La secessione dei ricchi
Editoriale di Daniela Piesco co-direttore Radici
L’Aula del Senato ha approvato con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti, il ddl per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Il testo passa alla Camera per la seconda lettura. A favore hanno votato i gruppi di maggioranza, il gruppo per le Autonomie e la senatrice Mariastella Gelmini, in dissenso dai colleghi del gruppo di Azione che si sono invece astenuti. Contrari, infine, i senatori di Alleanza Verdi Sinistra, Italia viva, Movimento 5 stelle e Partito democratico.
Se non si è potuto fermare il disegno di legge sulla autonomia differenziata,la colpa è imputabile non solo ad una opposizione inadeguata ma anche e soprattutto ad una maggioranza irresponsabile
Ci sono gruppi meridionali parlamentari, soprattutto quelli della maggioranza di governo,che hanno tradito il sud infischiandosene dei territori e pensando solo ed esclusivamente a difendere le bandiere di partito.
E dunque appare necessario ricordare a tutti cosa significa l’ autonomia differenziata . Ecco cosa cambierà quando il ddl diventerà legge:
Le Regioni a statuto ordinario che lo chiederanno potranno avere autonomia di gestione su un massimo di 23 materie che includono, tra l’altro, la sanità, l’istruzione, l’energia, la sicurezza sul lavoro.Cio’ significa che le regioni potranno fare contratti integrativi regionali per la sanità e la scuola, così ad esempio se una regione ricca stabilisce per contratto 2000 euro in più al mese per medici e infermieri ciò comporterebbe la fuga del personale sanitario dal sud al nord ..
Insieme alle competenze, le regioni possono anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive.Di fatto le regioni ricche avranno la possibilità di trattenersi i tributi nazionali , l’ iva che matura in un territorio regionale viene trattenuta in quel territorio per intenderci
Un ddl molto contestato che aumenterebbe il divario tra Nord e Sud soprattutto tenendo in piedi la cd spesa storica.
La concessione di “forme e condizioni particolari di autonomia” alle regioni a statuto ordinario sono previste dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione, che sottolinea come possano essere attribuite “con legge dello Stato su iniziativa della regione interessata”. Questo comma però non è mai stato stato attuato, soprattutto a causa delle grandi differenze economiche e sociali tra regioni, che rendono particolarmente delicata, e potenzialmente dannosa, l’approvazione di leggi in questo senso.
Uno dei punti più contestati della proposta, infatti, è quello relativo al finanziamento dei livelli essenziali di prestazione che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, conosciuti come Lep, che in base alla Costituzione tutelano i “diritti civili e sociali” di cittadine e cittadini.
L’entità di questi finanziamenti andrebbe stabilita prima delle richieste di autonomia, in modo tale da avere chiaro di quante risorse ha bisogno ogni regione richiedente.
Ma secondo il disegno di legge, che da al governo un anno di tempo per decidere i Lep, le regioni potranno formulare un’intesa anche senza il decreto del presidente del Consiglio che dovrebbe stabilire l’entità dei Lep, distribuendo così i finanziamenti in base alla spesa storica della regione nell’ambito specifico in cui chiede l’autonomia.
Ed è questo il punto al centro delle contestazioni, e che giustifica il termine di “secessione dei ricchi”, perché assicurerebbe maggiori finanziamenti alle regioni del Nord, in quanto hanno più risorse e una spesa storica più alta, e meno a quelle del Sud, dove ci sono meno risorse e quindi una spesa storica più bassa
In questo modo, si accentuerebbero ancora di più le disuguaglianze tra i due poli del paese.
Infine, il disegno di legge non specifica nemmeno le modalità con cui attivare le richieste di autonomia, lasciando al governo il compito di elaborare l’intesa tra Stato e regione, per poi inviarla alla regione in questione per essere approvata. Dopodiché, sempre in base alla proposta di Calderoli, il Parlamento non avrebbe alcuna voce in merito, perché il Consiglio dei ministri dovrebbe presentare alle camere solo un disegno di legge per approvare l’intesa, sul quale deputati e senatori non avrebbero possibilità di proporre modifiche, di fatto esautorando l’organo legislativo.