Interviste & Opinioni

Migranti. Sono ancora tanti i punti oscuri del naufragio di Cutro, gli avvistamenti, gli Sos

Nessuno ha voluto salvarli. Una strage voluta dalle istituzioni. La grande vergogna.

L’inchiesta sullo schianto dell’imbarcazione partita che è costata la vita ad almeno 64 persone. Un superstite: «Alle 4 di mattina gridavamo help dal barcone, sperando nei soccorsi, nessuna risposta. 

«Già vedevamo la costa, quando ho sentito un forte urto sul fondo dell’imbarcazione. In un attimo, la barca si è spaccata e siamo finiti tutti in acqua…». Lo sguardo di Mohammad, lo chiameremo così, è ancora fisso nel vuoto. A molte ore dal naufragio a 150 metri dalla battigia, davanti a Steccato di Cutro, questo ventenne siriano non si dà pace. Lui è vivo, ma suo cugino forse non più. E la sua mente non smette di ripercorrere quegli attimi di terrore collettivo, quando – domenica all’alba – il vecchio caicco proveniente da Smirne con 180 migranti a bordo ha sfiorato gli scogli con la chiglia e si è disintegrato in mille pezzi. «Nel caos non ho capito più cosa stesse accadendo – ha raccontato ai soccorritori, con la voce incrinata -. Io e mio cugino eravamo aggrappati a un pezzo di legno, ma lui ha perduto la presa ed è finito in mare. L’ho perso così…». Quasi senza sapere perché, Mohammad si è ritrovato fra i salvati, il suo amato cugino fra i sommersi.

E per tante famiglie, è stato così. L’indagine – avviata nelle scorse ore per omicidio colposo, naufragio colposo e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – ha portato finora al fermo di tre presunti scafisti: un turco e due pachistani, uno dei quali minorenne, rintracciati nel Centro richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto, dove erano stati portati dopo lo sbarco insieme ad altre decine di superstiti (mentre 21, più provati, sono stati ricoverati in ospedale).Secondo i primi accertamenti, i tre «avrebbero richiesto ai migranti, per il viaggio di morte, circa 8mila euro ciascuno».

I fermi sono stati fatti da Carabinieri, Guardia di finanza e squadra mobile della Polizia, in esecuzione di un decreto del procuratore di Crotone, Giuseppe Capoccia. L’indagine è incentrata sul naufragio del barcone e non sulla catena dei soccorsi, precisa Capoccia, ma non mancherà di analizzare la gestione delle operazioni: dal primo avvistamento del barcone, partito da Smirne a metà settimana, effettuato da un aereo dell’agenzia Frontex, fino all’intervento dei mezzi di soccorso italiani, due vedette della Guardia di Finanza, che però, per il mare troppo grosso, sarebbero poi tornate indietro: «Stiamo vedendo di ricostruire la catena dei soccorsi ma non ci sono indagini su questo – puntualizza Capoccia-. Stiamo ricostruendo tutti i passaggi dall’avvistamento in poi, per comprendere cosa è stato fatto e confrontarlo con ciò che si doveva fare».

Fra i misteri da verificare, pure una presunta telefonata internazionale che sarebbe giunta poco prima del naufragio al Comando del Gruppo aeronavale della Gdf, in un inglese stentato. Un Sos che l’intuito degli operatori sarebbe riuscito a decrittare, innescando un allerta per le unità di terra nella zona vicina al luogo del naufragio.  Di sicuro le condizioni del mare erano terribili», osserva il procuratore, che non entra in polemiche ma segnala come «qui mancano uomini e mezzi alle forze dell’ordine.

Il governo dovrebbe capire che sarebbe necessaria impostare in modo diverso le strutture». In estate, racconta ancora Capoccia, «abbiamo 3 sbarchi la settimana. La fascia ionica calabrese dovrebbe essere il fiore all’occhiello per questo tipo di interventi, ma ciò non avviene per mancanza di uomini e mezzi. Bisogna attrezzare questi uffici. Siamo una piccola provincia che regge uno scontro che dovrebbe riguardare l’Italia ma anche tutta l’Europa». Si trattava di uno dei tanti viaggi della speranza sulla rotta turca, la più battuta dai migranti provenienti dal Medio Oriente. Come un 23enne afghano che chiameremo – ha detto a chi lo ha interrogato -. Poi un’onda molto forte ci ha fatto affondare. Io stavo in coperta, ma molti erano nella stiva e sono andati subito giù». Anche Ahmed, come tanti altri, da domenica è silenzioso e fissa lo sguardo in direzione del mare. La vita, dopo l’orrore.

Fra le vittime, c’è una bimba senza nome, identificata con la sigla Kr14f9: «Un simbolo drammatico e commovente dell’immane tragedia di Steccato di Cutro, che pesa come un macigno sulla coscienza di tutta l’Europa. Chiederemo di poterla seppellire nel nostro cimitero», dice il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita che, con molti altri primi cittadini, si è messo a disposizione per la tumulazione delle salme, al momento riunite nel Palamilone di Crotone, dove oggi è prevista l’apertura della camera ardente. Ieri, davanti all’edificio si sono radunati molti crotonesi, con in mano una fiaccola accesa e un groppo in gola. «Sono qui per solidarietà con quei bambini come me, quelli morti e quelli sopravvissuti. Mi viene da piangere», sussurra la piccola Matilde, 13 anni e un cuore grande come quello dei suoi concittadini. In molti, a sera, si sono commossi nell’apprendere che, fra le tante famiglie smembrate dal naufragio, una si è ricomposta: «I vostri figli sono ancora vivi», ha detto la Croce rossa a una mamma e a un papà afghani, disperati. «Sono ricoverati in ospedale ma non in gravi condizioni. Stanno bene e sono vivi». I due si sono abbracciati piangendo.

Ora li attende una speranza di vita nuova, dopo essere scampati alla morte. Dopo la segnalazione di Frontex, sono intervenute due motovedette della Guardia di finanza. Si è trattato di un’operazione di polizia contro l’immigrazione irregolare. Ma i due mezzi non hanno potuto raggiungere il barcone.
La Guardia costiera, che solitamente interviene in operazioni simili in alto mare, questa volta si è mossa solo dopo il naufragio per recuperare i morti e soccorrere le persone. Le responsabilità diverse di due soggetti differenti non hanno garantito l’efficacia delle operazioni.
Dopo essersi arenata su una secca sabbiosa, la barca è stata investita da un fortissimo vento che l’ha fatta capovolgere e l’ha spezzata in due. Per le persone che erano nella stiva, donne e bambini, non c’è stato nulla da fare.

Giacomo Marcario

Editorialista de Il Corriere Nazionale

redazione@corrierenazionale.net

 

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