Un anno fa trionfava l’astensionismo elettorale, sintomo di un’Italia sempre piu’ lacerata
Editoriale di Yari Lepre Marrani
Le elezioni politiche del 25 settembre 2022, esattamente un anno fa, non hanno avuto come protagonisti i principali partiti presenti, da molto tempo, sul palcoscenico istituzionale e popolare, come ardentemente speravano i loro rappresentanti assisi, da molto tempo, nella grande casa della cattiva politica. Affermazione perentoria e spietata forse che, a fronte dell’elezione di un nuovo governo, una nuova maggioranza e un nuovo parlamento, potrebbe finanche apparire straniante se non bizzarra.
Ma non è così perché protagonista vero delle ultime politiche, scandagliando profondamente il momento storico politico che l’Italia vive, le pulsioni dei sentimenti popolari e, più di tutto, gli ultimi dieci anni della vicenda politica del nostro paese tra governi non eletti(fatto sociopolitico gravissimo) e, quando eletti, soggetti a improvvisi cambi di alleanze e di premier(non legittimato dal voto del popolo), il vero protagonista, se affondiamo lo sguardo nel cuore profondo d’Italia, è stato l’astensionismo. Il più alto astensionismo della storia repubblicana che ha toccato punte mai raggiunte in 75 anni. Prima di analizzare i dati occorre porre cuore e attenzione sulla maliziosa strada dei nostri politici, costeggiata, agli estremi, da chi il 25 settembre 2022 ha esultato per la vittoria e chi ha pianto per la sconfitta, da chi ha strappato nuovi consensi ad un popolo dolente e ha vinto e chi ne ha strappati meno e ha perso. Accanto al fantasma dell’astensionismo i nostri partiti sono, ancora una volta, riusciti a “restare in piedi” facendo eleggere i “nostri rappresentanti”: una parte vittoriosa, una parte perdente.
C’è stato un vero vincitore? Apparentemente si, Fratelli D’Italia: l’ unico partito rimasto per anni all’opposizione che ancora non era stato “provato” e “assaggiato” come forza governativa dal popolo; unica forza politica che mancava alla lunga lista degli eletti al potere che il popolo l’hanno tradito, deluso, inaridito, finanche imbarbarito. Non c’è da stupirsi per questa vittoria che ha lanciato Fratelli d’Italia al Governo: quando il cittadino non sa più chi eleggere, invece che frenarsi, adombrarsi e riflettere, torna in cabina elettorale ed elegge chi è (apparentemente) rimasto vergine nei giocosi travagli politici degli ultimi dieci anni. Come a dire: il cittadino non ha espresso un voto per il merito del partito vincitore ma per il grave demerito dei partiti sconfitti impersonanti reazioni e individui che più non potevano essere rigettati sugli spalti del Governo nel fulgore della vittoria. Partiti e movimenti che non potevano più reggere la cosa pubblica, crollati nei consensi nell’anima del popolo prima ancora che nella sua mente. Restava solo un partito a cui il popolo poteva, remissivamente, dare fiducia: così è stato.
Talvolta si vince non per grandi meriti ma perché i concorrenti sono materiale da bestie, cellule politiche da dimenticare e mentre queste vengono rinnegate e più non possono concorrere, vince la forza politica che ancora è rimasta in piedi tra i maratoneti claudicanti. Molte volte si vince per fortuna o perché non hai più avversari che possano batterti perché autodiffamatisi: il voto popolare italiano doveva ancora “provare” l’ultima forza politica rimasta. In questo gioco, il vento sferzante sull’Italia è stato purificato dall’alito di un grande astensionismo e così torniamo al principio. Le ultime elezioni politiche hanno avuto, ai fatti, un solo grande vincitore che ha cosparso la penisola di vento purificatore: l’astensionismo. Già nelle politiche del 2018 quest’ultimo aveva toccato vertici da primato, solo il 72,9 % degli aventi diritto al voto era andato a votare per il c.d. “Governo del cambiamento”: ancora elettori illusi da quest’ultimo vocabolo sinonimo di speranza. Dopo più di 4 anni, gli italiani non possono non essere stati delusi dall’ultima speranza tradita: il movimento del “Nuovo Rinascimento”, (M5S)misteriosamente, ha perso giorno per giorno consensi fino a stralciarli e con quella casta che doveva eroicamente combattere, dopo poco più di un anno e mezzo, si è misteriosamente alleata(5.09.2019). Il PD, prima nemico assoluto del M5S, assiso a simbolo di tutti i mail politici e sociali del paese, è poi divenuto urgente alleato necessario perché quel movimento rinascimentale il consenso lo perdeva mese dopo mese e le poltrone di tanti vermi andavano sigillate.
Elezioni del 25.09.2022: il fuoco purificatore dell’astensionismo divampa nuovamente su tutta la penisola, da nord a sud, come vento espiatorio su una muta di cuori di un popolo affranto e tocca le punte più alte della storia della Repubblica; solo il 63,9% del popolo si reca al voto, gli astenuti arrivano al 37,90 % ma, ancora, gli italiani non si sono arresi nella credulità e nel proprio orgoglio ferito. Gli italiani credono senza speranza o sperano contro ogni speranza perché le speranze esistono solo nelle loco menti remissive, non certo nei partiti che li “rappresentano” e che ancora una volta l’italiano sopito ha contribuito a dar fiducia, respiro e sopravvivenza, un’onorata sopravvivenza di stile. Stolti e maliziosi coloro che credono che la vera protagonista delle politiche del 2022 sia stata la Meloni e i suoi Fratelli d’Italia. La natura non ha fretta, ma tutto si realizza. Chi ancora crede e ha creduto nelle nostre forze politiche ancora confida nel perpetuo protrarsi del sacco portatore di carbone ardente che brucia le speranze di un popolo che in esse non deve più credere perché tanto è palese la loro sconfitta politica in termini di idee, preparazione e coraggio d’iniziativa quanto è sconcertante e delittuosa la loro perpetua presenza sul palcoscenico italiano.
Tutto è fermo, tutto tace, l’ultimo tasso di disoccupazione dichiarato dall’Istat è pari al 7,5 %. Qual è il problema? Che spesso la natura ha fretta ma non tutto si realizza: la bandiera dell’astensionismo, nelle ultime politiche, è un ultimo, drammatico messaggio di coloro che, nel marasma, non vogliono arrendersi all’evidente degrado di un popolo che tanto potrebbe e dovrebbe fare se ispirato dal coraggio e la libertà ma il plagio della cattiva politica è più invasivo del coraggio stesso degli italiani. L’ultima vittoria ha alzato la propria bandiera sotto l’enclave dell’astensionismo e questo alcuno può negarlo tra coloro che vivono, lavorano,pensano in Italia: agricoltori, imprenditori,operai, semplici impiegati o dirigenti d’azienda, tra coloro che sopravvivono e soffrono. Alcuno può negare che negli ultimi 10 anni(2013 – 2023) l’Italia necessitava di riforme decisive e decisioniste che portassero i più sofferenti verso la vita e i più fortunati verso la conferma del proprio merito e della propria fortuna. Osservare attentamente i fatti, ad un anno dalle ultime elezioni, diviene non facoltativo ma doveroso. Uno dei settori più “brucianti” del nostro paese, simbolo stesso di uno Stato di diritto e rappresentante una casta e un ordine professionale intoccabile anche se sbaglia, contrassegno stesso della libertà del cittadino e della sua sicurezza civile e fisica, deve urgentemente essere riformato: il settore della Giustizia e di chi la rappresenta, la magistratura inquirente e requirente.
confermare l’urgenza di riforma di questo settore della vita civile, tra i tanti ancora in attesa di “riforme messianiche”, basta leggere quanto in prosieguo: il 22.01.2022 qualcuno ha detto “Le cronache quotidiane ci consegnano una realtà devastante di magistrati arrestati, inquisiti, condannati per fatti di corruzione, che testimoniano una questione morale che non può essere sempre sottovalutata”, un passaggio, questo, della relazione del presidente della Corte di Appello di Bari, Franco Cassano, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. Proseguiamo, riflettiamo con altre frasi, parole, orrori del nostro presunto “Stato di diritto”, altre parole di chi la Giustizia la conosce perché madre della sua professione: “Stavano truccando il concorso in magistratura ordinaria rendendo riconoscibile con segni di identificazione il tema di una delle tre discipline, informando uno dei commissari dello scritto del segno identificativo dello scritto” così ha detto il Procuratore di Roma Francesco Lo Voi che ha reso noto il fatto nel corso di un convegno alla Corte dei conti. E che dire di Luca Palamara? Chi è Luca Palamara?
Tutti dovrebbero saperlo per quanto egli ha fatto e riassumibile in poche, significative parole: il più giovane presidente dell’ANM(Associazione Nazionale Magistrati), ex membro del CSM, classe ’69, protagonista del più massiccio scandalo di corruzione della magistratura italiana, scandalo che adombra la madre di quest’ultima: la Giustizia. Accusato e reo confesso di corruzione, egli è si assiso sul trono corrotto della magistratura italiana: Palamara ha volutamente rivestito ruolo di mediatore tra le correnti della magistratura, nello specifico, nell’assegnazione di incarichi di rilievo, come quello di Procuratore della Repubblica. “I posti di Procuratore della Repubblica” ha affermato Palamara stesso, “sono molto ambiti, sono posti di potere”. Nel febbraio 2021 la procura ha modificato il capo d’imputazione contestandogli anche i reati di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione in atti giudiziari. Nel 2022 Palamara è nuovamente indagato a Perugia per corruzione: tra le sue gesta giurisdizionali è emerso ch’egli veniva gratificato di potenti scooter, notti in alberghi cinque stelle a Capri, quote societarie, gli pagavano persino le multe per centinaia di euro ; in cambio cortese dei regali offerti dagli imprenditori, l’ex magistrato sarebbe intervenuto su procedimenti penali, amministrativi e civili per garantire l’esito favorevole desiderato dai suoi presunti corruttori.
Questi sono i precipizi dei quali gli italiani non comprendono l’insondabile abisso. Dopo questi orrori la Grande Riforma della Giustizia che dovrà trasformare la vita del popolo in civiltà progressiva e l’esistenza dei singoli in virtù protetta, da oltre 30 non viene realizzata con un intervento duro e risolutore, compatto e implacabile perché dalla Giustizia e da chi la rappresenta dipende, in primis, la libertà del cittadino e l’onore dei politici. Lo Stato di diritto è offeso da magistrati e politici che una parte del popolo, il 25.09.2022, ha eletto, confermato, riammesso nella grande casa della cattiva politica. Non riformare una Giustizia gravemente malata è un crimine contro il popolo, uno schiaffo spregiativo alla dignità del cittadino e del contribuente. E’ tanto doloroso pensare alla stoltezza di una nazione umiliata ma possiamo noi non pensarci? Il grande Re di Giuda Giosafat(“Dio giudica”), per il quale la Bibbia ha parole illuminate, fu “Con il Signore e camminò nei suoi precetti”: questo Re del IX secolo a.c. mandava tra il popolo giudici e sacerdoti quasi a superare nella santità spada e bilancia e lui stesso esclamava “Badate a quel che fate perché voi non fate le veci di un uomo ma di Dio. Tutto ciò che voi avrete giudicato ricadrà sopra di voi!”. Giosafat mirava il popolo come un ammaestratore, riuniva santità e giustizia in un’inscindibile laccio; le nostre forze politiche mirano il popolo come piaga da sfruttare, riuniscono corruzione e incapacità in un vergognoso groviglio. La riforma della Giustizia attesa da milioni di cuori e di elettori non sarà fatta perché da corruzione nasce corruzione, da incapacità incapacità, da codardia di potere disastri popolari. Coloro che giudicano sono chiamati grandi giuristi se condannano un vero colpevole, un assassino, un mafioso.
Se condannano un umile innocente, oggi possiamo solo accennare che “Il giudice ha sbagliato”: quest’ultimo torna a casa nel tepore rassicurante della sua famiglia mentre a chi ha ingiustamente condannato si schiudono i cancelli del pianto straziato, dell’infernale odissea, della gratuita(e atroce) sofferenza di un’infamia stigmatizzata ma incolpevole, talvolta le porte del suicidio. E’ doloroso pensare alla stoltezza di un popolo che non comprende perché non vuole comprendere, che non sa quel che fa, confermando questo nostro mondo politico, perché non vuole saperlo, non vuole ammetterselo. Le ultime elezioni hanno avuto un solo vincitore morale, dunque: l’astensionismo.
Altri milioni di uomini e donne hanno eretto la propria testa offesa dalla parte formalmente giusta ma sostanzialmente sbagliata perché hanno votato, permettendo al male della politica italiana di offenderli ancora. Ma non è segno di buona salute mentale rispettare una società profondamente malata.
Yari Lepre Marrani