Politica internazionale

“Putin è legato a un’identità russa del XVIII secolo”

L’analisi di Mykola Riabchuk, direttore di ricerca all’Istituto di studi politici e delle nazionalità dell’Accademie delle scienze dell’Ucraina e docente all’Università di Varsavia

© Kirill KUDRYAVTSEV / AFP

La questione dell’identità dell’Ucraina è centrale nel conflitto con la Russia, ma prima della sua indipendenza, nel 1991, non esisteva agli occhi dell’Occidente fortemente condizionato dall’imperialismo russo e dalle conoscenze veicolate nei libri destinati alla formazione di intere generazioni. Dopo anni di studi sul tema diventato di scottante attualità, è giunto a questa conclusione Mykola Riabchuk, direttore di ricerca all’Istituto di studi politici e delle nazionalità dell’Accademie delle scienze dell’Ucraina e docente all’Università di Varsavia, che per il quotidiano Le Monde analizza la posta in gioco nella guerra in corso dal 24 febbraio.

Per lo studioso, Mosca non sta portando avanti il conflitto per “conquistare un territorio o a causa del presunto espansionismo della Nato, ma prima di tutto per affermare un’identità russa che considera come una minaccia l’esistenza di un’Ucraina indipendente, democratica e protesa verso l’Occidente”.

L’identità russa di riferimento del presidente Vladimir Putin è quella risalente al XVIII secolo, sotto l’impero, entrata nell’immaginario collettivo, per cui non riesce a pensare il proprio Paese senza l’Ucraina, da lì il suo discorso imperialista nei confronti dell’Ucraina a partire dal 2007.

Ed è proprio su questa base che il capo del Cremlino sta giustificando la necessaria “eliminazione” dei nazisti, ovvero “gli ucraini cattivi poichè non si pensano come russi”. D’altro canto gli stessi ucraini stanno ponendo la questione dell’identità al centro della loro battaglia e della loro resistenza ai russi.

Un compromesso “molto difficile”

Secondo Riabchukb per loro è in gioco l’indipendenza stessa del Paese e l’Ucraina non ha altra scelta che la vittoria, temendo in caso contrario di scomparire del tutto oppure di essere trascinata nel totalitarismo. Per questo motivo tra le due parti “sarà molto difficile trovare un compromesso per fermare i combattimenti” ha prospettato lo studioso.

Sulla natura stessa dell’identità ucraina, Riabchukb ha sottolineato che le due grandi differenze sostanziali all’interno della popolazione riguardano quanti hanno una visione più europea della società e quanti hanno una forma di nostalgia post sovietica, del vecchio ordine, al di là di quelle etniche, linguistiche o geografiche che si riscontrano in qualunque altro Paese.

“E’ una menzogna dire che l’Ucraina è un Paese fittizio, senza reale unità. Tale lettura molto diffusa nei media stranieri e nei discorsi dei leader politici è il frutto diretto della propaganda russa. Le differenze che esistono tra gli ucraini non ostacolano la marcia del Paese con un destino comune” ha detto a Le Monde il direttore di ricerca ucraino. Per giunta, ha sottolineato l’analista, “in Ucraina non c’è alcuna differenza di status e prevale il principio di uguaglianza dinanzi alla legge, contrariamente a quanto denunciato dal Cremlino che vuole far credere ad un’oppressione delle minoranze russofone”.

Gli ucraini vogliono la spaccatutra con la Russia

E’ vero, invece, che una netta maggioranza di ucraini auspica che il Paese si stacchi dal passato coloniale e cessi di essere soggiogato dalla Russia. D’altro canto le ricerche di Riabchukb hanno fatto emergere una “maggiore ambiguità del secondo gruppo, quello di cittadini legati al panslavismo più che pro russi, desiderosi di preservare una forma di prossimità tra Ucraina e Russia, due popoli fratelli. Ma alcuni di loro sono anche favorevoli all’adesione all’Unione europea, senza aver ancora capito che il suo progetto democratico è incompatibile con il modello di società paternalista incarnato da Putin“.

Se l’ambivalenza è un’eredità del periodo sovietico, non è caratteristica dalla sola Ucraina ma si riscontra nella maggior parte dei Paesi dell’ex blocco dell’Est, dove l’opinione pubblica si divide tra la promessa dell’Europa democratica e la nostalgia del vecchio ordine, conseguenza diretta delle rapide trasformazioni vissute in patria.

Il soft power di Bruxelles

“Con la dissoluzione dell’Urss è crollato un intero sistema di valori. Oggi il soft power europeo è molto più potente rispetto a quello esercitato dalla Russia” ha valutato lo studioso ucraino. Se il patriottismo ucraino pro-Occidente ha cominciato a manifestarsi in modo sempre più netto tra il 2010 e il 2014, accelerandosi successivamente nei tre principali gruppi linguistici del Paese, in realtà sin dalla sua fondazione nel XIX secolo l’Ucraina si considerava come una nazione europea.

“Diversamente da quello che si sente spesso dire, non c’era alcuna vicinanza naturale tra russi e ucraini, neanche quando alla fine del XVIII secolo l’Ucraina è passata completamente sotto controllo russo” ha evidenziato Riabchukb, ricordando che l’esperienza del dominio della Polonia e del granducato di Lituania (1569-1795) ha fortemente contribuito ad ancorare l’Ucraina all’Europa, soprattutto dal punto di vista dei valori politici, motivo per cui “le aspirazioni nazionali degli ucraini sono orientate verso l’Europa da molto tempo”.

A quella esperienza si aggiungeva anche l’eredità del periodo di autonomia, ovvero lo Stato cosacco, nel XVII secolo, che fu fondamentale nella costruzione dell’identità ucraina, con la figura del cosacco, combattente in cerca di libertà, una tematica ampiamente ripresa dalla letteratura romantica nel XIX secolo. Ciononostante in Occidente prevale ancora oggi il discorso scientifico sull’Ucraina veicolato dalla Russia, ovvero quello di una nazione legata a doppio filo a Mosca, per non dire assimilata.

L’influenza russa sull’Europa

“Prima dall’indipendenza nel 1991, l’Ucraina non esisteva nella mente degli occidentali: la mitologia russa si è trasformata in verità scientifica su scala internazionale ed è tutt’ora diffusa. Questo perchè l’Occidente è stato molto influenzato dall’imperialismo russo, più di quanto lo ammetta” ha concluso lo studioso ucraino. Una lettura fondata sull’analisi dei libri destinati alle università statunitensi e britanniche per l’insegnamento della storia dell’Europa orientale.

La maggior parte è stata scritta da immigrati russi che presentavano l’Ucraina come una “componente naturale della Russia” e in quei libri, che hanno formato intere generazioni di studiosi della regione e giornalisti occidentali, “la conoscenza imperiale ha reso le colonie invisibili, confinandole ad una non-esistenza”.

Dall’inizio dell’invasione lanciata dal capo del Cremlino, l’Occidente e i suoi leader hanno invece cominciato a guardare alla storia e all’identità dell’Ucraina in una prospettiva diversa, motivo per cui per la sua capitale potrebbero optare per l’ortografia ucraina Kyiv al posto di quella russa, Kiev.

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