Bombe e morti su Israele
Di fronte all’incomprensibile vacillano ormai anche le certezze
La notizia irrompe nelle nostre case, è già sera, è l’ora in cui si prepara la cena. Il titolo della notizia è gia di per se una bomba: «500 morti».. Una bomba su un ospedale, a Gaza. Smetti di lavorare, accendi un tg. L’ospedale Al-Ahli arde come una torcia nel buio. Nei video traballanti, girati da chi scappa o accorre, si sentono urla, voci di donna imploranti chiamano i bambini.
Per terra lenzuola fradice di sangue e soccorritori fermi, come paralizzati. In Gaza semidistrutta e senz’acqua un inferno. Un altro inferno, dopo il massacro del 7 ottobre nei kibbutz. Cronaca di una notte insonne, in Italia, in pace. Indimenticabile, non solo per l’orrore e la pietà. Questa, pensa chi veglia, è una miccia accesa in una terra che scotta. L’incendio potrebbe propagarsi in poche ore. Hamas accusa Israele, Israele afferma che sull’ospedale è caduto un razzo lanciato da Gaza, e caduto “corto”. Ma i dubbi non contano proprio nulla, stanotte: da Iran, Egitto, Giordania, Turchia, da tutto il Medio Oriente si leva un coro di rabbia. Hezbollah chiama per l’indomani a una “Grande giornata della rabbia”.
È tardi ora, vorresti dormire ma sai che non ci riuscirai. Spegni la luce, apri e riapri il web sullo smartphone. In Giordania, in Marocco, in Libia e altrove la folla cerca di assaltare Ambasciate israeliane, Usa e francesi. Come fossero un’unica cosa: Occidente, e tutti nemici. Le immagini da Gaza stanotte sono come un’adrenalina cattiva. Morti malati, rifugiati, bambini, ancora bambini, del tutto uguali a quelli massacrati da Hamas nei kibbutz. E proprio al termine di una giornata di preghiera dei cristiani per la pace. Invecchiando però hai capito almeno che davvero le vie di Dio sono altre, e altri i suoi pensieri. Che non puoi credere di potere comprendere. Tuttavia, stanotte proprio non ti riesce di chinare la testa. Chi, chi è stato, si interrogano, febbrili nella notte, i media di tutto il mondo. Davvero Israele colpirebbe un ospedale americano, dodici ore prima dell’arrivo di Biden? Infiammando tutti i Paesi attorno, finendo come stretta d’assedio?
Il ticchettio dell’orologio dalla cucina, e tu continui a interrogarti. Israele nega ogni responsabilità, e su Al Jazeera passa il video di un razzo che si alza da Gaza e riprecipita sulla città. Un errore? Certo che la Striscia è lunga quanto da Milano a Alessandria, e larga fino a oltre Pavia. Proprio su un ospedale, doveva finire un lancio sbagliato. Per caso. Due giorni fa Hamas lamentava il mancato sostegno dall’Iran. Cosa, più di una strage di innocenti, avrebbe potuto suscitare l’ira dei Paesi arabi? E infatti: a notte l’incontro con Biden previsto per l’indomani è annullato da Abu Mazen, da Giordania, da Egitto, da tutta l’area con cui Biden immaginava di venire a trattare. Ma, apprendi, il presidente Usa è già in volo sull’Atlantico verso Tel Aviv. Nel cuore dell’incendio, nel “Giorno della Grande rabbia”. E se, un attentato? Mai come questa notte hai avuto paura che stia per scoppiare una terribile guerra. E non soltanto laggiù. Nessuno ci ha promesso che la guerra riguardi sempre “gli altri”. Quanti milioni di arabi vivono in Europa? E se anche solo pochissimi di loro aderissero alla “Grande rabbia”?
Guidano treni e metrò, lavorano negli aeroporti, riparano acquedotti. Se veramente credessero che Israele ha deliberatamente colpito quell’ospedale, quanti sarebbero tentati da una reazione? Ma certo esageri, ti dici, deve essere la notte, che allarga orizzonti spettrali. Vorresti la voce di un amico che ti dicesse «basta, calmati». Biden è atterrato a Tel Aviv. Israele ora diffonde una intercettazione in lingua araba. Scambio fra due militari: «Siamo stati noi?», fa uno, attonito. L’altro: «Hanno sparato dal cimitero dietro all’ospedale ». Biden pubblicamente sostiene questa versione dei fatti. Ma intanto, da Tripoli a Teheran la rabbia si allarga. I morti, non si sa con esattezza quanti. Senti di bambini amputati. Anche i bambini israeliani, il 7 ottobre nei kibbutz lungo la Striscia, sono stati macellati come agnelli. Nel fondo di queste ore la carne dei bambini, la carne degli agnelli.
Che Dio abbia pietà, ti dici, ma non puoi non ribatterti che finora non ne ha avuta tanta: da millenni gli uomini si massacrano. Nei lager, negli Holodomor. Sì, Dio, ha pensieri altri, vie altre dalle nostre. Stanotte, però, quanto appare lontano. O forse è, Agnello ancora in ognuno di quei bambini, e noi non lo riconosciamo? «Ascoltare il grido di pace che viene dai bambini», prega il Papa. I bambini degli altri e i nostri, i figli, i nipoti appena venuti al mondo. Noi credevamo che la guerra non ci avrebbe toccati mai. I conti fatti male non tornano.
Marcario Giacomo
Editorialista de Il Corriere Nazionale