La Meloni tira avanti sulla riforma della giustizia, le preoccupazioni del Quirinale
Quasi in silenzio si sta consumando questo questo brutto braccio di ferro sulla giustizia: il governo e la maggioranza da una parte e un pezzo di magistratura sostenuta dalle opposizioni dall’altra. C’è preoccupazione per i toni. C’è voglia di capire. Il filo diretto tra il Colle e il ministro della Difesa Crosetto non si è mai interrotto. Ma la tensione è sempre alta e molti nodi sono ancora senza risposta: Crosetto (che continua a spiegare che le sue parole non sono state concordate con Giorgia Meloni) riferirà alle Camere? E cosa deciderà oggi l’ufficio di presidenza della Commissione Antimafia sulla richiesta del Pd di sentire il ministro?
Lo scontro non si placa. Anm e opposizioni non si fermano. «Crosetto faccia chiarezza su ombre e sospetti», dice l’Anm. «È intollerabile anche l’ipocrisia di Palazzo Chigi, che già in estate aveva sferrato un grave attacco contro la magistratura», tuona Giuseppe Conte che invita Giorgia Meloni a battere un colpo. Ecco l’altro interrogativo: come si muoverà Giorgia Meloni? La premier non vuole guerre, ma non ha nemmeno nessuna intenzione di fermare le riforme. La separazione delle carriere si deve fare, ripete in tutte le conversazioni più private Meloni. E non è e non sarà – spiega – una riforma contro i giudici. E intanto il capo dello Stato giovedì parlerà davanti al plenum del Csm. Avanti con la separazione delle carriere. E in queste ore – ricorda il vicepresidente della Camera Mulè – «va in Aula la riforma delle intercettazioni telefoniche per cui la smettiamo con la pubblicazione di conversazioni, penalmente irrilevanti, tra terzi non indagati che finiscono sui giornali o di telefonate che non vengono date alla difesa.
Questo è un primo argine di civiltà». Ora lo scontro si accende sulle cose. «La separazione delle carriere dei magistrati camminerà esattamente come le altre riforme, non c’è un diritto di precedenza delle altre due riforme, premierato e autonomia: hanno pari dignità e appartengono al patto di lealtà sancito nel programma di coalizione», chiosa Mulè. A metà mattina parla anche Elly Schlein: «Questo è un governo ossessionato dalla giustizia ma non si occupa della giustizia sociale e cerca lo scontro istituzionale», tuona la segretaria del Pd. E ancora. «Se il ministro Crosetto ha degli elementi, li mostri al Paese. Non si può permette di gridare al complotto se non ha elementi. Non si può vivere in uno stato di procurato allarme per complotti vari. Noi abbiamo chiesto al ministro di riferire in Parlamento». Ecco il clima che non piace al Colle. Gli scambi di accuse.
Tra maggioranza e opposizione. Tra governo e toghe. Tra magistrati e magistrati. «Temo che nel cerchio magico della premier, di cui fa parte Crosetto, si coltivi l’idea sbagliata che la magistratura voglia fare opposizione politica. O peggio ancora un golpe giudiziario, tornando alla teoria berlusconiana peraltro mai dimostrata», dice il pm Eugenio Albamonte, ex segretario di Area e chiude: «La verità è che si vuole una magistratura silente che non manifesti le sue opinioni, che non partecipi al dibattito pubblico, che non eserciti i propri diritti costituzionali… È un modo per intimidirci e marginalizzarci». Ma dal versante maggioranza si fa sentire Maurizio Gasparri: «Non so a cosa si riferiscano le parole del ministro Crosetto ma cito un episodio. Recentemente in Sicilia si è riunita la corrente di Area, che ha invitato alcuni leader politici dell’opposizione, applaudendoli in modo frenetico durante i loro interventi. È stata una chiara scelta di campo… Se un cittadino che non la pensa allo stesso modo domani dovesse essere giudicato da uno di quei magistrati, potrebbe legittimamente avere il dubbio che non ci sia quella terzietà richiamata dal ministro Nordio».
Marcario Giacomo
Editorialista de Il Corriere Nazionale
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