Il suono del silenzio
Di Daniela Piesco Co-Direttore Radici
Salve oscurità, mia vecchia amica
sono venuto a parlarti nuovamente..
(Hello darkness, my old friend
I’ve come to talk with you again..)
In un mondo dove è più semplice fissare lo schermo di uno smartphone che guardarci negli occhi, la canzone di Simon & Garfunkel torna con la sua portata profetica a farci riflettere sul silenzio: un’immagine che a distanza di oltre 50 anni si rivela davvero profetica.
A più di un quarto di secolo dal 19 luglio del 1992 rimangono molteplici gli interrogativi che non hanno mai ricevuto una risposta: dalle modalità del depistaggio, a chi lo ha condotto, al motivo per cui sono state depistate le indagini. E poi la scomparsa dell’Agenda rossa, l’ipotesi sul coinvolgimento di soggetti esterni a Cosa nostra, l’accelerazione del progetto di morte eseguito solo 57 giorni dopo l’omicidio di Giovanni Falcone
“Avremmo voluto celebrare il trentesimo anniversario della strage di via d’Amelio con una vittoria sulla mafia e quindi con la scoperta della verità per dare giustizia ai familiari e alle vittime. Purtroppo sarà anche quest’anno solo un appuntamento rimandato. Fin quando non si farà chiarezza sui tanti depistaggi, fin quando la politica non farà leggi antimafia dignitose della memoria e dell’operato dei magistrati e degli uomini delle forze dell’ordine che per lo Stato sono stati uccisi”. Lo si legge in una nota di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso nella strage del 19 luglio 1992, e del movimento Agende rosse.
E invece trenta anni dopo, della strage di via d’Amelio si sa tutto ma anche niente
Più di venti ergastoli accertati per mandanti ed esecutori mafiosi sono sicuramente un risultato importante ma che rappresentano comunque solo un piccolo tassello di una verità più complessa.
Di informazioni sul modo in cui venne assassinato Borsellino sono stracolmi i fascicoli processuali, i verbali dei collaboratori di giustizia, i giornali, i libri usciti a ritmo praticamente continuo.
Solo che la metà di quelle informazioni è da considerarsi incompleta, se non completamente falsa.
Falso era sicuramente Vincenzo Scarantino, il protopentito che si autoaccusò della strage sotto la minaccia di sevizie e torture.
Falso era il suo status criminale, elevato per l’occasione da balordo di periferia che rubava gomme di auto scambiandole con dosi di eroina a quello di boss stragista.
Falso era il teatrino di riscontri e testimoni che gli avevano costruito attorno, con pentiti altrettanto posticci come Francesco Andriotta, Salvatore Candura e Calogero Pulci, travestiti da complici reo confessi.
Falsa, infine, era la colpevolezza degli imputati condannati sulla base delle dichiarazioni di Scarantino, che proprio alla vigilia dell’anniversario numero 25 si sono visti assolvere dall’accusa di strage nel processo di revisione: alcuni sono stati scagionati dopo 18 anni passati in regime di carcere duro, altri invece avevano già scontato integralmente la pena per reati minori collegati all’eccidio del magistrato palermitano.
Sono passati trenta lunghi anni senza verità si legge . Sono stati celebrati numerosi processi ma ancora attendiamo di conoscere tutti in nomi di coloro che hanno voluto le stragi del ’92-’93. Appare chiaro che mani diverse hanno concorso con quelle di Cosa nostra per commettere questi crimini ma chi conosce queste relazioni occulte resta vincolato al ricatto del silenzio.
Perché invece di fare tesoro di ciò che in questi trent’anni è successo, ci accorgiamo che la lotta alla mafia non fa più parte di nessun programma politico?
Anzi, alcuni recenti provvedimenti legislativi, come la cosiddetta riforma che introduce il principio dell’improcedibilità per numerosi tipi di reati e la cosiddetta riforma dell’ergastolo ostativo in discussione presso il Senato, fanno carta straccia degli insegnamenti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
“Sciocchi” dissi io “non sapete
che il silenzio si espande come un cancro
(Fools,” said I, “you do not know,
silence like a cancer grows)
Uno Stato che non riesce a fare luce su questo delitto non ha possibilità di futuro.
La mafia è un fenomeno che cerca di rendersi invisibile ma al tempo stesso ha la necessità di essere percepito dalla società come presente e condizionante.
La mafia ci rassomiglia in quanto indica un modus vivendi di cui tutti possiamo essere protagonisti con atteggiamenti e/o comportamenti che tendendo ai favoritismi e al clientelarismo, umiliano merito e capacità.
In ogni caso rassomigliare non significa essere uguali. Un cambiamento è dunque possibile.
La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.
E dunque: ” “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.” PAOLO BORSELLINO
Daniela Piesco Co-Direttore Radici