Cala ancora il precariato in Italia
di Vincenzo Caccioppoli
Nei primi due mesi del 2024 sono stati attivati 1.243.368 contratti di lavoro a fronte di 974.399 cessazioni di contratto con un saldo positivo di 268.969 posti. È quanto emerge dall’Osservatorio Inps sul precariato secondo
il quale nei primi due mesi si registra una variazione netta positiva tra attivazioni, trasformazioni e cessazioni di rapporti di lavoro stabili di 139.967 contratti a tempo indeterminato.
Le attivazioni comunque dimostrano una modesta flessione rispetto allo stesso periodo del 2023 (-1%). Diminuiscono soprattutto le assunzioni in apprendistato (-10%), e in somministrazione (-6%) mentre quelle a tempo indeterminato segnano un -4%. Si è avuto un andamento positivo per le assunzioni con contratti di lavoro stagionale e intermittente (+4%) e a tempo determinato (+1%).
Nei primi due mesi del 2023 il saldo tra attivazioni e cessazioni nel complesso era stato positivo per 299.932 contratti totali e per 173.871 unità guardando solo a quelli stabili. La differenza tra i flussi di assunzioni e cessazioni negli ultimi
dodici mesi (differenza tra le posizioni di lavoro in essere alla fine del mese di febbraio rispetto al valore analogo alla medesima data dell’anno precedente) è pari a 488.000 posizioni di lavoro, in leggera riduzione rispetto ai mesi precedenti (negli ultimi cinque mesi era sempre risultato superiore a 500.000). Per il tempo indeterminato la variazione tendenziale annua risulta pari a +362.000 unità e spiega più dei due terzi dell’incremento complessivo. Le attivazioni di rapporti di lavoro incentivati nei primi due mese del 2024 – considerando quindi sia le assunzioni che le variazioni contrattuali – registrano complessivamente una flessione su base annua del 7%.
Presentano una flessione l’esonero contributivo totale giovani (-64%) con appena 12.262 rapporti incentivati e l’esonero donne (-22%) in quanto non sono stati prorogati al 2024 gli esoneri totali previsti dalla Legge 197/2022. Una diminuzione si riscontra anche per le «altre misure» (-13%) mentre si registra una lieve crescita per l’agevolazione «Decontribuzione Sud» (+3%) con 223.913 rapporti incentivati nel bimestre. Insomma anche questo ultimo rapporto sul mercato del lavoro da parte dell’Inps dimostra, al contrario di quella che sembra essere la narrazione delle opposizioni, che il mercato del lavoro continui a versare in un buon stato di salute, in controtendenza anche rispetto ad altri paesi europei. D’altra parte questi dati corroborano quelli uscita a marzo da parte dell’Istat, che certificano un massimo storico della occupazione in Italia. A marzo 2024, rispetto al mese precedente, aumentano gli occupati e gli inattivi, mentre diminuiscono i disoccupati.
L’occupazione cresce (+0,3%, pari a +70mila unità) per uomini e donne, per dipendenti e autonomi e per tutte le classi d’età a eccezione dei 35-49enni che registrano un calo. Il tasso di occupazione sale al 62,1% (+0,2 punti). Similmente, il numero di persone in cerca di lavoro diminuisce (-2,8%, pari a -53mila unità) per entrambi i generi e in ogni classe d’età tranne per i 35-49enni. Il tasso di disoccupazione totale scende al 7,2% (-0,2 punti), quello giovanile al 20,1% (-2,3 punti). La crescita del numero di inattivi (+0,1%, pari a +12mila unità, tra i 15 e i 64 anni) si osserva solo per gli uomini e gli under 50; tra chi ha almeno 50 anni l’inattività diminuisce. Il tasso di inattività si mantiene stabile al 33,0%.
Confrontando il primo trimestre 2024 con il quarto 2023, si registra un aumento del livello di occupazione pari allo 0,2%, per un totale di 56mila occupati. Insomma questi dati smentiscono anche quanti avvertivano dei rischi della cancellazione della misura del reddito di cittadinanza e della scarsa efficacia che essa avrebbe avuto sul mercato del lavoro, come ribadisce il capogruppo di Fratelli d’Italia alla camera, Tommaso Foti “ L’abolizione del reddito di cittadinanza non è stata una catastrofe, come gli urlatori di sinistra si erano affrettati a sentenziare ma, al contrario ha permesso di trovare lavoro a chi era nelle condizioni di farlo, grazie anche agli strumenti messi in campo: meno tasse per chi assume, incentivi per le mamme lavoratrici, più soldi in busta paga”.