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Lula o Bolsonaro?

La foresta stava scomparendo, ma gli alberi votarono ancora per l’ascia perché questa li aveva convinti, avendo il manico di legno, di essere una di loro ..

Di Daniela Piesco Co-direttore Radici 

 

Lula o Bolsonaro? Questo il dilemma che divide milioni di cittadini in Brasile, chiamati a eleggere presidente, vicepresidente e Congresso Nacional della seconda democrazia più grande dell’emisfero occidentale.

Un tema cruciale della corsa ai voti è l’Amazzonia, decisiva per il voto del 64% dei brasiliani. Proprio per questo, Lula ha ricordato gli accordi internazionali per la salvaguardia dell’ambiente firmati dai suoi governi, e dichiarato di voler fermare le miniere illegali e la deforestazione promossa dal governo in carica. Per Bolsonaro, i temi chiave restano invece quelli legati all’identità: famiglia tradizionale cristiana, libera circolazione delle armi, contrasto alla droga e all’ “ideologia gender”.

Il giorno della verità in Brasile non è ancora arrivato, ma è stato rinviato al 30 ottobre, quando il candidato alla presidenza del partito dei lavoratori Luiz Inácio Lula da Silva e il presidente in carica Jair Bolsonaro si confronteranno nella sfida decisiva per la guida del Paese. L’ex presidente ha ottenuto il 48,3%, esattamente cinque punti in più rispetto al suo avversario.

Appare  inutile eppur necessario ripetere in questa sede che la regione amazzonica custodisce la più vasta foresta pluviale al mondo e il più ricco sistema fluviale

Il Rio delle Amazzoni raccoglie quasi il 20 per cento dell’acqua dolce che si trova sulla Terra, mentre la foresta condiziona e regola il clima dell’intero pianeta.

Lo stato di salute di questa preziosa regione naturale è legato a doppio filo con quello del clima globale: la foresta pluviale immagazzina da 90 a 140 miliardi di tonnellate di CO2, e la sua continua distruzione provoca il rilascio nell’atmosfera di enormi quantità di questa sostanza, con conseguenze catastrofiche per l’ambiente.

La foresta amazzonica è molto importante anche per la straordinaria varietà di specie che ospita. Un autentico gioiello della natura, unico al mondo. Qui vive il dieci per cento di tutte le specie animali conosciute, tra cui il delfino di fiume del Rio delle Amazzoni, il giaguaro e il boa constrictor.

Anche molti uomini dipendono per la propria sopravvivenza dalle risorse offerte dalla foresta: la regione è abitata da circa 350 popolazioni indigene, spesso legate a tradizioni e usi molto antichi.

Oltre l’80 per cento della superficie originaria della foresta amazzonica è ancora ben conservato. Ma quasi il 20 per cento è già andato distrutto.

Se non si corre subito ai ripari, introducendo modalità di gestione delle risorse maggiormente rispettose dell’ambiente e attuando le leggi finalizzate a proteggerlo, la nostra generazione assisterà alla scomparsa di questo inestimabile patrimonio naturale.

Ma la realtà è che l’intreccio di interessi dietro è molto più complesso. E riguarda molto più da vicino i cittadini europei di quanto si possa immaginare

Il caso più emblematico è quello della soia, il cui mercato è destinato in parte all’alimentazione umana, in parte a quella animale. Per entrambe le categorie, è proprio il Brasile la nazione dalla quale la Francia importa le maggiori quantità. Nel 2017, sono state acquistate derrate per 627,3 milioni di dollari (secondo i dati delle Nazioni Unite).

Per il Brasile, inoltre, proprio la Francia rappresenta il terzo Paese al mondo per quantità di esportazioni. Dopo i Paesi Bassi e la Thailandia. Per produrre soltanto i due milioni di tonnellate di varietà di soia importate sul territorio transalpino, il WWF ha calcolato che occorre un’estensione territoriale di almeno 1,82 milioni di ettari.

Va detto che nella foresta amazzonica, soltanto il 2% delle superfici disboscate dal 2008 ad oggi è stato convertito in piantagioni di soia. Ciò in virtù di una moratoria decisa nel 2006. dal governo brasiliano. Tuttavia, esiste un’importante deforestazione legata alla costruzione di strade o infrastrutture di stoccaggio.

L’87% delle proteine vegetali importate nell’Ue finisce negli allevamenti industriali..

L’Europa, dunque, è di fatto complice di un sistema incapace di tutelare una risorsa vitale per l’intera umanità. Il cui cuore non è rappresentato soltanto dalle colture di soia. La maggior parte delle terre disboscate in Amazzonia, infatti, è convertita in pascoli per bestiame (in circa il 65% dei casi).

Inoltre, gli stessi animali da macello sono direttamente legati al commercio di proteine vegetali. L’Unione europea importa infatti ogni anno 37 milioni di tonnellate di queste ultime (di cui 33 milioni di soia). E nell’87% dei casi esse sono destinate agli allevamenti industriali. In particolare per pollame e volatili (circa la metà) e per i suini (un quarto). Il che ha generato, di fatto, una dipendenza europea dalle importazioni. Che provengono essenzialmente da Brasile, Stati Uniti e Argentina.

Quali effetti sul Paese di un cambio di guardia?

Lula sembra poter tornare a saldare il suo futuro con quello degli altri leader di sinistra che, piano piano, stanno rioccupando la scena dominata a inizio secolo.

È il caso di ricordare le recenti vittorie di Gabriel Boric in Cile, fino a poco tempo fa un leader studentesco spinto a La Moneda sull’onda delle vibranti proteste sociali del 2019 o di Gustavo Petro, primo leader di sinistra a conquistare la presidenza della Colombia. Un passaggio che ha ridato al Venezuela, dopo anni di isolamento, un ruolo cruciale nelle dinamiche commerciali regionali, come dimostra la riapertura di una delle più ampie frontiere dell’America del Sud

Ma Lula non punta solo al voto della sinistra, si propone anche come leader di un fronte repubblicano contro gli estremismi della destra di Bolsonaro, e per farlo ha scelto come vice Geraldo Alckmin, governatore di San Paolo, devoto cattolico e suo ex avversario di destra alle presidenziali del 2006.

Alla fine Lula dovrebbe riuscire a spuntarla ottenendo almeno il 54% delle preferenze…

Dunque, in ogni caso game over per Bolsonaro?

Se l’attuale presidente dovesse risultare effettivamente sconfitto, i timori per una transizione di potere non “ordinata” potrebbero trasformarsi in realtà, dato che il leader del PL ha già più volte ventilato il rischio di presunte frodi elettorali anche se in Brasile si vota con sistema elettronico ed è praticamente impossibile falsificare i risultati) e potrebbe dunque ostacolare il passaggio di poteri ripetendo in sostanza quanto fatto da Donald Trump dopo essere stato sconfitto da Biden..

Ma si sa in Brasile può succedere di tutto

Bisognerebbe invece capire e scegliere il nostro futuro. Basta distruggere. È una sfida che riguarda tutti. Italia, Germania, Francia, Usa.

Bisogna disegnare una nuova società, tecnologica, digitale, verde, umana. Lo si puo’ fare solo dialogando, concedendo, pretendendo. Occorre costruire un nuovo modello economico, produttivo, sostenibile.

È la grande scommessa che ci troviamo davanti..

Un paese non si può affidare alle soluzioni di un presidente ma alle persone che vivono ogni giorno la realtà.

Questo è ciò che chiamo democrazia, la stessa che ha consentito che un metalmeccanico diventasse presidente del Brasile e un indio presidente della Bolivia…

Daniela Piesco Co-direttore Radici

Redazione Corriere Nazionale

Redazione Stampa Parlamento (http://Redazione Stampa Parlamento)

pH Sebastia Caldas

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