C’era una volta la pace in Europa
Al Meeting dell’Amicizia di Rimini un obiettivo condiviso all’unanimità: «Sicurezza e difesa sono priorità.
La prossima legislatura europea sarà costituente e questa non sarà una scelta. Diritto di veto o voto a maggioranza, politica estera e sicurezza energetica, difesa europea e Nato: la pandemia e soprattutto la guerra tra Kiev e Mosca impongono l’agenda agli europei, anzi la scrivono proprio. Al dibattito “Europa unita?
Nuove energie per il vecchio continente”, promosso dalla Fondazione per la sussidiarietà, la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, ieri, non poteva esser più chiara nel dire che «siamo obbligati dal contesto a ragionare di decisioni interdipendenti», a partire da una condivisione sempre più stretta della strategia della Nato. Chi si aspettava una risposta entusiastica alle parole del cardinale Matteo Zuppi, che ha aperto il 44° Meeting con l’accusa all’Europa di «fare troppo poco» per la pace è rimasto deluso. Da destra a sinistra, c’è un allineamento assoluto alle posizioni atlantiche. Ragion di Stato e di pagnotta, è chiaro, ma è questo il presupposto delle decisioni future.
Che sembrano andare tutte in una direzione sola: «Costruire la difesa europea rafforzando il ruolo dell’Ue all’interno della Nato» come ha dichiarato il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto. Sottolineando che questa scelta deve avere anche una declinazione industriale: «Dobbiamo evitare le sovrapposizioni, ma sul fronte dell’innovazione industriale si deve stare al passo coi tempi». E l’innovazione industriale in campo strategico e militare non è esattamente quella che vorrebbe papa Francesco. L’unico a insistere sulla necessità di ridefinire il rapporto tra Europa e Stati Uniti in quest’alleanza sempre più stretta è stato Massimiliano Salini, deputato europeo di Forza Italia, che a Rimini si è mostrato preoccupato di capire cosa finisca sotto il cappello della Nato. «Questo rapporto con Washington ha senso se non si riduce agli obiettivi militari. Ad esempio, a Camp David gli Usa hanno raggiunto un accordo con Giappone e Corea del Sud come reazione alla Cina.
Analogamente, il punto centrale per noi europei è riconcepire la relazione inevitabile che ricorre tra Usa e Ue per fare in modo che la politica militare non sia una negazione della nostra autonomia strategica ma solo un pezzo di una relazione più larga». Preoccupazioni geostrategiche in cui il disarmo non ha alcuno spazio. Non ce l’ha nel messaggio del presidente del parlamento europeo Roberta Metzola: «Sostegno incondizionato all’Ucraina, Paese che si batte anche per la difesa dei nostri valori fondamentali. Obiettivo è il raggiungimento della pace, ma la pace vera non può essere quella imposta da un aggressore».
Neanche nell’intervento di Fitto: «Non possiamo che esser sotto l’ombrello Nato» e «molte delle altre priorità sono sotto l’ombrello della sicurezza», compreso quello delle politiche migratorie. Secondo il ministro all’origine dei flussi ci sono anche «“operazioni” costruite ad arte per creare problemi». Fitto ieri ha richiamato la necessità di rivedere alcune scelte del passato, come quelle dell’indipendenza energetica, che oggi scontiamo come handicap, e di interrogarsi sull’opportunità di ulteriori allargamenti dell’Ue: «Non basta lanciare il cuore oltre l’ostacolo, ma anche chiedersi che capacità finanziaria abbiamo per realizzare questo allargamento».
Anche l’esponente del Pd ha ragionato sul rapporto tra Ue e Nato: «Io non penso che sia possibile immaginare la difesa dell’unione fuori dal contesto dell’alleanza atlantica e che non sia possibile immaginare il futuro della Nato senza un contributo operativo, strategico, finanziario sempre più convinto della Ue» ha detto la Picierno. Insomma, c’è ancora un anno per capire se il processo costituzionale che dovrà affrontare l’Ue sarà così pesantemente segnato dalla preoccupazione strategico-militare imposta dal conflitto, ma sicuramente, come ha sottolineato in apertura l’ex ministro Enzo Moavero Milanesi caldeggiando la revisione dei trattati, «l’Europa oggi è molto più debole che in passato».
Marcario Giacomo
Editorialista de Il Corriere Nazionale