Politica nazionale

Esercitare il diritto di voto per avviare un processo di giustizia più equa

Referendum  12 Giugno 2022

di Romina G. Bottino 

Siamo sulla soglia di un importante appuntamento referendario che dovrebbe porre in essere un primo significativo passo avanti verso una riforma più sostanziale del sistema giuridico italiano che ormai da decenni vive una vera e propria deriva  a livello di deontologia professionale e morale fatta di abusi, ricatti, corruzione, comparaggi  vari ed illegalità diffusa, caso Palamara ed ombre Csm docet .

Eppure non si è svolto quasi alcun dibattito sui quesiti referendari, né sulla Rai, che in quanto Servizio di Stato ha il dovere di informare i cittadini che pagano il canone per avere un servizio obiettivo, né sulle varie reti private, a riprova del fatto che il sistema di potere che attanaglia da anni il nostro Paese vuole che non cambi nulla; non a caso si vota per un solo giorno e per di più nella prima domenica  libera dopo la chiusura delle scuole. E’ molto irritante pensare che  è stato promosso un referendum, costoso per il Paese, così importante per le ricadute sia  istituzionali, sia sociali e che venga deliberatamente boicottato negando e omettendo il necessario diritto all’informazione dei cittadini che ancora una volta vengono trattati dai partiti di potere con disprezzo e distacco, come degli imbecilli a cui nulla si deve.

I due terzi degli elettori non sanno neppure che il 12 giugno si vota, figurarsi se conoscono i quesiti referendari! E’ stato alzato un muro del silenzio più incisivo dello squadrismo di fascista memoria perché all’epoca non c’erano i mezzi d’informazione di oggi, c’era solo la radio e pochissimi l’avevano! Sembrerebbe nei fatti una vera dittatura che violenta il diritto all’informazione e mai come ora le affermazioni di pochi giorni fa di un noto direttore di giornale italiano sulle grandi libertà italiane da lui  osannate e contrapposte al sistema russo ci sembrano risibili ed oltremodo fuori posto.  Addirittura Senatori e Deputati hanno intrapreso lo sciopero della fame per attirare l’attenzione dei media su questa voluta mancanza di informazione. Ma tutto continua a tacere.

In questo momento storico, a causa della grave crisi democratica che sta attraversando la nostra Nazione, è vitale esercitare il nostro diritto di voto indipendentemente da ciò che si deciderà nel segreto dell’urna perché gli appuntamenti di consultazione popolare sono diventati sempre più rari! Siamo molto lontani dagli anni in cui i nostri padri costituenti elaborarono per la nazione una Costituzione illuminata che doveva garantire e tutelare  la piena libertà dei cittadini attraverso un sistema istituzionale che si basava sulla rigida separazione ed autonomia dei  tre poteri dello Stato per garantire ad ognuno di essi la piena realizzazione dei principi di democrazia ed  indipendenza nel loro operare.

La corruzione dei costumi della nostra società, a tutti i livelli, ha portato nel tempo all’annullamento di quella salutare divisione dei poteri che storicamente rinvia alle teorie  politiche del grande illuminista Montesquieu. A partire dal famoso processo alla politica italiana denominato “mani pulite”, si è verificato un asservimento dei politici al sistema giudiziario e un continuo passaggio di magistrati alla politica  che ne ha segnato la perdita di imparzialità, autonomia ed indipendenza sia rispetto al potere legislativo che giudiziario, essendosi impelagati in entrambi i sistemi. Anzi la magistratura da “mai pulite” in poi ha acquisito un potere tale che l’ha portata a sostituirsi alla politica delegittimandola nella sua autonomia. Con questo sistema penale palesemente inadeguato perché  condanna al carcere preventivo persone solo indiziate e non dà certezza della pena ai veri colpevoli condannati in via definitiva, la corruzione e il malaffare non solo non sono stati  minimamente combattuti, ma si sono estesi come un cancro agli stessi organi di controllo.

La politicizzazione della magistratura, iniziata in sordina già negli anni sessanta con l’affermazione di sindacati di categoria dichiaratamente stalinisti, ha ulteriormente segnato per i cittadini italiani la fine della fiducia in una giustizia giusta, super partes. I quesiti referendari sono abrogativi cioè i cittadini devono decidere se annullare delle leggi in vigore votando per il Si, è un grande potere dato ai cittadini.  Sono cinque i quesiti e sono indirettamente interdipendenti perché vanno a limitare alcuni poteri dei giudici e incidono su alcuni aspetti dell’attuale giustizia penale. Il primo quesito riguarda la riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, uno dei tre pilastri del nostro Stato su cui si fonda la nostra democrazia che gestisce le assunzioni dei magistrati, le loro eventuali sanzioni disciplinari, la loro progressione in carriera.

Votando” Si”  si consentirebbe ad un magistrato anche giovane e libero dalle varie correnti politiche, interne alla magistratura, di candidarsi in modo indipendente come membro del CSM, senza avere l’obbligo di raccogliere un certo numero di firme tra gli altri magistrati. Si potrebbe obiettare che la raccolta di firme a sostegno  non implica nulla, ma nei fatti non è cosi perché il frazionamento della magistratura in correnti politiche  ha determinato, determina e condiziona qualsiasi movimento interno alla magistratura stessa, lo scandalo Palamara ha dimostrato che si è fatta una vera e propria baratteria politica delle cariche nel CSM, contro ogni principio di meritocrazia e legalità.

Importantissimo è anche il quesito numero due che riguarda l’equa valutazione dei magistrati. Ad oggi a decidere, in base alle documentazioni raccolte, sull’operato dei magistrati sono gli stessi magistrati che compongono il CSM, vi sono si i consigli giudiziari formati  anche da avvocati e professori universitari, ma questi non possono giudicare l’operato di un magistrato. Se vincesse il Si anche loro potrebbero giudicare garantendo così, in quanto componente esterna, maggiore imparzialità.  Per come è il nostro sistema adesso il pubblico ministero valuta il giudice che magari non gli ha condannato l’imputato, quindi ciò che oggi è precluso agli avvocati dei consigli giudiziari perché non sarebbero imparziali nelle loro valutazioni è consentito al pubblico ministero o al giudice.

Da notare che i dati ci dicono che nonostante un numero enorme di giudizi sia stato poi ribaltato da sentenze successive quasi nessun magistrato ha subito sanzioni disciplinari per non aver operato bene. Il terzo quesito riguarda la separazione delle carriere di pubblico ministero e giudice. Oggi un magistrato italiano può decidere di essere giudice e poi passare a essere pubblico ministero e può saltare da un ruolo all’altro ogni volta che vuole, ma accusare e giudicare non è la stessa cosa perchè c’è dietro tutto un percorso umano e di studi, una forma mentis, ed un’esperienza fatta sul campo. Inoltre il PM ha un ruolo attivo nel processo è parte del processo stesso perché ha il compito di raccogliere le prove indiziarie a carico dell’imputato mentre il giudice ha un ruolo super partes  deve cioè garantire equità ed imparzialità tra le parti. Il processo penale in Italia è sostanzialmente fallito perché la separazione delle carriere è intrinseca al processo stesso.

Se passasse il Si il vincitore del concorso in magistratura dovrebbe decidere se fare il giudice o il PM e non potrebbe più saltare da un ruolo all’altro.  Nel sistema anglosassone e americano le due carriere sono separate e il PM è eletto dai cittadini, se non opera bene non viene riconfermato, se sbaglia paga, mentre nel sistema italiano  il PM non ha alcuna responsabilità nonostante abbia un potere enorme!  Da ricordare che l’interscambiabilità dei ruoli di PM e giudice risale al periodo fascista in quanto espressione del potere assoluto dello Stato. Il quarto quesito riguarda la riforma di una norma del codice di procedura penale in relazione alla custodia cautelare di cui in questi anni si è molto abusato da parte dei giudici. Bisogna ricordare che in Italia vige il principio di non colpevolezza, principio che è garanzia e tutela per tutti  i cittadini, fino a che non vi sia una sentenza definitiva.

Purtroppo la legge è sempre soggetta alla libera interpretazione dei giudici che non hanno responsabilità civile, questa carcerazione preventiva è lesiva del diritto di presunzione di innocenza. In questi ultimi trent’anni si sono registrati oltre ventinovemila casi di persone sottoposte a carcerazione preventiva che poi si sono rivelati essere innocenti. Lo Stato, quindi i cittadini con le loro tasse, ha dovuto pagare svariati milioni di euro in risarcimento danni per questo uso disinvolto ed improprio della carcerazione preventiva da parte dei giudici, senza considerare il dramma umano di chi ha subito l’ingiusta perdita della libertà e della propria dignità civile. La custodia cautelare con questo “Si” non verrà abolita per i reati più gravi, ma verrà eliminata la clausola  che consente al giudice di ricorrere alla motivazione generica  “possibile reiterazione del reato” per incarcerare il sospettato.

Questa formula ”possibile reiterazione del reato” toglie da una parte oggettività ed obiettività alla norma che si basa su fatti concreti e dall’altra parte attribuisce al giudice capacità divinatorie che nulla hanno a che vedere con l’azione legale. Purtroppo in tutti questi anni la norma della custodia cautelare è stata usata in modo improprio a mò di grimaldello per estorcere nomi o confessioni o per colpire gli avversari politici che poi nel giudizio  si sono rivelati innocenti. Bisogna essere sempre garantisti della libertà in quanto bene primario. Il quinto quesito chiede se abolire il decreto Severino che prevede la sospensione dalla carica politico-amministrativa e l’ineleggibilità per diciotto mesi di amministratori locali, sindaci, consiglieri regionali, parlamentari, membri del governo  che hanno subito una condanna di primo grado, cioè una condanna non definitiva.

La legge Severino è in contrasto col principio costituzionale della presunzione di innocenza perché prevede che, ad esempio , un sindaco venga rimosso dalla carica dopo la sentenza di condanna di primo grado, sentenza che viene quasi sempre annullata  in appello o in cassazione. Tutto ciò genera una profonda ingiustizia non solo nei confronti dell’eventuale sindaco, vittima del sistema, ma anche nei confronti dei cittadini che lo hanno votato, oltre al danno per la mancata continuità amministrativa.

Addirittura la legge Severino, contro ogni buon senso, è stata applicata retroattivamente per fatti precedenti alla sua entrata in vigore per colpire e stroncare la carriera di avversari politici che nei giudizi successivi sono poi stati assolti, ma per questi errori giudiziari lo Stato ha dovuto alle vittime di questa mala giustizia risarcimenti  milionari pagati naturalmente sempre dai cittadini.

“Disertare le urne significa lacerare uno strumento di democrazia

per asservirsi alla futura e certa tirannia” 

(Salvatore Maria Mattia Giraldi)

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