L’Europa ha detto basta alla moda che inquina
Ogni anno nell’Ue vengono gettati circa 5,8 milioni di tonnellate di tessuti, l’equivalente di 11 chilogrammi di materiale a persona. Per questo Bruxelles ha deciso di voltare pagina e favorire cicli virtuosi di riuso ed economia circolare
Promuovere prodotti tessili che durino di più, ma anche modelli di business eco-compatibili e conformi agli standard dell’economia circolare. Questi gli obiettivi della Commissione europea ribaditi nella nuova strategia per un settore tessile sostenibile e circolare.
L’intervento Ue parte dai dati che al momento collocano l’industria tessile al quarto posto per maggiore impatto ambientale e sui cambiamenti climatici, alle spalle dei settori alimentare, edile e dei trasporti. Il comparto tessile è anche la terza area di consumo per uso di acqua e suolo e la quinta per uso di materie prime ed emissioni di gas serra.
Ogni anno nell’Ue vengono gettati circa 5,8 milioni di tonnellate di tessuti, l’equivalente di 11 chilogrammi di materiale a persona, e ogni secondo nel mondo un camion carico di tessuti viene buttato in discarica o incenerito. D’altronde la produzione tessile globale è quasi raddoppiata tra il 2000 e il 2015 e si prevede che il consumo di abbigliamento e calzature aumenterà del 63% entro il 2030, dagli attuali 62 milioni di tonnellate a 102 milioni di tonnellate entro la fine del decennio.
“Abbiamo tutti degli abiti che portiamo raramente e al momento c’è davvero un consumo eccessivo di tessili”, ha denunciato il vice presidente della Commissione europea, Frans Timmermans.
“Io non sono uno che va dietro alla moda ma anche nella mia famiglia si comprano tanti vestiti. Poi non sappiamo più dove metterli, ad esempio quando crescono i bambini”, ha raccontato. “I tessili possono essere riciclati e rivenduti. E questo dev’essere stimolato. Anche l’industria del tessile deve diventare più sostenibile, anche socialmente”, ha evidenziato Timmermans.
“Entro il 2030 tutti i tessili dovranno essere durevoli, riciclabili, fatti di fibre riciclate e senza sostanze tossiche. Inoltre si vuole promuovere il riutilizzo e la riparazione per evitare la produzione di rifiuti tessili e microplastiche”, ha confermato.
“Nell’Ue, il settore tessile e dell’abbigliamento è economicamente significativo e può svolgere un ruolo di primo piano nell’economia circolare”, si legge nella strategia adottata dal Collegio dei commissari. L’industria tessile comprende, infatti, oltre 160 mila aziende e impiega 1,5 milioni di persone.
Nel 2019 ha generato un fatturato di 162 miliardi di euro, mentre nell’anno successivo è diminuito del 9,2%, con il solo ramo abbigliamento che ha subito una contrazione ancora maggiore, pari al -18,1%. Gli interventi annunciati dalla Commissione includono nuovi requisiti di progettazione eco-compatibile per i tessili, informazioni più chiare da fornire al consumatore tramite un passaporto digitale del prodotto e un regime obbligatorio di responsabilità estesa del produttore.
L’Ue prevede inoltre di introdurre misure per contrastare il rilascio involontario di microplastiche dai tessuti, garantendo l’accuratezza delle dichiarazioni ecologiche e promuovere modelli di business circolari, compresi i servizi di riutilizzo e riparazione.
Per affrontare il fenomeno del fast fashion, che favorisce la produzione di massa di capi di moda e poco durevoli nel tempo, la strategia della Commissione invita le aziende a ridurre il numero di collezioni all’anno, ad agire per ridurre al minimo il proprio impatto ambientale. Al contempo gli Stati membri vengono incoraggiati ad adottare misure fiscali favorevoli per il settore del riutilizzo e della riparazione. La Commissione promuoverà il cambiamento anche con attività di sensibilizzazione.
L’esecutivo europeo ha inoltre lanciato la “co-creazione di un percorso di transizione per l’ecosistema tessile”. Si tratta di uno strumento collaborativo pensato per aiutare il settore a riprendersi dall’impatto negativo della pandemia.
“Tutti gli attori – si legge nella nota della Commissione – sono incoraggiati a prendere parte attiva al processo di co-creazione attraverso i loro impegni su circolarità e modelli di business circolari, azioni per rafforzare la competitività sostenibile, la digitalizzazione, la resilienza e l’identificazione di investimenti specifici necessari per la doppia transizione” verde e digitale. AGI