Quanta falsificazione retorica dietro il tema dell’accoglienza
Quanta falsificazione retorica dietro il tema dell’accoglienza
di Evelyn Zappimbulso
Con che aria di sarcasmo e insofferenza, quando si parla dei valori della destra di governo a sinistra li liquidano con la formula usata in modo spregiativo “Dio, patria e famiglia”.
Per indicare il mondo di sinistra potremmo usare un trittico speculare e altrettanto sbrigativo: “gay, migranti e bella ciao”.
Approssimazione per approssimazione, rende bene l’idea di quale sia oggi il nucleo centrale della sinistra un tempo operaia, proletaria e anticapitalista. C’è stata la Mutazione, ha ragione Luca Ricolfi nella sua acuta analisi, che ha reso la sinistra impopolare, più intollerante e spocchiosa. Certo, la sbrigativa formula ternaria che abbiamo espresso si potrebbe meglio definire attraverso ulteriori classificazioni, tutte però in negativo: la sinistra è antirazzista, antifascista e antifobica, per indicare la condanna di ogni discriminazione sessuale. E la traduzione simultanea a sinistra di Dio patria e famiglia è proprio nel rovescio negativo di quei valori che sarebbero a loro dire portatori di razzismo, fascismo e discriminazione civile, sessuale e religiosa.
La parola che solitamente concentra i valori della destra è identità; viceversa, la parola che riassume i valori della sinistra è oggi inclusione. Salvo notare che l’ideologia dell’inclusione curiosamente si fonda sull’esclusione di tutti coloro che non si riconoscono in quel trittico – gay, migranti e antifascisti – che costituisce il canone e il codice identificativo della sinistra.
Per la sinistra la destra si arrocca nell’identità che genera a suo dire esclusione, supremazia e discriminazione. In realtà, cancellare o mortificare le identità dei popoli, delle nazioni e delle persone significa privare i più indifesi, i perdenti della globalizzazione, dell’unica certezza e dell’unico capitale sociale di cui dispongono: il loro legame col territorio, il loro essere italiani, la loro comunità famigliare e sociale.
Se togliamo loro anche quello, e quell’ombra di fierezza d’appartenenza e di affetti, li riduciamo a ombre fragili e fluttuanti che vivono schiacciate tra consumi a loro scarsamente accessibili e migranti che occupano i loro spazi vitali, sociali e spesso anche lavorativi.
Che avvenire può proporre una sinistra ancorata al passato astioso, tramite l’antifascismo militante, alla sostituzione degli italiani con i migranti e alle unioni senza figli, tra persone dello stesso sesso? Non pensate che uno scenario del genere sia una specie di suicidio assistito, di eutanasia dell’Italia e di accelerazione della sua decadenza biologica, anagrafica e culturale?
Quando i flussi in uscita di italiani, in gran parte giovani benestanti, con titoli di studio superiori, vengono compensati dai flussi in entrata di migranti bisognosi di tutto, in gran parte privi di titolo di studio o di lavoro, pensate che l’Italia vada verso un progresso o non piuttosto verso la sua decadenza?
E quanta falsificazione retorica ed emotiva dietro il tema dell’accoglienza.
Per cominciare, coloro che sbarcano dalle Ong non sono disperati raccolti in mare ma migranti che hanno pagato caro un biglietto di viaggio e sono stati imbarcati dai porti di partenza, con la garanzia di sbarcare e il supporto medico-organizzativo di chi traffica in umanità.
In secondo luogo i veri disperati non sono coloro che partono, semmai coloro che restano nelle loro terre d’origine, se è vero che gli altri partono per sfuggire alla miseria e all’oppressione.
E’ poi inconcepibile che debbano essere le Ong a dettare l’agenda e decidere imbarchi e sbarchi, e i governi devono adeguarsi.
E ancora: non si può isolare la volontà e il diritto dei migranti dal contesto, ovvero dalle popolazioni e i luoghi che abbandonano e dalle popolazioni e i luoghi che dovrebbero accoglierli; ogni diritto o pretesa va commisurato a tutti e tre i soggetti e non va ridotto all’unilaterale volontà dei migranti.
Infine, è scandaloso che l’Europa s’ingerisca nei minimi affari interni ai paesi europei e sia poi del tutto muta, inerme, latitante di fronte a un fenomeno come i flussi migratori che la investe come Unione Europea e non riguarda solo i singoli stati. E solo in quel caso rispolvera la sovranità nazionale…
Ma tutto questo non si può dire, passi per orco disumano. Quando disumano è far sbarcare in massa e non preoccuparsi delle loro condizioni di vita e delle garanzie, né curarsi di chi deve accoglierli nei paesi d’approdo né di chi resta nei paesi di partenza.
Il problema è che sui migranti, come sugli altri temi indicati, la religione umanitaria della sinistra non ammette obiezioni, le condanna come blasfeme, peccaminose, diaboliche.
E la destra cosa fa? Finché era all’opposizione poteva limitarsi a strepitare, ma ora che fa, proclama e ribadisce i suoi principi, salvo poi adeguarsi nella prassi e accettare ogni sbarco?
E viceversa cosa può realisticamente fare, in modo efficace, stretta nella morsa tra l’UE e la pressione mediatico-politica?
Il problema vero, paradossalmente, non è pratico ma di principio. Se non vinci la battaglia di principio poi non riesci a generare conseguenze pratiche coerenti. Se non stabilisci il tema prioritario della civiltà, della sovranità europea oltre che nazionale, la difesa dell’identità, la tutela prioritaria dei cittadini e il pericolo del caos, della decadenza e del disagio generale, di chi arriva e di chi accoglie, non sei in grado poi di promuovere adeguate e coerenti misure. E allora ti attacchi a grotteschi alibi umanitari: “salviamo i più fragili”, categoria di per sé fragile, indefinita. E con l’assurdo che se dovessimo accogliere solo i disabili, i malati, i “fragili”, e non le energie dinamiche e lavorative, faremmo del nostro paese un ospizio, un pronto soccorso, un ospedale da campo.
Insomma quelle differenze di principio non sono pure declamazioni o spot elettorali; hanno implicazioni pratiche e su quelle saranno poi giudicati i governi.
Redazione Corriere di Puglia e Lucania