Interviste & Opinioni, Sanità

Sanita’: la politica faccia un passo indietro

Uno dei temi che maggiormente viene dibattuto, in Italia, dalla politica e non solo, è quello sanitario.

Le carenze del nostro SSN, accanto alle non poche virtù, oggi sono motivo di scontro, con le feroci accuse, da parte delle opposizioni al governo Meloni, di volere la fine della sanità pubblica a vantaggio della sanità privata.

Già il linguaggio utilizzato dimostra una notevole confusione e la mancanza di una conoscenza profonda dell’argomento.

Innanzi tutto per i lettori è bene spiegare quali sono i sistemi sanitari a confronto, nel nostro pianeta, e da quale idea di salute partono.

In campo, semplificando, abbiamo tre grandi modelli di sanità.

In primis il modello liberista, predominante negli Usa, che considera il bene salute come un bene di consumo.

Allo stato la competenza di autorizzare l’esercizio di assistenza sanitaria.

Il finanziamento mediante premi assicurativi o pagamento a prestazione.

La proprietà e la gestione delle strutture in prevalenza privata.

Altro sistema il modello mutualistico, Bismarck (Francia, Germania) il bene salute garantito dallo stato, come diritto dei cittadini nei limiti di una copertura assicurativa, legata soprattutto al lavoro (compartecipazione dei lavoratori e dei datori di lavoro).

Lo stato detta le regole, la cornice generale del programma salute, con strutture e servizi di proprietà del pubblico o dei privati.

Infine, il modello più ambizioso, il modello universalistico il Beveridge, (Italia Spagna Paesi Scandinavi Regno Unito) con il bene salute garantito dallo Stato e con accesso universalistico alle prestazioni.

Tale modello prevede una responsabilità e una programmazione, dello stato, seppure con un sempre crescente decentramento.

Tale modello ha i finanziamenti nella fiscalità generale, e la proprietàdelle strutture è soprattutto pubblica, con una sempre crescente presenza del privato convenzionato (pubblico).

E’ ovvio che alla base dei vari sistemi sanitari, c’è il concetto di salute che via via nel tempo si è andato delineando nelle nostre società.

Un idea di salute che nel ventesimo secolo si delinea come “condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l’assenza di malattia o infermità.”

Pertanto, alla luce delle nuove conoscenze, del grande sviluppo della prevenzione rispetto alla diagnosi e terapia, quanto pensato e detto dal cancelliere Bismarck nell’ottocento in Germania, o dal liberale Beveridge nel Regno Unito, viene ad essere arricchito di nuovi elementi, facendoci immaginare la nascita di nuovi sistemi, nuovi modelli in cui elementi dell’uno possano confluire nell’altro.

Un discorso tutto a se, merita la sanità Italiana, che nel dopoguerra fino a metà degli anni settanta, sposa il modello mutualistico, con al centro gli operatori sanitari, principali protagonisti del pianeta salute.

Il ’68, la rivoluzione culturale di quegli anni, determina alcuni convincimenti ideologici, che trovano sbocco negli elaborati ad opera di studenti durante le occupazioni universitarie.

Un elaborato rappresentativo del pensiero di quegli anni, sulla sanità, è il testo di Ivan Illich, del 1976, Nemesi Medica l’esproprio della salute.

“La corporazione medica è diventata una grande minaccia per la salute. Il suo patologico sviluppo genera un danno crescente e irreparabile. Questo danno prodotto dalla medicina si manifesta a livello clinico, con cure inefficaci e patogene; a livello sociale distruggendo la capacità di adattamento e più ancora la capacità di rifiutare gli ambienti intollerabili; a livello culturale, riducendo l’autonomia vitale degli individui e compromettendo le loro possibilità di far fronte adeguatamente al male, all’invalidità, all’angoscia, alla morte.”

Pertanto per arrestare quella che Illich chiama iatrogenesi “occorre limitare i monopoli professionali…e recuperare la responsabilità personale nella cura della salute” .

Quando durante i governi di solidarietà nazionale, o durante il compromesso storico, si pensa a realizzare un nuovo modello sanitario, sotto la spinta ideologica di quegli anni, si sposa il modello Beveridge, congeniale anche al mondo cattolico, e si riempie di quei contenuti ideologici cari alla sinistra, caso unico al mondo.

Alla base del pianeta sanità non può esserci “ la corporazione medica” ma la politica (nel senso alto) che attraverso le USL, (comprendenti non più di 150 mila cittadini) con le loro assemblee e i comitati di gestione elaborano le linee di politica sanitaria in quel territorio, assumendosi la responsabilità di arrestare la iatrogenesi.

In poche parole gli operatori sanitari facevano molti passi indietro, la politica occupava, a tutela dei cittadini tutti gli spazi.

Immaginate Roma con venti Usl, venti comitati di gestione e i loro presidenti, venti assemblee, e venti politiche sanitarie potenzialmente diverse.

Ai presidenti e ai loro comitati il potere di scegliere, direttori sanitari, amministrativi, primari, assunzioni, scelte strategiche, acquisti.

Quello che è accaduto è sotto gli occhi di tutti, con costi insostenibili e difficilmente arginabili.

Il tutto fino agli anni novanta, quando si trasformano le USL in ASL, riducendole drasticamente di numero e trasformandole in vere aziende con a capo il direttore generale, di stretta nomina politica con tutto quello che ne consegue.

Difendere il nostro SSN come modello Beveridge oggi necessita assolutamente di quanto, Cassese, e Garattini hanno dichiarato al Corriere della sera, e cioè che la politica deve fare un passo indietro, perché occorre restituire autonomia e professionalità agli operatori sanitari, liberandoli dal recinto di semplici impiegati mal pagati.

Persino un deputato del PD il medico Andrea Crisanti, ha presentato un disegno di legge che toglie ai partiti il potere di nomina dei direttori generali.

Stupisce che questi concetti liberal democratici non trovino sponda nei partiti al governo.

Oggi questo rappresenta il nodo cruciale della sanità italiana, e non solo quello di maggiori fondi, che non servirebbero a nulla se non restituiamo alla sanità una competenza affrancata dalle tessere dei partiti.

Una grande battaglia culturale, per un sistema sanitario universalistico, a fiscalità generale, pubblico, con collaborazione con il privato convenzionato, che sviluppi una sanità territoriale attraverso le case di comunità e le farmacie, ma che si liberi di tutta quella zavorra ideologica tanto cara ai partiti di sinistra, alla Schlein.

Dr. Giuseppe Failla

One thought on “Sanita’: la politica faccia un passo indietro

  1. I servizi sanitari privati offrono tempi di attesa ridotti, ma a costi spesso esorbitanti, rendendoli accessibili solo a chi può permetterseli. Questa realtà mette in evidenza un problema più ampio: la politica sembra favorire sempre più il settore privato, indebolendo la sanità pubblica. Il rischio è che i cittadini meno abbienti, già penalizzati dalle lunghe attese nel sistema pubblico, restino senza cure adeguate. La salute dovrebbe essere un diritto universale, non un lusso. Distruggere la sanità pubblica significa minare l’accesso alle cure per tutti, creando disuguaglianze inaccettabili e pericolose.

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