La condanna penale di Trump: sistema giudiziario corrotto?
Il sistema giudiziario è corrotto da Joe Biden che si accanisce contro Donald Trump. Questo ritornello è stato ripetuto costantemente dall’ex presidente e da buona parte dei leader del Partito Repubblicano per cercare di giustificare la condotta illegale di colui che tutti credono sarà il portabandiera a sfidare Biden all’elezione di novembre. La condanna di Trump nel processo di Manhattan sulle falsificazioni di documenti relazionati alla pornostar Stormy Daniels era già dunque stata preparata come riflesso di un sistema corrotto e accanito contro il 45esimo presidente.
Non c’è dubbio che il sistema giudiziario contiene una dose di corruzione. Questa situazione però è dovuta in buona misura ai comportamenti di Trump che paradossalmente lo hanno beneficiato. Come si sa, l’ex presidente è stato indagato nello scandalo dell’interferenza russa sull’elezione del 2016. Il procuratore speciale Robert Mueller nel suo rapporto ha dichiarato che l’allora presidente era colpevole di ostruzione alla giustizia ma non lo incriminò per la direttiva del dipartimento di Giustizia che un presidente in carica non può essere incriminato. Mueller lo trattò con estrema riverenza e invece di interrogarlo in persona accettò di ricevere risposte scritte da Trump che ovviamente furono preparate dai suoi legali. Non avvenne la stessa cosa con tanti altri che dopo le indagini furono processati e incarcerati eccetto per i 16 russi che una volta accusati scapparono immediatamente nel loro Paese.
Trump subì due impeachment per la sua condotta illegale. Il primo per avere abusato i suoi poteri nella ricerca di creare un polverone di corruzione del suo avversario politico Biden in Ucraina. L’allora presidente aveva chiesto al neo eletto presidente Volodymyr Zelensky che gli avrebbe mandato le armi promesse ma voleva un “piccolo favore”: iniziare un’indagine per cercare di incastrare Biden. Il secondo impeachment fu causato dagli incitamenti il 6 gennaio 2021 che hanno causato gli assalti al Campidoglio il giorno della conferma di Biden a nuovo presidente.
Nonostante questi due impeachment Trump è riuscito durante i suoi quattro anni alla Casa Bianca a nominare tre dei nove giudici alla Corte Suprema. Un presidente macchiato da due impeachment e adesso condannato da una giuria dei suoi pari a New York inquina ovviamente la legittimità di queste nomine. Non si prevedono dimissioni dei giudici i quali, direttamente o indirettamente, stanno aiutando Trump a non dovere affrontare gli altri casi penali di cui è accusato. Lo stanno facendo poiché l’ex presidente ha fatto ricorso asserendo di possedere completa immunità da presidente. Quindi i due casi penali sotto la guida di Jack Smith, procuratore speciale, sono ritardati e potenzialmente archiviati. Uno di questi casi verte sui documenti top secret posseduti illegalmente da Trump nel suo resort di Mar-a-Lago in Florida. Il secondo caso verte sui tentativi di Trump di ribaltare l’esito elettorale del 2020. Ambedue i casi sono congelati e la Corte Suprema non sembra avere fretta a determinare l’immunità per chiarire agli elettori americani se uno dei due maggiori candidati è reo di crimini federali.
Quando Trump parla di due sistemi di giustizia ha ragione anche se lui non riconosce che lui è quello avvantaggiato. Non si tratta però di benefici illimitati come ci rivela la condanna nel processo di falsificazione di documenti che hanno infranto le leggi elettorali dello Stato di New York e anche quelle federali. Questi benefici ricevuti da Trump includono la libertà di correre per la presidenza mentre allo stesso tempo attacca i giudici, procuratori e chiunque lui vede come suo nemico. Persino i suoi attacchi velenosi al giudice Juan Merchan che emetterà la condanna l’11 luglio e a Alvin Bragg, procuratore di New York, gli sono stati tollerati. E quando il giudice Merchan gli ha imposto il “bavaglio” di non poter attaccare i giurati e membri del personale giudiziario l’ex presidente ha incoraggiato i leader del Partito Repubblicano ad agire al suo posto attaccando quegli individui che gli sono stati interdetti.
Non c’è alcun dubbio che Trump abbia contribuito a scuotere il sistema giudiziario con una condotta che spesso ha rasentato e forse raggiunto l’illegalità per i suoi benefici. Ciononostante il sistema dei contrappesi fino adesso ha tenuto grazie al lavoro professionale di molti membri della magistratura. Le continue accuse di Trump al sistema giudiziario e ai magistrati non gli faranno però la vita facile. Trump ha già perso parecchie settimane di libertà dovendo essere presente ogni giorno in tribunale durante il processo. Non si sa esattamente che tipo di condanna alla fine emetterà il giudice Merchan. Nelle prossime settimane Trump sarà intervistato dal “Probation Department” (dipartimento di libertà vigilata) di New York, che include anche un interrogatorio da uno psicologo. Il “Probation Department” farà una raccomandazione sul tipo di sentenza da imporre al condannato Trump che sarà poi esaminata dai suoi legali e da quelli della magistratura. Anche questi due faranno le loro raccomandazioni. Se Trump continuerà ad accusare la magistratura di corruzione sostenendo la sua innocenza e non dimostrerà nessun rimorso o pentimento, influirebbe notevolmente sulla possibilità di andare in carcere per un periodo di 1 a 4 anni. Questa possibilità appare improbabile ma nella decisione della sentenza peseranno anche le due incriminazioni civili già perse. Peseranno anche le tre incriminazioni penali, due federali e quella nello Stato della Georgia, che sono congelate e non avranno luogo, salvo colpi di scena, fin dopo l’elezione di quest’anno.
Trump sembra scommettere tutto su un possibile ritorno alla Casa Bianca che gli permetterebbe di porre fine alla “corruzione” che lui vede nella magistratura. Si tratta di un piano già annunciato di strumentalizzare il sistema giudiziario per ottenere la sua vendetta che ha già tracciato.
Subito dopo l’annuncio della sua colpevolezza a Manhattan Trump ha dichiarato che il “vero verdetto spetterà al popolo il 5 novembre”, ossia il suo vero giudice sono gli elettori. In caso di vittoria, Trump potrebbe facilmente sbarazzarsi dei due processi penali facilmente e persino concedersi la grazia. Non potrebbe però concedersi la grazia nei processi Statali di New York e Georgia dove il suo potere sarebbe limitato e la grazia spetterebbe ai governatori dei rispettivi Stati. In ogni modo Trump dovrà prima vincere. Al momento non si sa quale effetto avrà la sua condanna penale con gli elettori. La sua base rimarrà solida ma gli elettori moderati e indipendenti, che spesso decidono le elezioni, non prenderebbero di un buon occhio l’idea di votare per un presidente condannato.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.