La Costituzione, questa sconosciuta!
E’ proprio il caso di dire: la Costituzione è ignorata non solo dalla maggioranza dei cittadini italiani, ma anche da coloro, parlamentari e eletti negli enti locali, che pure, prima di assumere l’incarico, giurano di osservarla. Ma, ancora peggiori sono tutti coloro che, conoscendola, la violano dolosamente. Gli esempi non mancano: è eclatante la prassi adottata dai parlamentari che negano l’autorizzazione a utilizzare prove a carico dei loro colleghi, acquisite in ordinarie indagini penali, al solo scopo di affermare la loro presunta sacralità, conferita, a sentire loro, dal voto popolare, quasi fosse un sacramento come il battesimo.
I nostri costituenti nel formulare l’art. 68 della Costituzione confidavano nella elevatezza culturale e morale del costume politico dei parlamentari; si pensava, (ma è meglio dire si sperava) che mai avrebbero approfittato della loro posizione per affermare la loro autorevolezza anche al di fuori dell’attività parlamentare. E, quindi, sempre secondo la casta, ai magistrati, non avendo essi ricevuto il battesimo del voto popolare, dovrebbe essere inibito di invadere, con le loro indagini penali, la sfera giuridica degli eletti.
Qui, evidentemente, si parla delle cd immunità parlamentari conferite, come sanno anche gli studenti del primo anno di giurisprudenza, per garantire agli eletti di svolgere il loro mandato senza impedimenti e in piena indipendenza, in ossequio alla loro funzione costituzionale. In pratica, la Costituzione italiana, che si fonda sul principio della separazione delle funzioni (legislazione, amministrazione e giurisdizione), li attribuisce a tre distinti poteri dello Stato (potere legislativo, potere esecutivo e potere giudiziario) al fine di garantire il rispetto della legalità. Tripartizione non improvvisata, ma elaborata sin dall’’antichità greca e perfezionata nel corso dei secoli da vari filosofi (ne cito alcuni: Henry de Bracton nel XIII secolo, John Locke nei due trattati sul governo del 1690) e, nel secolo dei Lumi, dal francese Montesquieu ed esposta nello Spirito delle leggi pubblicato nel 1748: “Chiunque abbia potere è portato ad abusarne….Perché non si possa abusare del potere occorre che …il potere arresti il potere”. Lo sforzo dei filosofi si spiega per la necessità di garantire il rispetto delle leggi anche da parte di coloro che svolgono ruoli istituzionali nell’interesse della collettività.
Nell’ottica del principio della separazione delle funzioni l’art. 68 della Costituzione va letto e interpretato quale prerogativa a consentire lo svolgimento, in piena indipedenza e senza impedimento, le funzioni che la Costituzione assegna al Parlamento. Non, quindi, per tutelare privilegi personali dei singoli parlamentari.
A leggere, però, le vicende giudiziarie che riguardano deputati e senatori, l’interpretazione che ne danno le Camere esula da quella che è la funzione di garanzia posta a tutela del libero svolgimento delle attività proprie del Parlamento e, piuttosto, leggono l’art. 68 in funzione di presunti privilegi personali attribuiti ai singoli parlamentari. Un esempio? La vicenda dell’Eolico in Sicilia, che vede coinvolto il senatore Siri, fedelissimo di Salvini. Palazzo Madama ha negato l’’autorizzazione all’uso delle intercettazioni che riguardano l’esponente del Carroccio. Ricordiamoci: il senatore Armando Siri è sotto processo per aver svolto attività in favore di Paolo Arata, “l’imprenditore in affari con il re dell’eolico Vito Nicastri, considerato uno dei finanziatori di Matteo Messina Denaro” (Il Fatto Quotidiano del 10 marzo 2022). Aggiungo: Paolo Arata è stato consigliere dell’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini, mentre Federico Arata, figlio di Paolo Arata, è stato consulente di Giancarlo Giorgetti, al tempo Sottosegretario alla presidenza del Consiglio (della vicenda mi sono occupato con l’art. Salvini, Di Maio e la lunga polemica sul caso Siri, pubblicato su questo giornale il 25 giugno 2019).
La sconcezza dei comportamenti dei gruppi politici presenti in Parlamento si rivela in tutta la sua gravità per il coinvolgimento trasversale di quasi tutti, PD compreso, preoccupati di salvare gli interessi della casta. Il problema, oggi come nel passato, è l’art. 68 che andrebbe rivisitato e riformulato nel senso che l’autorizzazione non possa essere negata ove non si ravvisi il FUMUS BONI IURIS. Intanto sarebbe utile che sulla questione Siri e il diniego dell’’autorizzazione si pronunciasse la Corte Costituzione, davanti alla quale la magistratura potrebbe e dovrebbe portare la questione. Rimane, però, lo scandalo che anche il PD, sedicente partito di sinistra, si è associato a quanti sono preoccupati semplicemente di pararsi il culo.
Raffaele Vairo