La politica parlamentare va sminata
Politica parlamentare. Quello che è accaduto in queste 24 ore è uno spettacolo impietoso che umilia gli italiani nel mondo, con una classe politica assai piccola che Sciascia potrebbe dire che è fatta da “uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà”.
Noi abbiamo la convinzione che dal 2018, questi travagliati quattro anni di governo abbiano alcuni punti irrisolti da chiarire a noi e ai nostri lettori. Vi sono personaggi che potrebbero rientrare in un manuale neurologico, perché il loro apporto è costantemente negativo. Parliamo intanto dei due Matteo, Renzi e Salvini.
Il primo, se ricordate doveva andarsene via perché si era giocata tutta la credibilità sul referendum costituzionale, il cosiddetto Renzi Boschi del 2016, che poi perse. Invece rimase.
Il primo governo, giallo verde, nasce perché il primo partito, il M5s non ha la maggioranza assoluta per aprire il parlamento, come aveva tuonato Grillo nei Vaffa day, come una scatola di tonno. Questa situazione frammentaria porta, per la prima volta, questo movimento di duri e puri porta voci della piazza urlante, a dover fare i conti con la politica degli accordi. L’abboccamento con Salvini non andò a buon fine all’inizio.
Per cui, meraviglia delle meraviglie, ci fu l’abboccamento con il Pd. Il reggente Maurizio Martina disse: “Personalmente ritengo che sia nostro dovere farlo, rilanciando la sfida”, Dopo pochi giorni, però, arrivò il niet di Renzi, che definì “impossibile” l’accordo con i 5 Stelle, facendo ripartire il dialogo tra Di Maio e Salvini
Verso le elezioni — Il primo governo Conte fino al Papeete di Salvini
Il M5s propone come premier un professore avvocato, Giuseppe Conte. Ma nella lista c’era un certo Savona, un euroscettico all’economia e ci fu lo stop di Mattarella. Poi, dopo lo spostamento di Savona si arrivò alla nascita dell’esecutivo gialloverde Conte, il 1° giugno 2018.
Nel primo governo, i due ultra-vice- premier, Salvini e Di Maio, spesi su un sedicente contratto di governo, usano il premier come notaio delle loro scelte. Il M5s già perdeva il 50% del consenso, secondo i risultati delle europee scendendo al 17%. Dopo appena un anno, nell’estate successiva arriviamo al Papeete di Salvini che galvanizzato dal consenso in crescita sancito nel risultato delle europee col 33%, bramava di andare subito alle elezioni, anelando ai ‘pieni poteri’ e fece cadere il governo.
Il secondo governo Conte fino all’azzoppamento di Italia Viva
Da giugno in poi ecco la crisi estiva del 2019, turbolenze nel Pd, poi Renzi tira la matta dal mazzo e dà l’ok a Zingaretti di trattare con i 5 stelle. Non fu un’impresa facile, tuttavia, nacque il secondo governo Conte, giallo-rosso.
Ripensamento di Renzi avviene subito dopo l’emersione dell’avvocato del popolo, come veniva chiamato Giuseppe Conte, che comincia a gestire la pandemia ponendo l’Italia come esempio in Europa per il lockdown.
Matteo Renzi esce dal Pd e fonda il partito Italia Viva portandosi dietro una parte di parlamentari. L’idea è: svolgere il ruolo del guasta feste. Al di là dei pretesti politici, nodo giustizia – sempre buono per fare cassa -, Europa e vincoli, alla fine i ministri di Renzi escono dal governo ed è crisi.
Dal governo dei responsabili al capolavoro di Mattarella, governo di unità nazionale
Conte cerca di fare il terzo governo con i responsabili, ma non ha i numeri e si arriva a Draghi. Qui dobbiamo fermarci un attimo per fare una considerazione: può la politica arrivare a questi giochetti? Cosa possiamo dire sul premier Conte, al di là delle ultime manifestazioni di questi giorni? Che fu un buon premier, bene inserito sul piano internazionale, che nel lasciare Palazzo Chigi ebbe pure un lungo applauso. dalle finestre.
Draghi è il capolavoro di Mattarella che, di fronte all’emergenza pandemica, alla crisi economica crea il governo di unità nazionale. Un campione riconosciuto a livello europeo come numero uno della BCE, di fronte al quale il parlamento abbozza, fa inchini. Il M5s che, tuttavia, esce mazzolato dalla crisi dà la fiducia ma con riserva, rispetto alla sua storia. Intanto già diversi parlamentari lasciano il movimento verso altri scanni.
Epilogo del governo Draghi
Quello che è avvenuto in questi 18 mesi, che sembrano un contratto di lavoro a tempo determinato, va racchiusa in una sorta di narrazione da un lato tutta europea, dove dopo lo scoppio della guerra del 2022, fa emergere il ruolo di Draghi sempre di più. Dall’altro il gioco dei partiti tutti che cominciano a subire il tema della fine della legislatura con la necessità dei distinguo, ecco da Salvini le bordate sulle tasse sui tassisti e balneari, il Partito democratico su cannabis e ius scholae. Fibrillazioni.
La guerra porta scompiglio a sinistra. Nascono anche petizioni di piddini che, rivolti a Draghi e le armi, portano il titolo “non a mio nome”. Anche il M5s tiene conto dell’umore pacifista di una parte del paese e mentre si discute sul doppio mandato con Grillo, arriva la scissione del Di Maio ministro delle veline dei funzionari, come sbotta Larussa nel suo intervento al Senato.
Non cerchiamo giustificazioni, come vorrebbe Travaglio che, con la sua lucida analisi, dice che la crisi Draghi “se l’è cercata lui”. Devastando il sentiment dei grillini, inserendo il tema l’inceneritore, che costò, anni fa, la perdita del sindaco di Parma, nel decreto aiuti che si occupava del sostegno alle famiglie e non della mondezza.
Insomma, alla fine, questi spaesati ragazzini, arrivati nelle istituzioni in massa, dopo quattro anni passati a erodersi consenso, in un parlamento minato da protagonismi, narcisismi, dovevano essere insieme maltrattati e responsabili? O forse è vera un’altra storia, che la dice lunga sulla vicenda italiana. Draghi dopo il no al Quirinale che ha portato alla rielezione di Mattarella, era già in uscita.
I partiti stavano pensando alle elezioni? Ora si vota il 25 settembre, comizi tra ombrelloni e vu cumprà, per un altro capolavoro della politica italiana, ma stavolta 300 parlamentari non ci sono più, e non sappiamo se ci sarà l’incubo della non rielezione, tra cocktail sul mare e anguria a gogò, ma sarebbe da vedere ora Salvini come ne esce nel confronto con la Meloni e gli scissionisti Renzi e Di Maio, compreso Calenda, cosa coglieranno nel parlamento dimagrito dei primi di ottobre. Come il ritorno a scuola.
Roberto De Giorgi
capo redattore Corriere di Puglia e Lucania