Pensando ad Aldo Moro
L’Opinione di Roberto Chiavarini
Il 16 marzo del 1978, a Roma, in via Fani, i terroristi delle brigate rosse rapirono Aldo Moro, il Presidente della Democrazia Cristiana, assassinando ferocemente i cinque componenti della sua scorta.
Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino, questi i nomi dei cinque uomini di scorta, sacrificarono la propria vita per proteggere lo statista democristiano.
Poi barbaramente ucciso il 9 maggio di quello stesso anno.
Oggi, 9 maggio 2023, ricorrono i 45 anni da quella barbara esecuzione e ritengo giusto ricordare quella che è stata, sicuramente, una pagina drammatica della storia democratica del nostro Paese che il suo Popolo (quello migliore) non dimenticherà mai, essendo costantemente un tema di citazioni e di riferimenti contemporanei.
E a questo proposito, anch’io ho fatto ricorso alle parole pronunciate pubblicamente dall’On. Aldo Moro, quando nei giorni scorsi, ho assistito ad una trasmissione televisiva di alto spessore intellettuale .
Il Conduttore, calmo e pacato nel suo eloquio forbito e colmo di “Alta” cultura, (dice sempre le stesse cose ed utilizza sempre gli stessi inusitati vocaboli, si ritiene un Dio in terra, anche se il tempo ha segnato il suo volto, determinando meschinamente il suo passaggio pro tempore in questa vita) ha posto al suo interlocutore (del suo stesso stampo), più o meno, questa domanda:
“Dottore, quando arriva il momento delle elezioni, cosa prova a vedere che il suo voto vale quanto quello di chi non ha il suo stesso livello culturale e/o i suoi stessi studi?”.
Qui, il “Dottore”, è diventato reticente, salvo poi a balbettare, per finire col dire ed ammettere: “Ebbene si, soffro un po’”.
A quel punto , non ho potuto fare a meno di ripensare ancora una volta a Giuseppe Di Vittorio, (Cerignola, 11 agosto 1892 – Lecco, 3 novembre 1957), che ho citato recentemente in un altro mio articolo (e, dunque, chiedo scusa ai miei lettori se faccio ancora una volta riferimento a Di Vittorio), il quale è stato un sindacalista, un politico, uno statista e antifascista italiano. Fra gli esponenti più autorevoli del sindacato italiano del secondo dopoguerra, a differenza di molti altri sindacalisti, non aveva origini operaie ma contadine, nato in una famiglia di braccianti, il gruppo sociale più numeroso alla fine dell’ottocento in Puglia, ed aveva solo la terza elementare.
Quindi, ho deciso di esercitare il mio massimo potere consentitomi dalla moderna tecnologia.
Ho preso il telecomando ed ho cambiato canale.
Che soddisfazione!
Non so quanti abbiano visto quel programma televisivo, il cui concetto espresso dai due intellettuali presenti in Studio, è divenuto un luogo comune tra gli intellettuali radical-chic, ciò nonostante, voglio ricordarvi di quale rispetto avesse, diversamente, l’On. Aldo Moro dell’elettorato (di qualsiasi forgia e di qualsiasi classe sociale) e del suo voto.
Nel 1977 l’On. Aldo Moro, uno dei più grandi Statisti di tutti i tempi, enunciò questo straordinario messaggio:
“Non è importante che gli uomini pensino le stesse cose, che immaginino e sperino lo stesso identico destino, ma è invece straordinariamente importante che […] tutti abbiano il proprio libero respiro, tutti il proprio spazio intangibile, nel quale vivere la propria esperienza di rinnovamento e di verità, tutti collegati l’uno all’altro, nella comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo”.
Questo lo straordinario messaggio che ci ha tramandato uno dei più grandi statisti del nostro Paese, Aldo Moro, per come riportato, nel 1977, dal quotidiano “Il Giorno”:
Un messaggio “ecumenico”, di riconoscimento “dell’altro”, dell’altrui diritto a pensare diversamente: «Fra i compiti che noi abbiamo, noi partiti, noi partiti democratici soprattutto, è la difesa della Libertà», affermava nel 1964 al Congresso Nazionale di Roma della DC.
«La dialettica cittadino-Stato è ineliminabile», sosteneva Moro in un’assemblea della Democrazia Cristiana tenuto a Sorrento nel 1965.
Personalmente, penso che non sia assolutamente necessario, che un cittadino debba avere la stessa preparazione scolastica e didattica di quei due personaggi televisivi (ammesso e non concesso che ne siano realmente dotati, non tanto dal punto di vista grammaticale che pure non mi sembrava eccelso), perché, come sosteneva Aldo Moro, l’elettore, prima delle elezioni, deve scegliere la migliore proposta politica e deve autorizzare il politico di turno a metterla in atto, attraverso il suo voto di consenso che risulti, infine, unitamente agli altri voti, maggioranza nel paese.
Punto.
Nulla ci impedisce di aprire quei nostri inutili occhi chiusi, che preferiscono non vedere ciò che sta accadendo da oltre 40 anni intorno a noi.
Nulla ci può essere imposto.
Prima che sia troppo tardi.
Diceva Aldo Moro: Si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà.”
ROBERTO CHIAVARINI Opinionista di Arte e Politica
Sentitissimi complimenti al Dr. Roberto Chiavarini e un grazie di cuore per questa bella lezione di DEMOCRAZIA.
Condivido il suo pensiero. Da giovane ho fatto esperienza in un partito della sinistra che, al momento delle elezioni degli organi interni e delle assemblee elettive, esigeva
anche la presenza di operai, contadini, disoccupati , donne notoriamente non in possesso di titoli accademici ma conoscitori delle esigenze di queste componenti sociali . Continuo a pensare che questa sia la cosa giusta da fare per difendere la democrazia.
Cordiali saluti