I giovani e la politica due mondi ancora troppo lontani
di Vittorio Bilardi
Col passare del tempo, anche i giovani sembrano avere un rapporto conflittuale con la politica, specie se confrontati con i coetanei degli anni Cinquanta e Sessanta. Le ricerche più recenti hanno evidenziato come le attuali condizioni di vita possano influire sull’atteggiamento dei giovani rispetto alla politica, tant’è che in passato la politica era sinonimo di impegno civile e contestazione, attualmente possiamo notare tra i giovani un certo disinteresse e menefreghismo. Nel periodo della ricostruzione e del boom economico lo strumento per partecipare al mutamento del paese, appena uscito dalla dittatura e dalla guerra, erano i partiti, a cui i giovani si avvicinavano attraverso le sezioni e le parrocchie; luoghi dove si discuteva, si formavano le idee, si cresceva, si selezionavano i dirigenti del futuro. Molti degli attuali leader politici nazionali si sono formati in quegli anni nelle organizzazioni giovanili di partito.
I primi segnali del mutato rapporto tra i giovani e politica affiorano alla fine degli anni Sessanta. I partiti sono considerati troppo lenti nel recepire gli stimoli delle nuove generazioni. L’interesse per la politica, però, cresce, raggiungendo il culmine nel ’68 e negli anni immediatamente successivi, e manifestandosi attraverso assemblee infuocate, occupazioni e cortei. Negli anni ottanta si assiste a ciò che viene definito “riflusso”, e vuole descrivere il rapido allontanamento dei giovani dalla politica. L’attenzione si sposta sulla vita privata: studiare, lavorare, far carriera. I partiti, inoltre, provocano insofferenza per la lentezza dei tempi della politica. Ad ogni elezione aumenta il numero degli astenuti. E la distanza tra giovani e politica continua a crescere. Si nota un accentuato disagio tra i giovani, causato dalla mancanza di una classe politica dirigente capace ed affidabile. Le istituzioni appaiono ai giovani distanti ed incapaci di soddisfare le loro esigenze, e ciò li convince ad adottare un atteggiamento distaccato nei confronti della vita politica quotidiana.
I giovani sembrano non avere fiducia nella politica e nelle istituzioni, rinunciano a credere negli ideali che hanno accompagnato le generazioni precedenti, si sono ormai abituati a vedere la politica come un’entità che non gli appartiene e che va osservata a distanza. La politica giovanile è praticamente inesistente, e i pochi giovani che hanno degli ideali politici non vengono incoraggiati a portare avanti le proprie idee. Le promesse non mantenute, gli scandali, l’opportunismo, i giochi di potere, queste sono le ragioni per le quali regna lo scetticismo tra le nuove generazioni che sono diventate il soggetto escluso dalla politica.
Per questo è necessario, invece, un tipo d’educazione completamente diverso, che abitui le persone, fin dai primi anni della propria vita, a porsi in relazione con gli altri. Questo è certamente un primo passo per far comprendere, in seguito, l’importanza della politica come strumento di aiuto alla collettività. Devono essere i giovani a cambiare la politica, e non la politica a cambiare i giovani.