La città come laboratorio di trasformazione e di nuove soluzioni
ditoriale di Daniela Piesco Co-direttore Radici
Le città sono,oggi più che in passato, in prima linea su molteplici e simultanei fronti critici, destinati a segnare il dibattito anche nella ripresa dopo l’estate .Guerra , rifugiati, migrazioni, diseguaglianze, pandemia, rischio climatico ed energetico sono solo alcune delle emergenze da affrontare. Ma nella loro stessa essenza sono anche laboratori di trasformazioni e di nuove soluzioni.
Esplorare le città
Solo negli anni ’70 si afferma la tendenza degli antropologi a spostare il loro interesse sulle città e sui fenomeni urbani.
Questo cambiamento fu dovuto a diverse motivazioni come ad esempio il dato fattuale che nelle società esotiche le popolazioni lasciavano i villaggi per trasferirsi nei nuovi centri urbani in rapido sviluppo.
Inoltre negli Stati Uniti gli antropologi rimasero molto colpiti dagli sviluppi avvenuti nel loro paese:mentre negli anni ’50 gli americani si vedevano come una società di massa e omogenea, negli anni ’60 la povertà e l’etnicità vennero visti come “problemi urbani”.
Infine,contemporaneamente in Europa, la migrazione internazionale di manodopera modificó la fisionomia delle città.
L’antropologia urbana inizió,dunque,ad occuparsi dei fenomeni sociali e culturali analizzati alla luce della varietà delle società umane. Spesso si concentró sui quartieri etnici e sui ghetti delle città, definendoli “villaggi urbani” dove,si rivelava un dato comune :più erano di piccole dimensioni più la rete di relazione tra gli abitanti era stretta.
In realtà gli studi della città dovrebbero,però, dedicare maggiore attenzione a realtà radicalmente opposte al villaggio urbano. A differenza dei villaggi, all’interno delle città le persone non si conoscono altrettanto bene e i contatti sono brevi e rapidi.Dopo decenni di lavoro dedicati alla costruzione di un apparato concettuale adeguato alla comprensione di società tradizionali lontane, oggi l’antropologia urbana cerca di far riflettere le persone sulla varietà della condizione umana, e diviene uno strumento che permette agli abitanti delle città di pensare in modo nuovo ciò che avviene intorno a loro.
Se è vero che la struttura sociale può essere vista come “la totalità della cultura di una data popolazione”, non è meno vero che essa è più direttamente legata al modo in cui conosciamo i fenomeni sociali, i quali vengono definiti in termini sociali e non culturali
Invero si può definire la realtà urbana in primo luogo come un particolare sistema di relazioni sociali e solo secondariamente come un insieme di idee e valori dei cittadini.
La cultura urbana può quindi essere definita solo dopo aver sviluppato la descrizione della struttura sociale.
C’è da considerare inoltre,come detto poc’anzi,che nelle città spesso ci si conosce poco e lo status degli individui è determinato da segni convenzionali quali la moda e l’ apparenza. Mentre le relazioni sociali utilizzano il denaro come intermediario di scambi.
Secondo la teoria del processo culturale urbano, la popolazione delle città presenta vari stili di vita e il contagio sociale tende ad esaltare i tratti caratteristici che li accomunano; le relazioni sociali che nascono da queste interazioni esaltano i tratti in comune e forniscono un sostegno morale.
Un’altra importante dimensione della vita urbana è quella della lotta per l’esistenza:cioè una prospettiva in cui la comunicazione riveste un’importanza trascurabile, mentre acquista molta importanza il concetto di competizione come forma basilare della coesistenza.
Questa è controllata da alcuni obblighi morali ma essa esercita comunque una grande influenza nel modellamento della città moderna dove vengono introdotti i concetti di dominanza, simbiosi e successione.
Individuare i confini del fenomeno urbano e soprattutto definirlo in modo che sia valido ovunque è molto difficile
La pandemia di Covid19 è ancora in corso e ci ha costretto a ripensare al nostro futuro. La resilienza delle città è stata testata in molti modi. Ora è il momento di guardare alle grandi sfide che le città devono risolvere e creare una nuova visione.
Più spazi verdi e mezzi pubblici, edilizia a prezzi calmierati, no a «quartieri ghetto», uso del digitale, cittadinanza attiva, riduzione del divario con le aree rurali, alleanze tra le amministrazioni locali, coinvolgimento delle città nei tavoli decisionali e fondi direttamente dall’Unione europea, sono solo alcune tra le iniziative e proposte che i nostri politici dovrebbero affrontare.
Com’è la città futura? Quali sono i valori della prossima generazione che guidano le nostre città in avanti? Che aspetto hanno le città che soddisfano gli obiettivi del Green Deal europeo e dell’Agenda 2030?
Beh, non si potrebbe sognare il futuro senza coinvolgere nella discussione i sogni e le paure della prossima generazione.
Dopo aver sognato è tempo di agire
In che modo le città co-creano insieme alla loro comunità? In che modo una cultura della fiducia creata con aziende, cittadini, mondo accademico può lavorare insieme per lo stesso obiettivo? Come sfruttare tutto il potenziale della città quando si crea un futuro e una crescita sostenibili? In che modo le agende globali, come gli SDGs, vengono utilizzate come strumenti per creare azioni concrete?
Ciò premesso bisogna comunque rimarcare che la sfida più grande del nostro tempo è il cambiamento climatico.
Il Green Deal europeo e l’ambiziosa Missione per 100 città a impatto climatico zero entro il 2030 indicano la strada per città europee ambiziose dal punto di vista climatico.
La soluzione sarebbe un modello di sviluppo capace di mettere in equilibrio tutte le forze in gioco : cittadini, istituzioni, economia, natura.
La città del futuro può trasformarsi in un luogo allo stesso tempo verde, produttivo e democratico, ma occorre cambiare prospettiva: ad esempio, dopo terremoti e tsunami, si potrebbero costruire le case d’emergenza come vere abitazioni, vivibili e ampliabili in modo modulare, e non come rifugi provvisori.Ma questa è la sede solo per promuovere riflessioni demandando gli approfondimenti alla ‘intellighenzia’politica .
Il racconto delle città è anche il racconto che ne hanno fatto i loro cantori
Ne cito solo alcuni ma la lista sarebbe lunga : la Istanbul di Orhan Pamuk; la New York di Paul Auster; la Madrid di Javier Marías; la Marsiglia di Jean-Claude Izzo; la Tokyo di Murakami Aruki; la Napoli di Elena Ferrante; la Mumbai di Vikram Chandra; la Lagos di Chimamanda Ngozi Adichie.
Tutti romanzi che hanno saputo cogliere l’essenza di un luogo perché tra la letteratura e il viaggio esiste un’ unione che, se ben riuscita, trasporta nel luogo e nell’atmosfera voluti dall’autore. Ci sono romanzi,moderni e non,che hanno saputo cogliere l’essenza di un luogo, tanto da far intravedere tra le righe la città, le persone, i colori.A volte persino i profumi di luoghi e angoli di un mondo che spesso si pensa di conoscere già, ma che attraverso la descrizione di un bravo autore può ancora sorprendere.
La curiosità spinge a “toccare con mano”: saranno davvero queste le atmosfere che ancora si respirano nelle città dei grandi testi letterari ? Nulla ci impedisce di accertarcene di persona..
Daniela Piesco Co-direttore Radici
pH Micha Franke