Lo stupro, una realtà molto spesso nascosta
Lo stupro quale crimine ignorato: combattere la cultura dello stupro per proteggere le vittime.
Dal Mondo – “Quali sono i motivi che possono spingere un giovane uomo a commettere una violenza sessuale contro una donna?”
“Dipende da un’educazione errata o da fattori emotivi che scattano nella sua mente?”
Il caso del video pubblicato da un personaggio pubblico riguardante il figlio coinvolto in un presunto stupro nel 2019 ha sollevato interrogativi sul tema della violenza sessuale. Secondo un esperto in psicologia criminale, l’educazione familiare e il background culturale possono avere un ruolo nel favorire comportamenti violenti, ma non sono l’unica causa.
Il profilo medio dello stupratore non esiste, ma diversi fattori possono contribuire a questo tipo di crimine, quali i comportamenti antisociali o gli interessi sessuali devianti.
In situazioni di gruppo, la pressione sociale e la competizione possono aumentare il rischio di tali comportamenti. La mancanza di consenso da parte della vittima e la frustrazione spesso sono alla base dell’escalation della violenza.
E’ bene ricordare che la violenza sessuale non è prerogativa dei mostri, ma una realtà diffusa che non ha confini culturali o nazionali.
Lo stupro è un crimine violento che causa gravi danni fisici e psicologici alle vittime. In Criminologia, vengono approfonditi vari aspetti dell’atto violento, come i profili psicologici degli stupratori, le dinamiche di gruppo, il ruolo della cultura e dell’educazione, la definizione legale e il consenso, nonché le conseguenze per le vittime. Comprenderne il trauma causato dallo stupro e garantire un adeguato supporto alle vittime nel processo di recupero e di giustizia è fondamentale.
I criminali sessuali sono spesso guidati da fantasie e impulsi sessuali atipici, ma non tutti coloro che hanno fantasie sessuali insolite diventano criminali.
La maggior parte sono consapevoli della natura criminale dei loro atti, anche se possono sviluppare strategie per giustificarli e distorcere la realtà a proprio vantaggio. Fattori come una storia di abusi, carenze culturali e sociali possono contribuire allo sviluppo di tali comportamenti, ma non sono una scusa per i loro crimini.
Ciò che li distingue è il passaggio dalle fantasie all’azione, spesso guidati da un intenso desiderio di controllo e umiliazione delle vittime, processo graduale che vede l’ inizio con comportamenti meno estremi prima di arrivare alla violenza sessuale vera e propria.
Le diverse tipologie di aggressori sessuali vanno dal compensatore, che cerca di autorassicurarsi attaccando le donne, al sadico che trae piacere dalla sofferenza inflitta. Ognuno ha, non solo una modalità di agire ma delle motivazioni specifiche, che spesso derivano da traumi infantili o da disfunzioni familiari.
La violenza sessuale è il crimine meno segnalato, con solo una piccola percentuale delle vittime che denunciano quello che hanno subito alle autorità. Secondo i dati più recenti dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), nel 2024 in Italia molte donne hanno subito stupri o tentativi di violenza sessuale, ma solo una piccola percentuale di esse ha denunciato l’accaduto.
La definizione legale di stupro in Italia è cambiata nel tempo, passando da essere considerato un crimine contro la moralità pubblica a crimine contro la persona, in particolare contro la libertà individuale.
La legge n. 66 del 1996 ha unificato le diverse forme di violenza sessuale in un unico reato di “violenza sessuale“, introducendo anche il reato di “violenza sessuale di gruppo“. Queste riforme hanno reso più efficace il perseguimento dei colpevoli portando ad una maggiore consapevolezza sociale sull’importanza di contrastare la violenza sessuale in tutte le sue forme.
La riforma Cartabia ha introdotto modifiche procedurali per i reati sessuali, come il passaggio dal regime di procedibilità d’ufficio a querela e l’innalzamento del termine per la presentazione della querela da 6 a 12 mesi, senza apportare cambiamenti sostanziali alla legge 66/1996 che regola il reato di violenza sessuale. Sebbene la riforma abbia suscitato alcune critiche per non contemplare la retroattività della disciplina più favorevole, si è anche notato che il nuovo termine per la querela rimane comunque breve dal punto di vista psicologico per le vittime.
Lo stupro è stato purtroppo, anche, utilizzato come arma di guerra in molti conflitti armati nel corso della storia. Fin dall’antichità, gli eserciti vincitori hanno spesso perpetrato stupri e violenze sessuali contro le popolazioni civili, in particolare donne e bambine, dei territori conquistati.
Numerosi esempi storici documentano questo fenomeno, come il “ratto delle Sabine” nell’antica Roma, gli stupri di guerra durante la guerra di Troia narrati nell’Iliade di Omero, o gli stupri di massa commessi dalle truppe durante la seconda guerra mondiale. Anche la Bibbia menziona diverse volte lo stupro come pratica diffusa in contesti di conflitto.
Storicamente, lo stupro in guerra è stato spesso considerato una “ricompensa” per i soldati o una conseguenza inevitabile del conflitto, piuttosto che un crimine vero e proprio. Tuttavia, a partire dal XVII secolo, alcune voci come quella di Ugo Grozio iniziarono a condannare questa pratica e solo nel XX secolo lo stupro di guerra è stato finalmente riconosciuto come crimine di guerra e contro l’umanità dalla comunità internazionale.
Nel 1993, il Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia ha emesso la prima storica condanna per stupro come crimine contro l’umanità. Oggi, lo stupro in guerra è considerato un crimine internazionale e un atto di genocidio se commesso con l’intento di distruggere un gruppo etnico.
Nonostante questi progressi, purtroppo lo stupro rimane ancora ampiamente utilizzato come arma di guerra in molti conflitti contemporanei, come strumento per terrorizzare le popolazioni civili, distruggere le comunità e perpetrare pulizie etniche. È un crimine diffuso in zona di guerra che richiede una ferma condanna e azioni concrete per prevenirlo e punirne le responsabilità.
Noti come “acquaintance rapes” e “date rapes“, sono entrambi forme di violenza sessuale in cui la vittima conosce l’aggressore. Nel caso dello stupro da conoscente, l’aggressore approfitta della fiducia e della familiarità con la vittima per compiere l’abuso. Nello stupro in data, l’aggressore può usare droghe o alcol per rendere la vittima incapace di dare il consenso durante un appuntamento. In entrambi i casi, la vittima non ha acconsentito al rapporto sessuale e non è mai colpevole della violenza subita.
La violenza sessuale su uomini è spesso sottovalutata e poco denunciata, con gli uomini che hanno meno probabilità di subirla all’interno delle mura domestiche ma maggiori probabilità di essere violentati da sconosciuti in luoghi pubblici.
La recente ondata di violenza contro le donne ha sollevato il problema della cultura dello stupro e del consenso. Le vittime spesso si trovano a dover affrontare l’accusa e la mancanza di credibilità, evidenziando la sfida che devono affrontare nel denunciare tali abusi.
Recenti episodi di violenza di gruppo e femminicidi hanno evidenziato la necessità di un’educazione sessuale adeguata e del rispetto del consenso. La persistente cultura dello stupro, che normalizza la violenza contro le donne e minimizza le sue conseguenze, continua ad essere un grave problema sociale.
La tematica dello stupro ha coinvolto i media e l’industria pornografica, con richieste di una maggiore regolamentazione e sensibilizzazione sull’importanza dell’educazione sessuale. In un contesto in cui la violenza sessuale è ancora spesso vista come un modo per sottomettere e controllare le donne, è fondamentale contrastare questa cultura dannosa e garantire la protezione delle vittime.