Teoria Economica del Giusto Livello (migliorativa della Teoria dell’Equilibrio di Nash)
Teoria Economica del Giusto Livello (migliorativa della Teoria dell’Equilibrio di Nash) elaborata da Lucio Schiuma, autore pluripremiato di libri editi (romanzi e saggi)
Maria Teresa Infante La Marca, Direttrice del Dipartimento Solidarietà e Promozione sociale dell’Accademia delle Arti e delle Scienze filosofiche (BA), cofondatrice della Stessa.
PARTE PRIMA: considerazioni a carattere socio-economico.
La Teoria del Giusto Livello (o del Livello Minimo) costituisce un completamento
della Teoria dell’Equilibrio che fruttò a John Nash il Premio Nobel per l’Economia (nel 1994).
Il quale aveva precedentemente integrato le teorie economiche di Adam Smith, unanimemente considerato il padre/fondatore dell’economia moderna/classica.
Secondo Adam Smith (insigne economista/filosofo scozzese del XVIII secolo), infatti, il miglior risultato possibile si ottiene quando ogni componente[1] del gruppo/sistema fa ciò che è meglio per sé. John Nash, invece, dimostrò che la Teoria di Adam Smith fosse almeno incompleta (se non del tutto errata), e che il miglior risultato possibile si ottiene quando ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé e per il gruppo.
A nostro avviso, tuttavia, l’Equilibrio di Nash trascura una variabile fondamentale, da noi denominata giocatori/attori passivi.
Ovverosia, i giocatori/attori che, pur non avendo potere di prendere nessuna decisione (in qualsiasi sistema/società/organizzazione/governo), sono comunque coinvolti dalle decisioni prese dai giocatori/attori attivi (poiché ne subiscono gli effetti) e che, soprattutto, a causa delle loro reazioni, a tali effetti, influiscono in ogni caso sull’equilibrio e sul funzionamento del rispettivo sistema/società di appartenenza.
Stiamo parlando, quindi, del cittadino medio.
Per tale motivo, la condizione indispensabile per il corretto funzionamento e di conseguenza il successo di qualunque sistema economico (e di qualunque società/organizzazione/governo), è assicurare il giusto livello di vita ai giocatori/attori passivi. O perlomeno, non costringerli a scendere sotto il livello minimo che gli stessi possono sostenere.
Questa conclusione (condizione indispensabile) vale non solo per quanto riguarda la c.d. microeconomia, ma anche per quel che concerne la c.d. macroeconomia, vale a dire per i sistemi economici nazionali, che sono i prodotti delle politiche socio-economiche adottate dai diversi governi.
La Teoria di Nash, in pratica, non tiene conto delle conseguenze (immediate e future) che le decisioni adottate da coloro che abbiamo chiamato giocatori/attori attivi (quali possono essere i governi in macroeconomia e le banche in microeconomia) possono avere sulle condizioni di vita e sulle reazioni dei giocatori/attori passivi (cioè sulla classe media, sulla classe povera e sugli indigenti estremi).
Nessun governo e nessuna lobby di mercato, finora, ha attribuito la giusta importanza alla variabile più importante per il funzionamento di un sistema socio-economico: ossia alle condizioni di vita del popolo. È il reale potere di acquisto del popolo, infatti, che determina la forza o la debolezza (nonché il successo o il fallimento) dell’intero sistema socio-economico.
Come dimostra la storia, se il governo di una nazione (di qualsiasi ideologia esso sia) adotta decisioni in base alle quali le condizioni di vita (e le conseguenti privazioni) del cittadino medio diventano insostenibili, si è sempre giunti (e sempre si giungerà):
al fallimento di qualunque politica economica; di qualunque sistema economico; di qualunque sistema politico e sociale; di qualunque governo e nazione.
La Teoria del Giusto Livello è applicabile a ogni sistema, organizzazione e governo: dal corpo umano alle nostre famiglie, dalle squadre di calcio alle nazioni del mondo.
Se alcune delle loro componenti vengono trascurate troppo e indebolite oltremisura (ad esempio: un organo nel caso del corpo umano, la prole nel caso di una famiglia, il portiere nel caso di una squadra di calcio, una classe nel caso di una nazione), il sistema/ la società/ il governo di appartenenza si deteriorerà progressivamente. E con il passare degli anni, il sistema fallirà.
Facciamo degli esempi concreti.
Se gli istituti di credito, le società sportive o le piattaforme televisive (quelli che la nostra Teoria del Giusto Livello ha ribattezzato attori protagonisti) si accordano (direttamente o indirettamente) e alzano i prezzi in maniera esagerata (rispettivamente) di servizi bancari, biglietti per lo stadio e abbonamenti pay per view, senza tener conto delle esigenze (rispettivamente) di risparmiatori, tifosi e consumatori, tutti e tre i sistemi (banche, società e piattaforme tv) saranno destinati/e al fallimento.
Ciò perché non tenendo conto del prezzo massimo che gli utenti possono sostenere, non calcolando l’esborso massimo che gli attori non protagonisti possono permettersi prima di dover rinunciare (definitivamente) all’acquisto dei servizi/prodotti proposti, si ingenerano effetti nefasti/letali anche per tutti gli attori protagonisti delle scelte.
In conclusione, un Equilibrio di Nash è un equilibrio non solidale (verso il popolo): i giocatori protagonisti adottano ogni scelta/mossa/strategia in maniera indipendente dalle conseguenze (immediate e future) che tale scelta avrà sulle reali condizioni di vita dei giocatori non coinvolti nel processo decisionale (vale a dire del cittadino medio).
Secondo quella che abbiamo chiamato Teoria del Giusto Livello (o Livello Minimo), le probabilità di successo di qualunque sistema socio-economico dipendono anche (forse soprattutto) dal suo livello di solidarietà (e quindi di giustizia/equità sociale).
Al contrario, la Teoria dell’Equilibrio (e, più in generale, le c.d. Teorie dei Giochi), ignora totalmente una variabile che sta assumendo sempre maggiore importanza con il progressivo mutare (e maturare) delle abitudini di vita del cittadino medio. E, parallelamente, con l’aumento delle aspettative o esigenze delle classi popolari: cioè con le reazioni dei giocatori/attori passivi, i quali sono sempre meno disposti a tollerare eccessive privazioni (in campo economico, sociale, libertario, ecc.).
Della serie… se si tira troppo la corda… la corda si spezza. Per tutti!
Riassumendo, i punti-chiave da analizzare e valutare, con massima e coscienziosa attenzione, sono ben due, pena la rottura dell’equilibrio e del relativo sistema.
Primo.
In condizioni di estrema difficoltà/indigenza, i giocatori/attori passivi possono diventare attivi.
In altri termini, sono una variabile-fantasma, in grado di materializzarsi, e incidere, quando le loro condizioni di vita e il loro potere di acquisto scendono sotto una soglia minima, ossia sotto il giusto/ l’equo livello. E, di conseguenza, di modificare e far saltare l’equilibrio del sistema.
Secondo.
L’equilibrio di qualsiasi sistema è molto delicato e dinamico, pertanto molto instabile perché varia in base alle condizioni di vita e al reale potere di acquisto del c.d. cittadino medio. Perciò, i giocatori attivi devono essere bravi a ricalcolare, continuamente, il punto di equilibrio dello stesso sistema al fine di ricalibrare tempestivamente le loro decisioni/scelte e, di conseguenza, di intervenire e porvi rimedio in tempo utile.
Per concludere, occorre fare due importanti precisazioni.
1. La Teoria del Giusto Livello non richiede ai giocatori attivi di apportare dei cambi di strategia in maniera unilaterale. Essa infatti afferma che tutti i giocatori attivi devono comprendere che esiste un preciso limite, da non oltrepassare mai, allo sfruttamento/impoverimento dei giocatori passivi (cittadino medio). E che, raggiunta una percentuale di guadagno massimo, non devono imporre ulteriori sacrifici socio-economici. Ciò per evitare un grave peggioramento del potere di acquisto, e delle condizioni di vita, dei giocatori passivi, che li induca a entrare prepotentemente in scena e a far saltare l’equilibrio.
2. La Teoria del Giusto Livello (o Livello Minimo), quindi, definisce la reale stabilità di un sistema socio-economico. Un c.d. equilibrio è stabile solamente se è giusto, quindi se è equo, in altri termini, solo se garantisce, anche al cittadino medio, un potere di acquisto e delle condizioni di vita soddisfacenti. In caso contrario, come dimostrato dagli eventi della storia (dalla Rivoluzione Francese alla caduta dell’Unione Sovietica, senza nessuna distinzione di bandiera, di ideologia e di tempo), l’equilibrio è destinato a rompersi a causa delle pressioni sociali dei ceti medi e poveri sottoposti a ingiustizie, privazioni e stenti. E il sistema economico/sociale/politico di cui esso è espressione è destinato a fallire, inevitabilmente, con certezza matematica.
PARTE SECONDA: considerazioni a carattere etico-sociali.
Appurate le condizioni di estrema precarietà (sociale, politica ed economica) in cui versa attualmente la quasi totalità (la totalità) delle nazioni del pianeta, appare evidente che la Teoria dell’Equilibrio di John Nash non è risolutiva delle varie problematiche che affliggono le popolazioni del mondo. Assodato ciò, ci domandiamo perché tale teoria con innegabili punti di forza abbia prodotto risultati positivi soltanto per le élite che dominano l’economia; mentre non abbia prodotto miglioramenti delle condizioni di vita delle masse; le quali, anzi, stanno diventando sempre più povere. Di conseguenza assistiamo a un continuo ampliamento della forbice della disuguaglianza, a ogni latitudine del globo, senza alcuna distinzione di nazionalità, dal capitalismo degli Stati Uniti al comunismo della Cina.
Inoltre, ci domandiamo perché tale teoria sia ancora universalmente accettata, e soprattutto perché sia ancora applicata, nei settori delle scienze bancarie, della finanza nazionale e internazionale, nonché in qualunque tipo di mercato, sia in microeconomia che in macroeconomia.
Parallelamente, ci domandiamo perché non riusciamo ancora a comprendere la vitale importanza rivestita dal cosiddetto cittadino medio e dalle classi povere, sia a livello etico (cioè per assicurare le giuste/eque condizioni di vita a tutti), sia a livello utilitaristico (cioè per assicurare la stabilità di tutto il sistema). Ossia la fondamentale importanza rivestita dall’innovativa e distintiva figura introdotta dalla Teoria del Giusto Livello: la variabile fantasma denominata giocatori passivi.
In ultima analisi non riusciamo ancora a capire che i giocatori passivi non sono pedine inutili, sacrificabili al “Dio Profitto”, rassegnati a subire le conseguenze delle decisioni adottate dai giocatori attivi per massimizzare i propri introiti.
Alla luce di tutto quanto esposto, potremmo quindi definire la Teoria di Nash non soltanto teoria poco solidale, ma addirittura discriminante. Teoria poco solidale perché partorita da un ragionamento matematico esatto nel quale conta, però, sempre e soltanto il massimo profitto dei giocatori attivi; e giammai le ripercussioni a pioggia sui giocatori passivi.
Detto in altri termini, la Teoria di Nash è ottima a livello di pura razionalità, perché consente la massimizzazione del profitto dei giocatori attivi, ma risulta molto (forse totalmente) deficitaria a livello di logica comunitaria, perché provoca un eccessivo squilibrio tra le fasce della popolazione.
Squilibrio che, a lungo andare, ingenera un forte malcontento, fino a sfociare in aperta rivolta; una ribellione che, in seguito, determinerà il fallimento di qualunque sistema/politica/governo/nazione.
Oggigiorno, purtroppo, oltre l’80% della ricchezza mondiale complessiva è detenuta da circa il 5% della popolazione (forse anche meno).
Tra questo 5%[2] di super ricchi e il suo antipodo (vale a dire la classe povera) esiste una larga fascia del tessuto sociale, comunemente definita classe media la quale, con lievi oscillazioni tra uno Stato e l’altro, rappresenta il 60/70% della popolazione totale. È facilmente intuibile quanto possa essere determinante l’agito di tale 60/70% (occupazione/disoccupazione, agiatezza/miseria, sottomissione/rivolta), al quale va peraltro ad aggiungersi il restante 20/30% delle classi più indigenti.
Per di più, un sistema basato sull’eccessiva disparità economica incide negativamente sull’etica dei suoi stessi cittadini (cioè a livello di interazione comunitaria e sociale) e incide negativamente sulla morale dei suoi componenti (cioè a livello di percezione individuale del sistema).
Tutto ciò perché tale sistema conduce inevitabilmente (in maniera fisiologica) a profonde discriminazioni sociali, con ulteriori ripercussioni sullo stile di vita, sui comportamenti individuali e sulla partecipazione coscienziosa dei cittadini alla cosiddetta res pubblica.
In parole diverse, se discriminato e affamato oltremisura, il giocatore passivo svilupperà una scarsa etica e una scarsa morale e mirerà solamente alla propria sussistenza e sopravvivenza, con qualsiasi mezzo possibile. Il giocatore passivo/cittadino povero, infatti, sarà portato a fare sempre e solo ciò che è meglio per sé stesso (e non anche per la collettività).
E, in caso di estrema necessità, o indigenza, lo farà con qualsiasi mezzo possibile, persino in maniera illecita (ad esempio: evasione fiscale, frodi, furti e rapine); fino a ingenerare un vero e proprio circolo vizioso, presagio del degrado sociale di cui la società contemporanea è ormai vittima.
La Teoria di Nash, infine, tende a creare individui/cittadini poco consapevoli e, di conseguenza, con un basso senso di responsabilità. Senso di responsabilità che, come risaputo, costituisce fattore fondamentale della vita sociale in quanto, se sviluppato, rende l’individuo/il cittadino più partecipe, più solidale e più produttivo, con ripercussioni positive anche sull’economia globale.
A testimonianza di questo, si possono citare i tanti esempi di imprenditori che, rendendo i dipendenti parte attiva dell’azienda, o responsabilizzandoli, hanno notevolmente aumentato i profitti aziendali; con elevatissimi vantaggi, sia per l’azienda che per i lavoratori.
In pratica, l’adozione (e l’applicazione) di una procedura aziendale più etica favorisce la crescita esponenziale della forza lavoro, con ripercussioni positive per tutti i giocatori, attivi e passivi (in questo caso, azienda e dipendenti).
Ne deriva, dunque, che l’optimus del sistema, per la Teoria del Giusto Livello, può essere raggiunto solo se viene rivalutata la figura del giocatore passivo, mettendolo nella condizione ottimale di diventare un elemento responsabile, consapevole e partecipativo, in un contesto lavorativo altamente identitario passando, in tal maniera, da una deleteria deresponsabilizzazione individuale a una preziosa forma di responsabilità cosciente collettiva.
In conclusione, migliorando le condizioni complessive di vita di tutti i cittadini (il loro potere di acquisto, le possibilità di realizzarsi, l’accesso ai vari servizi) si restringerà il divario economico e quindi la forbice delle discriminazioni sociali tra i giocatori attivi e i giocatori passivi (ovverosia tra classi forti e classi deboli). Restringimenti che, successivamente, determineranno un elevato innalzamento del grado sociale di tutto il sistema, una forte diminuzione delle tensioni sociali e, soprattutto, una pacificazione cooperativa tra le varie classi sociali.
La Teoria del Giusto Livello, oltretutto, presenta anche caratteri fortemente etici e morali, poiché restituisce dignità ai giocatori passivi (ai cittadini medi) i quali potranno “mettersi in gioco” secondo i propri ruoli e le loro attitudini, sulla base dei criteri di inclusione, cooperazione, solidarietà e fratellanza.
Analizzando il quadro socio-economico attuale da una ulteriore prospettiva, l’innovativa Teoria del Giusto Livello, a distanza di 2500 anni, si configura come un mero punto di sutura (vedi Apologo di Menenio Agrippa); finalizzato a scongiurare la definitiva rottura tra i “patrizi” e i “plebei” contemporanei (del quale rappresenta anche una lampante conferma di validità).
Una società è paragonabile al corpo umano, in cui ogni membra e ogni organo sono interdipendenti e possono sopravvivere nel tempo solamente grazie a un rapporto di collaborazione. Diversamente, se le braccia (in codesto caso il popolo) si rifiutano di lavorare, lo stomaco (in questo caso l’economia) resterebbe a digiuno totale; e alla fine, tutto il corpo (nel caso specifico il sistema) perirebbe.[3]
Dulcis in fundo, ma punto di uguale importanza, possiamo ipotizzare, o a giusta ragione sostenere che la Teoria del Giusto Livello costituisce l’anello mancante alla Teoria di Adam Smith perché colma una rilevante lacuna di quel quid che il famoso economista scozzese, reputato il padre della moderna economia, definì la mano invisibile, vale a dire il meccanismo nascosto che provvede a riequilibrare il mercato. Una sorta di provvidenza, che Adam Smith non riuscì mai a qualificare e a descrivere con precisione e alla quale, invece, l’originale Teoria del Giusto Livello attribuisce un nome, un agire e un ruolo preciso: il giocatore passivo.
Come dimostra la storia (antica, moderna e contemporanea, fino all’attualità), se l’anello più debole della catena si rompe, poi si spezza anche la catena. E l’anello più debole, in un sistema socio-economico (di qualunque tipologia) è costituito dalle condizioni di vita del cittadino medio/giocatore passivo. Condizioni di vita che ogni sistema (governo e nazione) dovrebbe preoccuparsi di mantenere sempre a un giusto livello, pena la rottura del sistema e del governo di cui il sistema è espressione.
Volendo schematizzare i vantaggi, la Teoria del Giusto Livello garantisce:
maggiore solidarietà;
maggiore cooperazione, responsabilizzazione, equità economica, giustizia sociale;
stabilità del sistema;
maggiore dignità a ogni individuo (senza distinzioni di classe);
maggiore probabilità di successo/sopravvivenza del sistema quindi minore disparità economica tra le classi,
minore squilibrio sociale, minori ingiustizie e tensioni sociali, minori probabilità di aperta contestazione e rivolte,
minori possibilità di rottura e conseguente caduta del sistema.
Lucio Schiuma – Maria Teresa Infante La Marca
[1] [1] O, in base alla denominazione poi coniata dalla Teoria dei Giochi, ogni giocatore.
[2] La maggior parte delle ricchezze complessive del pianeta è oggi concentrata nelle mani di poche persone/ famiglie. Secondo diversi studi, infatti, nel 2020, 26 super miliardari possedevano la stessa cifra posseduta da 3,8 miliardi di indigenti.
[3] Apologo di Menenio Agrippa 494 a.C.
Trovo questo articolo/saggio molto interessante ed ispiratore di un modello di giustizia sociale che acquista una connotazione fondamentale di vera giustizia sociale. Leggendo l’articolo, nel mio pensiero è andata conformandosi l’idea architettonica del grande Antonio Gaudì il quale, pur elaborando teorie di grande precisione lui nella pratica la provava attraverso i famosi sacchettini. Solo così hanno preso vita opere di grande respiro tecnico e bellezza artistica come lo è ad esempio LA SAGRADA FAMILIA . Grazie per l’opportunità .