La purga vietnamita
di Raffaele Gaggiolo
Il Vietnam è un paese pieno di contraddizioni. Nonostante il paese sia governato da una dittatura comunista, Hanoi è oramai alleata da decenni con gli Stati Uniti per paura di una possibile invasione cinese.
Sebbene l’ideologia ufficiale del paese predichi l’uguaglianza sociale di tutti i suoi cittadini, le riforme economiche degli ultimi decenni (“Doi Moi” ossia “Rinnovamento”), hanno in realtà creato palesi disparità economiche tra i vari strati sociali della popolazione vietnamita.
La recente condanna a morte di Truong My Lan, presidente del potente gruppo immobiliare Van Thinh Phat, sembra confermare ulteriormente questa contraddizione interna della società vietnamita.
Lan è stata accusata di aver sottratto circa 25 miliardi di euro alle casse statali, corrispondenti al 3% del prodotto interno lordo vietnamita, attraverso una lunga serie di appropriazioni indebite. La condanna di Lan ha molteplici implicazioni sia per l’attuale situazione interna del Vietnam sia per i suoi possibili sviluppi futuri.
Lan è stata infatti sottoposta ad un processo show, ampiamente pubblicizzato e trasmesso su tutti i media di stato vietnamiti. Nonostante Lan sia chiaramente colpevole, il suo processo e condanna sono probabilmente dovuti più a motivi politici che a motivi legali.
È altamente improbabile che Lan abbia potuto commettere i suoi crimini senza l’approvazione e il sostegno di membri del governo vietnamita. Per questo motivo, l’intero processo nei suoi confronti potrebbe rappresentare una sorta di regolamento dei conti all’interno del partito comunista del Paese.
È possibile che Lan abbia semplicemente esagerato con la sua corruzione o perso in qualche modo la protezione politica, di cui aveva potuto godere fino a pochi mesi fa. Tuttavia, l’ipotesi più probabile è che Lan sia una vittima collaterale della lotta al potere che sta attualmente consumando il governo vietnamita.
Circa tre settimane prima della condanna di Lan, il Presidente vietnamita Vo Van Thuong si era dimesso dalla sua carica senza fornire alcuna spiegazione meno di un anno dopo la sua nomina. Van Thuong era un acceso sostenitore del Doi Moi, al punto che si era recato addirittura in Giappone nella speranza di incrementare le relazioni commerciali tra Hanoi e Tokio.
Le sue dimissioni sembrano indicare indirettamente un indebolimento di Nguyen Phu Trong, Segretario Generale del partito comunista vietnamita e quindi capo di stato dell’intero Paese. Trong aveva infatti sostenuto la candidatura di Van Thuong a presidente e, secondo alcuni analisti, lo aveva designato come suo possibile successore.
Attualmente Trong è al suo terzo mandato e molto probabilmente si ricandiderà ancora una volta nel 2026, durante l’annuale congresso del partito comunista. Tuttavia Trong ha 79 anni e le sue apparizioni pubbliche sono sempre più rare a causa dei suoi problemi di salute.
Alcuni osservatori ritengono che l’attuale Segretario Generale potrebbe morire ben prima del congresso del 2026, o comunque non essere più in grado di ricandidarsi a causa del suo apparente declino fisico e mentale.
Sia i membri conservatori sia i membri riformisti del governo vietnamita sperano di far eleggere un loro candidato come successore dell’anziano Secretario Generale. Trong è infatti un ideologo conservatore, che si è opposto più volte a qualsiasi riforma dell’’economia vietnamita.
Nonostante il suo recente sostegno per ulteriori accordi commerciali con altri paesi asiatici e gli Stati Uniti, l’intransigenza ideologica di Trong non sta aiutando in alcun modo la situazione economica del paese. La crescita economica del Vietnam è notevolmente rallentata, specialmente quando paragonata alla Cina le cui ambizioni espansionistiche includono il mare vietnamita.
In questo contesto, il processo di Truong My Lan potrebbe indicare che la lotta per la successione a Trong è entrata in una fase ancora più violenta. La condanna a morte di Lan potrebbe essere un avvertimento da parte di una delle fazioni politiche del Partito Comunista Vietnamita contro i suoi avversari.
Se la condanna di Lan è stata voluta dai conservatori, questo potrebbe indicare una possibile abrogazione del Moi Toi a favore di una maggiore intransigenza ideologica nell’organizzazione dell’economia vietnamita.
Se invece il processo è stato voluto dai riformisti, la condanna potrebbe essere un tentativo di arginare la corruzione dilagante in vista di ulteriori ed estensive riforme economiche.
La gravità dell’imminente lotta al potere potrebbe essere dimostrata dal destino finale di Lan. Anziché essere condannata a morte, l’ex miliardaria vietnamita potrebbe essere “graziata” e passare il resto della sua vita in prigione.
Se al contrario Lan venisse giustiziata, dovremo invece aspettarci una lotta al potere ben più severa e letale.