Né buoni né cattivi all’ origine del conflitto contemporaneo
Editoriale di Daniela Piesco Co-direttore Radici
Guerra e conflitto non sono sinonimi, per quanto la comunicazione oggi li usi come tali. La guerra ha a che fare con la violenza e la sopravvivenza, mentre il conflitto attiene all’area delle relazioni e dei punti di vista. Se confondiamo le cose, usando il termine conflitto come se fosse esattamente sovrapponibile al termine guerra, inconsciamente portiamo il conflitto nell’area delle cose pericolose per la sopravvivenza, generando angoscia e spingendo le persone a ritrarsi dal conflitto, cioè a ritrarsi dalle relazioni
Oggi più che mai il tema delle guerre e dei conflitti si è fatto ancor più presente nelle nostre vite. La guerra in Ucraina, geograficamente più vicina di altre, ha portato con sé diverse conseguenze anche sulle nostre quotidianità e sul Paese in cui viviamo.
Purtroppo però, la guerra nella vicina Ucraina, non è l’unica guerra che ancor oggi ferisce, uccide e toglie il futuro a migliaia di bambine, bambini e alle loro famiglie.
Che cosa si intende per conflitto? Quali le differenze nell’epoca contemporanea?
Comprenderne le dinamiche aiuta a comprenderne anche le conseguenze e a spingerci dunque a fare qualcosa per riuscire a dire stop a queste ingiustizie.
Il conflitto non è violenza, piuttosto è quando non si avverano le nostre aspettative, quando si trova un ostacolo imprevisto. Il problema è che, per effetto di una mutazione antropologica nella direzione del narcisismo, tutto ciò che ci offende o che ci infastidisce troppo, oggi viene percepito come violenza.Ma la violenza ha a che fare con un danno intenzionale effettivo e tangibile alle persone, il resto è un conflitto, che può essere gestito bene o gestito male.
Dove c’è una buona educazione, la guerra non ha ragione di esserci
In particolare la violenza non ha ragione d’esserci dove c’è una buona educazione al conflitto. Tendiamo a dire che il violento è uno che litiga sempre, ma è il contrario, violento è colui che non sa litigare, è un carente conflittuale. Per questo, nell’ottica della convivenza e di una nuova cittadinanza, occorre scommettere sull’imparare la competenza conflittuale, legata alla gestione delle emozioni e alla comunicazione.
Come?
Evitando che il ritorno dell’educazione civica nelle scuole sia una materia meramente nozionistica, con le interrogazioni e inserendo piuttosto dei laboratori di apprendimento sulla gestione del conflitto, per costruire una vera sicurezza basata non sulla paura ma sulle proprie risorse.
Si condanna l’aggressione russa..
“Si condanna l’aggressione russa” è una tipica espressione del linguaggio politico del Novecento: si dichiara che si condanna per poi andare avanti a parlar d’altro. E invece si deve condannare e punto. E poi chiedere che tutto questo si fermi e dichiararlo con tutte le proprie forze. Invece è come se io percepissi che non c’è un sufficiente scandalo per quello che è accaduto e sta accadendo, è come se avessimo normalizzato la guerra cercando di spiegarla. Facciamo anche noi i politologi e ci mettiamo a cercare le ragioni per cui c’è stata la guerra.
Ma l’umanità sta soffrendo enormemente ..
Conflitti, Covid-19 e Crisi Climatica rappresentano tre delle più grandi minacce contemporanee . Questi tre fenomeni, da acceleratori di diseguaglianze, possono diventare uno spunto per riflettere sui cambiamenti necessari alla nostra società e al sistema mondo per migliorare la condizione umana nelle nostre società.
La natura dei conflitti è cambiata molto nel corso dei secoli anche a causa di una diminuita capacità di gestione multilaterale degli stessi: le zone di combattimento sono sempre più ampie e urbanizzate, le armi causano distruzioni sempre più diffuse, i conflitti sono più protratti e la diffusione di armi di piccolo calibro facilita l’uso dei bambini come soldati e aumenta la violenza urbana anche in contesti “pacifici”.
Si aggiunge poi, nei territori interessati da conflitti, la drastica riduzione della capacità economica delle famiglie in seguito alla improvvisa perdita di beni, proprietà e opportunità di remunerazione, e all’aumento dei bisogni primari. Tutto questo può spingere poi a misure drastiche come: il lavoro minorile, lo sfruttamento sessuale, lo spaccio, il consumo di stupefacenti, il reclutamento in gruppi armati o l’inserimento in processi di radicalizzazione.
Nei contesti di conflitto, l’educazione rappresenta un potente mezzo di protezione
La scuola è e dovrebbe restare un ambiente sicuro e sorvegliato.L’impegno continuativo in attività regolari e strutturate, come quelle educative, restituisce ai bambini la stabilità e il senso di normalità.Nei programmi educativi viene spesso inserita la gestione del rischio e la frequenza scolastica rappresenta una via di fuga da varie forme di sfruttamento .
Sembra impossibile riuscire a mettere fine ai conflitti, ma come esseri umani è impossibile stare a guardare mentre i bambini muoiono di fame senza fare nessuno sforzo per salvarli.
Bisogna educare i bambini a non accontentarsi di vivere fianco a fianco, apprezzando la bellezza della diversità. Sarebbe naïf. L’intercultura oggi significa costruire orizzonti comuni, costruire comunità e cittadinanza. La segregazione scolastica ad esempio è uno dei temi su cui ci giochiamo il futuro, il white flight non è una soluzione, abbiamo bisogno al contrario di vivere il mix a scuola, nella consapevolezza che questa esperienza genera coesione sociale. Dobbiamo impegnare gli adolescenti in progetti comuni.
C’ è bisogno di una educazione alla vulnerabilità, perché se si è vulnerabili si capisce, se si è corazzati non si vuole capire.
Come Chirone, che è ferito ma non può morire e in questa condizione diventa esperto di cura
Il mito narra che una volta Chirone fu ferito accidentalmente da Ercole o Eracle, uno dei suoi migliori amici. L’eroe, che stava combattendo contro altri centauri, gli scoccò involontariamente una freccia, ferendolo al ginocchio.
Il centauro cominciò a contorcersi dal dolore; dal momento che gli era stata concessa l’immortalità. soffriva ma non poteva morire. La ferita non guarì mai e gli procurargli per sempre dolore. Chirone supplicò quindi gli dei di poter cedere la sua immortalità così da poter morire e far cessare la sua sofferenza.
Gli dei esaudirono il suo desiderio e il centauro decise di cedere la sua immortalità a Prometeo, un titano diventato mortale per aver fatto arrabbiare Zeus. Per la sua bontà e la vita esemplare, gli dei decisero di mutare Chirone in una costellazione, perché potesse brillare per sempre in cielo.
Ne buoni né cattivi
La grande sfida per questa civiltà dominante, così poco capace di ascoltare la parola degli altri, è quella di superare i dualismi sui quali è fondamentalmente strutturata e recuperare l´armonia, che non equivale né all´unità né al compromesso. .
Raimon Panikkar ,filosofo ispano-indiano,adopera il termine greco ontonomia, la legge interna dell´essere, per indicare che ogni cosa può trovare il suo posto nella realtà senza fratture e senza conflitti.
L’incontro con il diverso è parte del kairòs dell’oggi, del momento opportuno ma come diceva Raimon Panikkar, «tanti arrivano all’incontro coi preservativi culturali, che impediscono la fecondazione».
Questa guerra la considero una scelta di disumanità, uno sfregio a quello che si era pensato dopo Hiroshima cioè: “Mai più la guerra”.
Lo considero un atto così sconvolgente per il cammino che ,pur fra tanti conflitti ancora in corso e tanti errori commessi da diverse parti, incluso un Occidente che non ha voluto muoversi per una costruzione di una vera convivenza pacifica ,l’umanità aveva comunque intrapreso dopo la Seconda guerra mondiale.
Dietro questa scelta di Putin ci sono ragioni oscure che non riusciamo bene a comprendere e che tuttavia hanno a che fare con il disprezzo per l’umanità. Basta vedere quello che sta accadendo: milioni di persone che devono lasciare il loro Paese, donne stuprate, bambini perduti.
C’è qualcosa di così disumano in quello che sta accadendo che non c’è ragione politica che io voglia ascoltare. Non voglio sentire nessuno che mi venga a raccontare come ci si è arrivati, perché lo so che ci si è arrivati anche con omissioni ed errori di molti. E tuttavia quello da cui dobbiamo partire è lo scandalo di questa invasione e l’unica cosa che dobbiamo domandarci come si fa a fermare questo scandalo.
La moralità sta da un alto nel non voltarsi dall’altra parte mentre migliaia di persone soccombono e dall’altro in una misura che non porti a ulteriori escalation. Dove si collochi esattamente questa misura, io onestamente non lo so.
Daniela Piesco Co-direttore Radici
Redazione Corriere di Puglia e Lucania
pH Toni Cascales