Perché le dichiarazioni di Trump sulla Nato sono propaganda politica
Attilio Runello
Le recenti dichiarazioni di Trump durante la sua campagna elettorale per le elezioni presidenziali sulla NATO che a suo parere non dovrebbe difendere i paesi che non rispettano l’impegno di spendere per la difesa una cifra non inferiore al 2% del Pil ha suscitato reazioni innanzitutto nei vertici della Nato che ha assicurato che le cose stanno migliorando.
Ha suscitato inoltre reazioni nei media, in particolare nei media italiani che hanno sciorinato l’elenco dei paesi Nato che non rispettano questa parte dell’accordo.
Fra di essi vi è l’Italia, accompagnata fra gli altri da Francia, Germania, Spagna, Canada.
L’ex presidente degli Stati Uniti in una sua visita in Europa non aveva risparmiato critiche, in particolare alla Merkel, per la spesa insufficiente per le forze armate. Di certo non aveva mai affermato che la NATO non li avrebbe difesi.
D’altra parte erano anni in cui Trump incontrava Putin e la Merkel correva spesso a consultarlo.
Trump sa benissimo che la Francia ha un esercito fra i primi dieci nel mondo. Sa anche che quello che destinano questi paesi dal Pil è comunque in termini assoluto molto di più di quello che possono destinare paesi come quelli baltici.
Inoltre questi paesi sono stati a fianco degli Stati Uniti anche negli impegni asiatici, lontani dall’Europa.
Per cui ha poco senso prendere alla lettera le affermazioni di Trump.
Bisogna invece considerare che gli Stati Uniti – che hanno il primo esercito nel mondo – hanno dodici flotte impegnate nei vari teatri mondiali, centinaia di porti e aereoporti nei vari continenti e molte unità soprattutto in Corea, in Giappone, in Germania.
Parte dell’elettorato americano è consapevole che questo dispiegamento di forze costa e grava sulle spalle dei contribuenti americani. Vedono di buon occhio una riduzione degli impegni americani. Non per niente Trump nei suoi quattro anni di presidenza ha preparato il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan e non ha iniziato nessun nuovo conflitto.