione. Lo stesso non gli era però riuscito nell’intervista alla National Association of Black Journalists alcune settimane fa nella quale il fact-checking fu fatto immediatamente. I vertici della sua campagna se ne accorsero e tagliarono inaspettatamente l’intervista dopo i primi 30 minuti.
Se Trump continua a cercare di spaventare gli americani la Harris dal ritiro di Joe Biden ha fatto molte cose in maniera ordinata. La scelta di Walz come vice invece di qualcun altro come Josh Shapiro, che avrebbe potuto aiutarla a vincere lo Stato della Pennsylvania di cui è governatore, ha sorpreso alcuni. Walz però si è rivelato ottimo messaggero attaccando Trump e il suo vice JD Vance come “weird” (strambi, strani, bizzarri) per i loro comportamenti. Vance, confermando la tesi di Walz, ha asserito che gli Stati Uniti con i democratici sono “governati da un monopolio di gattare… che vogliono fare vivere vite orrende a tutti” aggiungendo come esempi Kamala Harris e Alexandria Ocasio-Cortez che non hanno figli e quindi sono “depresse”. Per Vance una donna senza figli conduce ai disastri.
Dal 21 luglio, data del ritiro di Biden, i democratici hanno fatto quadrato intorno alla Harris, vedendola come la carta vincente per fermare Trump. Da vicepresidente la Harris era rimasta inevitabilmente nell’ombra del suo capo ma nelle tre settimane sotto i riflettori è riuscita a guadagnare terreno nei sondaggi. La Harris sarebbe in leggero vantaggio a livello nazionale ma anche avanti di 4 punti in Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, secondo un sondaggio New York Times/Siena College. Ha anche generato entusiasmo che si è tradotto in contributi elettorali record. Inoltre ai comizi in Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, e Arizona è riuscita a riempire le arene con migliaia e migliaia di sostenitori. Trump se n’è accorto e all’inizio aveva dichiarato che non avrebbe mantenuto la promessa di partecipare al dibattito programmato mesi fa con Biden il 10 settembre con la Abc. Voleva cambiarlo consegnando la direzione alla Fox News dove lui crede di giocare in casa. La Harris aveva ribattuto che lei sarebbe presente il 10 settembre, mantenendo l’impegno preso da Biden. Adesso però Trump ha cambiato idea e non solo ha accettato l’incontro alla Abc ma ha anche annunciato che vuole altri due dibattiti con la Harris nel mese di settembre. Il candidato che richiede dibattiti lo fa perché si trova indietro e spera che il faccia a faccia gli darà un’opportunità di guadagnare terreno. Al momento dunque la gioia di Harris sembra avere la meglio sulla rabbia di Trump.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.