Politica internazionale

Siamo al quarantaquattresimo giorno di guerra!

Dario Patruno

Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina che non è ancora conclusa, si stenta a vedere dai colloqui iniziati a Istanbul una soluzione mentre muoiono ancora persone sotto le bombe, vittime innocenti di un conflitto insensato sottovalutato nel tempo.

E fissare una data presunta non è realistico né credibile, si parla del 9 maggio, anniversario della presa di Berlino e data che segna la fine della Grande guerra patriottica con la quale la Russia ha liberato l’Europa dal nazifascismo e per l’Europa la fine della Seconda guerra mondiale. Intanto sembra che l’unica preoccupazione sia l’aumento delle spese militari al 2% del PIL, non dialogare e confrontarsi chiedendo e supplicando la pace come esercizio linguistico. Anche un Capo di Governo può supplicare la pace, è dignitoso, molto di più che accogliere ordini del giorno senza passare da un voto in aula. Va dato a Draghi che nella telefonata a Putin ha esordito dicendo che ha chiamato per parlare di pace. Ma dopo ha parlato di efficacia delle sanzioni economiche e di un nuovo ordine mondiale. E che dire di quel tragico errore di colpire un deposito di carburanti in territorio russo, senza vittime. Tutti negano ma chi è stato?

Interroghiamoci sugli errori e facciamola finita. E che dire della notizia che gli USA hanno “dato” carri armati di fabbricazione sovietica all’Ucraina. Questo significa che al netto delle guerre il traffico e il commercio delle armi è da fermare da tempo come il papa invano chiede con forza e chiarezza ma orami è una voce che parla nel deserto.

Rimango per altro verso sconvolto dall’appiattimento delle posizioni di Letta e della Meloni sull’atlantismo quasi a volersi legittimare nel caso di prossime elezioni per evitare di creare dubbi sulla legittimità a governare il paese. Entrambi sono d’accordo ad aumentare le spese militari e nessuno all’interno dei partiti mostra il minimo dissenso mentre il Governo Draghi vuole accreditarsi all’alleato americano come non mai.

La Democrazia Cristiana fautrice della nascita della Nato non si appiattì mai. Il 9 giugno 1973 al XII Congresso del partito, Moro afferma: L’Alleanza atlantica resta per l’Italia come per l’Europa occidentale, fondamento essenziale della politica estera e non come fini a se stessa, e non come una stabilizzazione definitiva di un mondo in cui la pace sia garantita dall’equilibrio del terrore , ma come punto di partenza per una iniziativa unitaria, nella quale ciascuno di noi ponga, però la nostra sensibilità ed un particolare accento, per una pacificazione vera, su basi di fiducia in Europa e nel mondo. ….Queste cose importanti si fanno in buona armonia, che va ricercata con impegno, con gli Stati Uniti, ma senza che ciò significhi che l’Europa nel suo insieme è una dipendenza, una sorte di regione subordinata agli Stati Uniti. (L.Ferlicchia, I tempi di Aldo Moro Quando la politica era una vocazione, 2014, Federazione dei Centri Studi “Aldo Moro e Renato Dell’Andro” p.341)

Quindi è ora che USA, Urss, Cina, India, Ucraina e Turchia si incontrino e avviino una vera e propria conferenza di pace.

Il Papa ha denunciato l’impotenza dell’ONU e inevitabilmente del diritto internazionale, non esiste un gendarme del mondo in grado far paura e di rendere ragionevole e soprattutto conveniente dialogare. Ma bisogna essere almeno in due per un dialogo e ad oggi non si vedono spiragli mentre continuano a morire bambini, figli di famiglie non potenti, di gente comune perché come ogni guerra sono i deboli a pagare con la vita. La strage di Bucha ne è la tragica testimonianza.

Putin può cambiare? E gli altri attori stanno facendo tutto il possibile per rendere ragionevole chi stenta a ragionare?

Biden deve assumere una iniziativa forte che rimetta la politica al centro di interessi economici che ci sono, cercando di discernere le sanzioni utili allo scopo di indurre la Russia trattare da quelle inutili come la corsa a fornire le armi all’Ucraina che può rivelarsi un boomerang senza sbocchi positivi.  Ha un reale interesse a farlo e soprattutto quanto è disposto ad aiutare l’Europa nell’approvvigionamento delle materie prime in primo luogo gas e petrolio? Le incognite sono molte, ecco perché la responsabilità di grandi è maggiore e va esercitata per dovere di umanità.

E quindi ritorno al quesito iniziale, è opportuno affidarsi ancora ai rappresentanti del popolo? Ma questa è la democrazia e fino a quando vivremo non in una dittatura, per amore del mio popolo non tacerò e chiederò che l’Italia possa avere una pozione in materia di politica estera rispettosa delle alleanze ma non subalterna, altrimenti anche il vivere in democrazia diventa un esercizio linguistico. Per assurdo la guerra fredda e la cortina di ferro avevano garantito un periodo di tregua controllata e il nuovo periodo che attende tutti è la necessità di una nuova conferenza mondiale sull’assetto dell’Europa che stabilisca nuove regole.

Rubo una immagine del prof. Romano Prodi che auspica che i capi delle nazioni guidino l’auto dei propri governi non guardando lo specchietto retrovisore ma avanti, dando una prospettiva di futuro a sè stessi e al mondo.

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