Emigranti una tragedia infinita: chi è annegato aveva il sacrosanto diritto di essere salvato ed accolto
Non è con l’alzare muri che si governa la questione dei migranti. Non è con il buonismo né con il pacifismo ma essendo «operatori», tanto meno puntando subito il dito verso il mondo dell’umanitario perché «questo vuol dire avvelenare le fonti». “Il fenomeno delle migrazioni va governato, ma questo significa fare delle scelte».
Lo ha dichiarato senza mezzi termini e con la massima determinazione il presidente delle Cei cardinale Matteo Zuppi nel corso del dibattito organizzato dal Consiglio italiano dei Rifugiati (Cir) CHE si svolge a Roma dal titolo Fr atrlli i Tutti – Migrazioni più umane, così come aveva fatto anche al mattino parlando di una questione migranti che «crescerà e richiede scelte consapevoli ed europee». Non va dimenticato, spiega nell’auditorium della parrocchia di Santa Chiara il presidente della Cei, che «quelli che sono affogati avevano diritto, diritto ad essere accolti, scappavano da una guerra, la maggior parte di loro probabilmente erano afghani.
Quindi bisogna cercare di fare in modo che i rifugiati siano trattati come tali, hanno il diritto di essere esaminati. La sfida, conclude il cardinale Zuppi, è chiedersi «la stessa domanda che si è posta il Papa: abbiamo fatto tutto il possibile per la pace?». Chi parte, aggiunge, «ha il fuoco dietro e si butta nell’unico spazio aperto davanti». Un concetto ricordato anche dall’Osservatore romano in un editoriale di prima pagina dal titolo La marcia indietro dei diritti umani: «Chi lascia il proprio Paese lo fa perché non ha alternative, perché la sua stessa vita è a rischio».
Governare le migrazioni, infatti, è nell’interesse di chi parte e di chi accoglie. Una delle responsabilità dell’Europa, è stata quella di far passare l’idea che «meno siamo e meglio stiamo, di chiuderci nel nostro mondo recintandolo. La pretesa dell’autosufficienza non è la salvezza ma la morte». Ecco perché la sfida che l’Europa ha davanti è tornare ad esportare «l’idea di sé che ha mostrato per anni e che fa mettere le persone in cammino, cioè che qui c’è un laboratorio pacifico di integrazione». Per questo va difeso il lavoro del Cir e delle Ong, non ci si può abituare ai naufragi ridotti «a cronaca nei Tg, a rumore di fondo». Le migrazioni ormai sono «un fenomeno strutturale», dice il responsabile del Cir Roberto Zaccaria, sottolineando che «non è possibile avere migranti di serie A, gli ucraini, e di serie B».
Le migrazioni ci interpellano come uomini e come Chiesa, sottolinea poi il parroco di Santa Chiara, monsignor Andrea Manto, ma è «un cammino che richiede una conversione del cuore e dello sguardo, prima che culturale e di leggi». Quello che va cambiato innanzitutto, dice il giornalista Antonio Padellaro, «è il linguaggio, dobbiamo affrontare il problema, il percorso lo indica la Fratelli tutti». Non bisogna difatti dimenticare, conclude il demografo Massimo Livi Bacci, che «c’è un rinnovo sociale attraverso le migrazioni, in Europa è un quinto. il che non è poco”
Giacomo Marcario
Editorialista de “Il Corriere Nazionale”