Il voto sull’Ucraina: Johnson tradisce Trump?
“È un onore fare il parlamentare ma alcuni dei miei colleghi sono veramente schifosi”. Queste le parole durissime di Tony Gonzales, parlamentare repubblicano del Texas, per descrivere alcuni degli estremisti nel suo partito. Gonzales ha lanciato le sue velenose frecce a Matt Gaetz della Florida e Bob Good del Virginia in un’intervista alla Cnn. Il primo, secondo Gonzales, ha “pagato per rapporti sessuali” con minorenni mentre il secondo ha offerto il suo endorsement a un “neo-nazista”, suo avversario alle primarie nel Texas.
Questi colleghi di Gonzales hanno controbattuto che lui è un RINO (Republican in Name Only, Repubblicano solo di nome), un falso repubblicano a causa dei suoi voti troppo moderati. In particolare si riferivano al voto favorevole di Gonzales sulla legge che fornirà 95 miliardi di dollari per l’Ucraina, l’Israele, assistenza umanitaria, e Paesi del Pacifico. La legge era stata approvata dal Senato tre mesi fa ma la Camera, guidata dallo speaker Mike Johnson, si era rifiutata di sottoporre la proposta al voto. Johnson alla fine ha deciso di agire, riconoscendo la gravità della situazione, tradendo in un certo senso la linea dettata da Donald Trump che favorisce l’isolazionismo.
Perché ha cambiato idea Johnson? Lo speaker ha spiegato il suo dietrofront asserendo che ha fiducia nelle informazioni di intelligence che gli sono state fornite. Ha aggiunto che considera “Xi Jinping e Vladimir Putin e l’Iran come un asse del male” e che Putin non si fermerebbe in Ucraina ma continuerebbe la sua marcia attraverso l’Europa. Si crede che Johnson abbia ottenuto l’OK per approvare il disegno di legge da Trump in una sua recente visita all’ex presidente nel suo resort di Mar-a-Lago. La relativa neutralità del tycoon sul disegno di legge forma un contrasto con quella sull’immigrazione approvato dal Senato alcuni mesi fa. In quel caso Trump si era opposto ferocemente perché non voleva che la questione dell’immigrazione si risolvesse, vedendola come una delle carte vincenti all’elezione di novembre.
Johnson però ha rischiato con la sua mossa perché una buona parte dei parlamentari repubblicani ha votato contro le quattro sezioni del pacchetto. Quindi ci sono voluti voti democratici per oltrepassare il traguardo. Una legge bipartisan dunque come è pure avvenuto al Senato. Fra quelli che hanno votato contro i soliti ultra conservatori hanno minacciato di introdurre una mozione di sfiducia a Johnson. Con i cambiamenti messi in atto da Kevin McCarthy, ex speaker defenestrato nell’ottobre scorso, persino un singolo parlamentare può mettere in pericolo la posizione dello speaker. È successo proprio a McCarthy il quale è stato rimosso dopo l’introduzione del voto di sfiducia messo in moto proprio da Gaetz. Nel caso di Johnson un’altra parlamentare di ultra destra, Marjorie Taylor Greene, della Georgia, è stata la più schiamazzante. L’arrabbiatissima Greene, etichettata “Moscow Marjorie” per i suoi ripetuti commenti a favore di Putin, aveva indicato che era pronta a presentare la mossa di rimozione di Johnson.
Fino adesso non lo ha fatto. Non si sa esattamente se le voci di alcuni parlamentari democratici che forse avrebbero protetto Johnson o forse il silenzio di Trump l’avranno tenuta calma. C’è inoltre un certo clima di disgusto da parte di alcuni parlamentari repubblicani i quali sembrano averne avuto abbastanza dalle sue frequenti accuse assurde. Persino la Fox News sembra averla scaricata anche se continua a essere intervistata ma con meno frequenza. La Greene ha speranze di essere scelta come vice di Trump e quindi non vuole mettere in pericolo le sue chance.
Una mozione di sfiducia per rimuovere Johnson potrebbe rivelarsi imbarazzante per la Greene e gli altri membri dell’estrema destra del suo partito. Il parlamentare Hakeem Jeffries di New York, leader della minoranza democratica alla Camera, ha dichiarato al New York Times che salvare il posto di Johnson è in considerazione. Il suo partito si riunirà la settimana prossima per programmare la loro risposta in caso di una possibile sfiducia per l’attuale speaker. Secondo Jeffries, la forza di Johnson è proprio il fatto che tanti considerano la Greene “insopportabile”. Inoltre lo speaker ha cominciato a capire che le richieste esagerate dell’ala ultra conservatrice del suo partito non sono attuabili. I repubblicani controllano solo uno dei due rami legislativi―la Camera, con una maggioranza risicata. Il Senato e il potere esecutivo sono nelle mani dei democratici. Governare richiede compromessi resi ancor più difficili dalle posizioni di Trump. Deviare dalla linea dell’ex presidente potrebbe significare anche la rimozione di Johnson dimostrando al Paese che i repubblicani non sanno governare quando si preparano alle elezioni in cui chiederanno agli americani non solo di eleggere il loro candidato per la Casa Bianca ma anche la maggioranza in ambedue le Camere.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.