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“Pills of COMMON GOOD”: recensione instant book

      Associazione FareRete BeneComune, InnovAzione Aps Onlus (**)

RECENSIONE

Presentazione dell’Instant-Book

 Pills of COMMON GOOD” OSSERVATORIO DEL BENE COMUNE PER LO SVILUPPO DEL WELFARE DI COMUNITÀ: RICONOSCERE, INTERPRETARE E AGIRE LO SVILUPPO DI COMUNITÀ”

05.05.2023

di Annarita Innocenzi

 

Il testo “Pills of Common Good” Osservatorio del bene comune per lo sviluppo del Welfare di comunità – Riconoscere, interpretare e agire lo sviluppo di comunità – Book Sprint Edizioni

Associazione Fare Rete Innovazione Bene Comune APS – a cura di Rosapia Farese ) è  davvero prezioso.

Affronta infatti un tema che è divenuto, oggi come non mai, improcrastinabile, che è

essenziale affrontare se si vuole far sopravvivere una comunità umana in cui uomini e donne siano in grado di costruire insieme il loro futuro all’interno di una realtà complessa e in perenne divenire che pone continue sfide.

La questione non può essere limitata né circoscritta a singoli aspetti – pena l’incapacità di cogliere l’afflato onnicomprensivo e olistico inevitabilmente sotteso ad un’analisi di tale portata.

Al tempo stesso però l’efficacia di qualsivoglia intervento sul piano operativo deve essere orientato, prima, e valutato, poi, in un costante monitoraggio, nelle singole aree settoriali e territoriali.

Così in questo testo si interrelano interventi vasti e circostanziati, attinenti a specifici settori, provenienti da specialisti delle varie discipline. Essi tuttavia hanno la caratteristica di adottare e mantenere un’ottica comune, ottica che costituisce davvero il punto di forza della pubblicazione, accanto a un altro innegabile pregio che è quello di far riferimento al ricco mondo esperienziale di cui ogni autore è portatore, un mondo vario che accoglie la diversità come ricchezza e di cui l’autore stesso si fa testimone, attento e discreto osservatore di uno specifico tessuto umano e sociale.

Lo scopo del testo è presto detto: consiste nel creare un progetto multimediale orientato al bene comune che si proponga di tracciare una rete di relazioni, un interscambio fecondo tra cittadini e istituzioni onde promuovere modelli e proposte di sviluppo sociale, di promozione del benessere collettivo mediante la cultura della cittadinanza, inscindibilmente connessa al ruolo attivo dei cittadini all’interno della comunità di appartenenza.

Il progetto vuole anche concentrarsi concretamente sulla promozione e valutazione dell’efficacia delle azioni individuali e collettive onde sviluppare la cultura del bene comune. A questo fine è stato costruito un Osservatorio per rilevare i bisogni del territorio e allo stesso tempo promuovere una riflessione critica intorno ai temi della convivenza tra persone e gruppi diversi.

Constatata l’insufficienza degli attuali strumenti di rilevazione ed intervento sia nel campo politico che in quello sociale ed economico il progetto sottolinea l’esigenza di proporre e “percorrere strade con innovative forme di impegno civico “che sappiano davvero attivare le norme programmatiche della nostra Carta Costituzionale, quali ad esempio il diritto di ogni cittadino di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica della Nazione” (art. 49Cost.).

Ciò nella consapevolezza che non è certo il diritto di voto ad esaurire l’impegno politico del cittadino e a garantire le possibilità di creare una società migliore in grado di promuovere il benessere individuale e collettivo.

Ciò soprattutto nel delicato campo della salute: si muove dalla fondamentale constatazione che il livello di salute è determinato in massima parte al di fuori del settore della sua cura sanitaria e sempre di più all’interno della comunità e del bene comune dove le persone conducono la propria vita quotidiana e dove le azioni per la salute dovrebbero spingersi oltre il livello individuale, dove le norme sociali possano dare forma a comportamenti virtuosi.

La validità innegabile e preziosa del testo in parola e della proposta che sostiene è soprattutto nello stimolo potente fornito a un impegno personale, sociale, politico, associativo che chiama ognuno di noi a un’azione responsabile, orientata alla condivisione.

In questa ottica l’attività associativa del terzo settore è fondamentale onde ricostruire quei corpi intermedi che la politica attuale sembra aver accantonato creando una perniciosa separazione tra il governo della collettività e il cittadino, tra gli interventi istituzionali e il sentire, le esigenze, le aspirazioni del singolo o della comunità-

Gli organismi, le associazioni, i centri, le attività di volontariato sono linfa vitale di un’autentica democrazia, orientata al benessere degli individui e capace di recepire e soddisfare i bisogni concreti del territorio.

Scrive al riguardo Giuseppe Morelli: “La vita di una Nazione e i processi di partecipazione democratica alla vita di una Nazione che connotano e tracciano la validità di un popolo di essere protagonista piuttosto che suddito. … quindi capace di esercitar la sovranità costituzionalmente sancita, si fondano sulla Responsabilità della Società Civile articolata in

Comunità Familiari, Comunità Elettive, Corpi Intermedi che agiscono vivono ed operano a livello territoriale in un ambiente dato, facendo sistema e generando un contesto. Pertanto, non si dà sviluppo senza coscienza di popolo che esercita la propria responsabilità a livello territoriale (cittadinanza) in maniera democratica (assieme ai concittadini) in vista del Bene Comune di tutta la collettività (cittadinanza) . . . “( ivi, pg. 118).

Sulla base di tali premesse, il testo propone, per bocca della Dr.ssa Rosapia Farese, Presidente dell’associazione FareRete InnovAzione BeneComune, una nuova sanità “ che guardi ai bisogni delle persone, realmente vicina all’individuo”.

In relazione a ciò la Dr.ssa Rosapia Farese caldeggia perciò un’offerta sempre più di

prossimità mediante l’estensione dell’assistenza domiciliare e un’integrazione più efficace tra la rete ospedaliera aziendale, attraverso la presenza di strutture intermedie e tecnologie avanzate.

La via da percorrere è dunque quella, invocata da tutti gli intervenuti al convegno, di ricercare, attraverso l’unione di generativi, la costruzione di un metodo che si fondi sulla ricerca delle buone pratiche e su queste basi riconosca ed esalti la dignità del lavoro e delle relazioni nell’ambiente di lavoro. Le buone pratiche devono dunque guidare le nostre azioni, in particolare quelle orientate a promuovere la dignità del lavoro, dignità su cui si fonda l’intero impianto costituzionale:

Il diritto al lavoro non solo è ricordato nei Principi Fondamentali e all’interno di svariate disposizione della nostra Carta ma costituisce la base, il pilastro su cui tutta la nostra istituzione politica, sociale ed economica si fonda: si tratta del tessuto connettivo della nostra Nazione ( cfr. Prof. Leonardo Becchetti, ivi, pg. 105) .

Dignità dell’uomo che diviene, dunque, in questo ampio ed argomentato studio, il cardine, il comun denominatore di ogni intervento, di ogni relazione, di ogni proposta.   Si tratta di dignità del lavoro e dunque emergono aspetti essenziali che ne garantiscono l’attuazione come la qualità delle relazioni

nell’ambiente di lavoro in rapporto alla produttività/competitività ma anche, ed inevitabilmente, al senso del vivere. Proporre dunque la dignità umana importa certamente la costruzione di un modello operativo, lo stimolo continuo ad una cittadinanza consapevole, attiva, responsabile che si muova nella logica dell’economia civile e di una politicità partecipativa e condivisa.

Il forte richiamo alla riaffermazione della dignità umana si muove naturalmente in sintonia alla riappropriazione dei valori, di quei valori che si ergono proprio sul sostrato dell’umana dignità e che, allo stesso tempo, di essa costituiscono il baluardo Irrinunciabile.

Nel contesto di una tale riscoperta Tonino Cantelmi ci mette in guardia nei confronti del fenomeno della Tecnoliquidità, neologismo che nasce dalla fusione della liquidità di Bauman con la rivoluzione digitale e che ci consegna un mondo nel quale la solidità dei rapporti umani sembra vanificarsi e perdere di significato, in un ambiente in continuo mutamento, fatto di relazioni molteplici ma fuggevoli, evanescenti, incapaci di costruire una relazione di responsabilità, di rispetto, di apprezzamento, di accettazione dell’alterità, di ospitalità della diversità come ricchezza.

In un tale contesto l’uomo si espone al differimento di senso, allo smarrimento della propria identità, del senso del proprio vivere che non può non avere una radice sociale e politica come ci ricordano sapientemente Aristotele e Tommaso d’Aquino.

Di fronte alle incertezze valoriali dell’attuale società post-moderna il sistema sociosanitario ha il compito fondamentale di prendersi cura della persona nel suo complesso, far sì che il paziente non sia solo una risonanza magnetica. E’ importante riacquistare l’efficacia dei legami nella malattia. Per raggiungere questo obiettivo il percorso da intraprendere è l’umanizzazione delle cure” ( Ivi, T- Cantelmi, pg. 77)

Due temi, questi, umanizzazione e dignità, delle cure, del mondo del lavoro, di quello della scuola, di ogni relazione sociale all’interno dei corpi intermedi e degli Enti istituzionali che appaiono davvero basilari per l’edificazione di un progetto condiviso di promozione sociale.

Comune a tutti gli interventi raccolti nel testo in argomento, è un aspetto saliente, più o meno evidenziato, ma sotteso a tutte le varie e ricche riflessioni, portatrici di esperienze preziose e di  adeguate impostazioni critiche.: si tratta di una questione prettamente metodologica che emerge sulla superficie del mare magnum degli Enti pubblici preposti alla realizzazione dell’interesse collettivo.

Rileva la mancanza di un metodo rigoroso, di un monitoraggio costante di analisi degli effettivi bisogni sociali che condiziona pesantemente la realizzazione di opere, attività, azioni orientare al soddisfacimento delle istanze collettive.

In questo senso e su questo piano si muove l’Osservatorio del Bene Comune che ha ben chiara l’impostazione teleologica del suo proporre ed agire: un contatto continuo, una fitta rete di correlazioni, deve guidare ogni intervento destinato a soddisfare le richieste avanzate dai cittadini che si muoverà con efficienza, efficacia e tempestività, senza mai dimenticare il proprio indirizzo e partendo sempre dal basso. Privilegerà dunque un metodo induttivo, sia sul piano dell’osservazione concreta delle necessità che su quello della diretta e pratica espressione

della voce di un cittadino conscio del proprio ruolo e protagonista all’interno della comunità di appartenenza, sia sul piano politico che su quello sociale ed economico.

Una sorta di ‘cordone ombelicale’ dovrà dunque unire cittadino ed Ente pubblico, con l’obiettivo primario di ricostruire una solida rete di relazione nella quale il singolo si senta non solo ascoltato, ma protagonista del proprio dire, agire ed invocare interventi di carattere collettivo.

Nella rivendicazione di una vissuta umana dignità, di una rinnovata centralità dell’uomo che sappia soffocare le istanze economiche neo-liberiste tese alla mercificazione dell’individuo e all’accumulazione delle ricchezze, per volgersi verso l’altro, un’arma semplicissima ma davvero efficace e capace di vincere ogni resistenza egoistica sembra essere costituita, sorprendentemente, dall’esercizio della virtù della compassione.

Scrive al riguardo il Prof. Tonino Cantelmi: “Accudire se stessi e il prossimo in modo compassionevole, essere, quindi, sensibili alla propria e altrui sofferenza con un profondo impegno per cercare di prevenirla e alleviarla” ( ibidem)

 Tonino Cantelmi si riferisce nello specifico al settore sanitario ma forse non è utopistico ritenere che un percorso relazionale e sociale improntato a tale valore potrebbe divenire principio ispiratore di ogni intervento sull’uomo e sulla comunità di riferimento. Potremmo infatti pensare che altro punto cardine emerso dalla raccolta dei molteplici e significativi interventi del testo in argomento, anche

se non sempre esplicitamente palesato, possa essere costituito proprio dall’esercizio della virtù della compassione che, applicata ad ogni campo delle umane relazioni, potrebbe divenire colonna portante di una fitta rete di rapporti comunitari costruttivi, creativi, risolutivi.

Per definire la compassione e valutare se sia possibile adottarla come paradigma costante della varietà dei contatti sociali, facciamo riferimento alla definizione che ne dà Cantelmi. “ In psicologia la compassione è definita come processo cognitivo, affettivo e comportamentale costituto da cinque elementi che si riferiscono sia alla compassione verso gli altri, sia alla compassione verso se stessi:

1) riconoscere la sofferenza;

2) comprendere l’universalità della sofferenza nell’esperienza

umana;

3) provare empatia per la persona che soffre e connettersi con l’angoscia ( risonanza

emotiva);

4) tollerare i sentimenti spiacevoli suscitati in risposta alla persona sofferente, rimanendo così aperti e accettando la persona sofferente; 5) essere motivati ad agire per alleviare la sofferenza.” (ibidem)

 

Ritengo che l’invito espresso a adottare la compassione come guida nel contesto della cura della persona e della sanità possa estendersi alla varietà delle umane relazioni così da indurci ad un rapporto che nella vicinanza reciproca, nel rispettivo riconoscimento ci induca a ‘farci altro”, a condividere, a riconoscersi nel compagno di vita, nell’amico, persino nello sconosciuto che si incontra sulla propria strada.

 

Guidati dalla stessa radice etimologica del termine “compassione” rispecchiamoci in colui che cammina sulla nostra strada, diveniamo quel Buon Samaritano che non si chiede chi sia il malcapitato che incrocia, ma agisce “connettendosi con la sua sofferenza, con la sua angoscia”.

 

Forse sarà proprio una relazione improntata alla compassione a promuovere il diritto alla felicità, massima aspirazione dell’uomo, garanzia di un profondo stato di benessere.

Tuttavia, la felicità cui ci riferiamo non dovrà mai perdere il suo tessuto valoriale da cui trarrà origine e linfa vitale.

Non sarà dunque quella intesa da Democrito come “proporzione di vita e misura del piacere”, ma piuttosto quella di voluta da Aristotele come “attività dell’anima conforme a virtù”

Annarita Innocenzi

Docente di Filosofia e Diritto Costituzionale

Avvocato presso il Foro di Roma

Autrice di varie pubblicazioni sul ruolo dello Stato nel pensiero politico e di filosofia politica

Docente di economia politica e scienza delle finanze

ASSOCIATO di FareRete Innovazione il Bene Comune il benessere e la salute in un mondo aperto a tutti Michele Corsaro

 

(**) L“Associazione FareRete – Innovazione Il Bene Comune – Il Benessere e la Salute in un Mondo Aperto a Tutti – Michele Corsaro” – Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale ha sede in Roma “c/o Studio Catallozzi”  – Via Bevagna 96 00191 Roma ”sede operativa Via Anagnina. 354 – 00118 Roma I suoi riferimenti sono: E-mail: fareretebenecomune@gmail.com e sito ufficiale: www.fareretebenecomune.it

 

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