La Tunisia, più vicina di quanto pensiamo, preziosa alleata per l’Italia
di Maria Angioni
Conosciamo veramente la Tunisia? La Tunisia non è soltanto la nazione da cui partono le barche dei migranti clandestini
In questi mesi gli sbarchi, e, purtroppo, i naufragi di imbarcazioni precarie con a bordo numerosi extracomunitari privi di visto e di permesso, diretti verso le coste italiane, stanno aumentando esponenzialmente.
Da fonti del Ministero dell’Interno, risulta che dall’inizio del 2023 ad oggi i clandestini sbarcati sulle nostre coste sono stati addirittura 26.927, mentre nel corso dell’intero 2022 erano stati 6543: chiaramente si tratta di una situazione esplosiva.
Le ondate migratorie sono rilevanti, e non si può pensare di fronteggiarle semplicemente facendo muro, rispedendo indietro o bloccando uomini donne e bambini che desiderano vivere, lavorare e studiare nel nostro Paese.
Occorre sicuramente una regolamentazione degli arrivi, che consenta però di allentare la pressione alle frontiere con la previsione di quote-flussi ben più ampie di quelle che sono state approvate dall’Italia negli anni scorsi, e che tengano conto fra l’altro delle nostre sempre crescenti esigenze di manodopera: secondo gli ultimi dati Unioncamere-Anpal, quasi la metà delle risorse lavorative che sarebbero necessarie è infatti di difficile reperimento in Italia, questa è la realtà.
A fianco alle quote-flussi, è però anche indispensabile mantenere e rafforzare i rapporti economici, culturali e sociali con gli Stati africani da cui partono i barconi e le barche dei clandestini, perché questo è il solo modo per poter controllare, monitorare e dirigere il fenomeno.
Non possiamo guardare all’Africa come un mondo sconosciuto, uniforme e tutto sommato pericoloso, senza approfondire, senza studiare, senza gettare ponti di partecipazione e comunicazione, soprattutto e in prima battuta con gli Stati del Maghreb, i più vicini a noi, e proprio quelli dai cui porti salpano le carrette del mare.
Conosco bene, in particolare, la Tunisia, perché vi abito con la mia famiglia da un po’ di tempo, viviamo tra Tunisi, Hammamet e Sousse, e ci sentiamo ormai di casa.
Siamo riusciti a ottenere tutti il permesso di soggiorno, l’automobile ha la sua nuova immatricolazione e la nuova targa, sappiamo a chi rivolgerci quando abbiamo bisogno del medico e del farmacista, sappiamo come muoverci e districarci fra le banche, gli uffici comunali, la dogana, e la Recette de Finance.
Ciò però che ci ha più colpito é la vicinanza e somiglianza fra la Tunisia e l’Italia, al di là dei luoghi comuni, delle bufale e dei pregiudizi, al di là della differente religione, al di là del diverso continente. Le persone qui ci sorridono, ci trattano bene, chiacchierano e sono gentili (salvo quando guidano un veicolo, ma questo é un altro discorso), si fanno amicizie. Ognuno si sforza di parlarci in italiano, e noi siamo in grado di parlare e comprendere il francese, che in quanto seconda lingua ufficiale ci permette di barcamenarci benissimo, in attesa di superare il primo gradino elementare dell’arabo/tunisino.
Tanti Italiani vivono, come noi, in Tunisia, sono addirittura 7.000 quelli che abitano nella sola Hammamet, una bella cittadina costiera che attrae soprattutto i nostri pensionati.
Abbiamo per ora incontrato soltanto donne forti e autonome, la gran parte delle quali senza velo, al massimo portano il fazzoletto che ancora le anziane esibiscono nei nostri paesi italiani. Pochissime, e per lo più in età avanzata o molto povere, quelle che indossano burqa e niqab.
Nessun gesto o atteggiamento di insofferenza verso gli stranieri, o i cristiani, ci é stato finora indirizzato. Stiamo insomma vivendo in un contesto normale, con niente di eccezionale o strano attorno a noi.
Non è un paradiso, naturalmente, perché i problemi ci sono.
Il debito pubblico della Tunisia è elevatissimo, ed è cresciuto molto negli ultimi anni, passando dai 104,3 miliardi di dinari nel 2021 a 114,8 miliardi nel 2022 (+10,1%) secondo i risultati provvisori del bilancio dello Stato alla fine del mese di dicembre 2022.
Attualmente la Tunisia attende e spera nell’aiuto economico del Fondo Monetario Internazionale, dell’Unione Europea, e anche dell’Italia, aiuto che è legato al livello di adesione alle istanze di allineamento ai requisiti minimi di democrazia interna, rispetto dei diritti umani, e naturalmente di collaborazione nella gestione e nel controllo delle partenze.
Staremo a vedere, nella speranza che l’Italia non chieda alla Tunisia soltanto di fermare i migranti, ma anche di collaborare alla formazione e selezione delle professionalità necessarie alla nostra economia, invitandole trasferirsi al pari di quanto fanno da anni altre Nazioni, prima fra tutti il Canada che ha attivato nella terra di Annibale una rete di istituti scolastici di ogni livello, oltre che di agenti reclutatori, che aprono la strada ai giovani interessati ad espatriare.
La Tunisia é una Nazione che costruisce ancora tanto, in crescita si direbbe stando al numero e all’estensione dei cantieri edili, e all’enorme numero di scuole, pubbliche, private, internazionali, francesi, statunitensi, inglesi, canadesi…e c’è anche una scuola italiana, una sola (c’è anche la Scuola Don Bosco dei padri Salesiani, in verità, ma l’insegnamento è offerto in lingua arabo/tunisina).
L’agricoltura é fiorentissima, orti, vigneti, frutteti e oliveti dappertutto, era tempo che non mangiavo pomodori così buoni: però leggendo i quotidiani locali si apprende che la stragrande maggioranza dei contadini lavora senza contratto scritto e senza tutela previdenziale, come d’altra parte la maggioranza dei lavoratori domestici: e questa è sicuramente una delle cause dell’estrema povertà di tante sacche di cittadini tunisini, che spinge molti a partire.
L’Ordinamento penale tunisino prevede purtroppo ancora la pena di morte, anche se fino ad ora la sanzione capitale non é stata eseguita, da quando a partire dal 1991 é stata osservata al riguardo la moratoria internazionale, che speriamo continui a trovare applicazione.
Poichè la Tunisia dipende in larga misura dalla Russia e dall’Ucraina per l’approvvigionamento di grano, la guerra fra queste due Nazioni ha causato forti problemi economici, con conseguente aumento dei prezzi; in qualche caso, inoltre, gli scioperi degli addetti al lavoro hanno causato la quasi scomparsa dagli scaffali dei negozi di alcuni beni alimentari, come il latte non lavorato, anche se sembra che ormai sia tornata la normalità.
Molti uffici pubblici, comprese le banche pubbliche, funzionano in modo farraginoso, con grande impiego di documenti e dossier cartacei, ed una informatizzazione carente.
La gestione della raccolta e del trattamento dei rifiuti é deficitaria, e questo problema è collegato anche a quello del randagismo canino e felino, aggravato quest’ultimo dalla presenza della rabbia animale endemica.
Quando però il visitatore entra al museo archeologico di Sousse, che ospita una collezione di mosaici romani pressochè intatti, e di grandi dimensioni, tale da fare vacillare i visitatori, e da fare impallidire qualunque altra collezione europea; quando il turista percorre le stradine tortuose e colorate delle Medine, si trova davanti la mole imponente del Ribat di Monastir, di fronte al mare e al porticciolo pieno di natanti, quando arriva a Nabeul, cittadina per molti versi caotica, che si chiamava Neapolis fino a due millenni fa, quando va a fare la spesa e viene fermato da un signore chiacchierone che non vede l’ora di poter parlare in italiano a un Italiano, si rende conto che i Tunisini sono nostri fratelli, e la loro storia è molto vicina alla nostra storia.