Il focus sul dopo
Di Daniela Piesco Vice Direttore Radici
Allo stato attuale sarebbe opportuno spostare il focus sul dopo, poiché la crisi ucraina sembra volgere al suo esito prevedibile: trattative dove Putin detterà le sue condizioni.
C’è sempre un’ora che segna la Storia. Un’ora tragica. Quando a Mosca sono le 6 del mattino, Vladimir Putin annuncia in tv l’attacco all’Ucraina. L’offensiva inizia con un’ondata di missili da crociera, colpi d’artiglieria e bombardamenti aerei che hanno colpito postazioni di confine e infrastrutture militari, tra cui le basi aeree. Da quel momento è solo cronaca di guerra. Una guerra che squassa l’Europa.
Da New York a Londra, da Parigi a Roma, da Berlino a Bruxelles la condanna è unanime. La guerra di Putin ricompatta la Nato, rafforza le relazioni euroatlantiche, e mostra una Europa unita come mai in passato. Ma tutto ciò non sembra fermare lo Zar del Cremlino.
È fortemente in dubbio che l’intesa Russia-Cina possa diventare strategica. Se la Russia non accetta concentrazioni di potenza a Ovest, dal 1905 in poi le teme non meno a Est.
La «diversità culturale e antropologica» tra la Russia cristiano-ortodossa e la Cina
La «diversità culturale e antropologica» tra la Russia cristiano-ortodossa e la Cina confuciana è maggiore che con l’Occidente. Il conflitto è potenzialmente più critico nella nevralgica area siberiana, su cui premono l’esuberanza demografica e la potenza militare cinesi.
La Russia , non può e non potrebbe contenere la potenza cinese senza l’Occidente.
Con l’Occidente giocano maggiori rapporti economico-finanziari, umani, di scambi personali, culture che si conoscono e si frequentano, la stessa famiglia religiosa che ha smussato antiche animosità. Certamente l’attuale vicenda ucraina ha portato indietro il rapporto Occidente-Russia, ma non ha avviato un nuovo blocco con la Cina pivot.
Resta il “nodo gordiano”: come conciliare l’universalismo dei nostri principi con il mondo che non li riconosce? Con un containment aggiornato, forse, non del tutto passivo, ma che sappia rendere l’alternativa occidentale competitiva.
Questo richiederebbe di mantenere la superiorità della forza, economica, militare e tecnologica, altrimenti non potrebbe più essere credibile.
L’identità non ci consente di rinunciare ai nostri principi, ma il sistema internazionale non ci consente di rinunciare al realismo.
Tra le molte questioni sollevate e che richiederebbero lunga riflessione per un’adeguata risposta ci sarebbe quella sulla natura “cristiano-ortodossa” della Russia,e di cui l’Occidente odierno oltre ad avere poca conoscenza ,ha poco interesse.E poca simpatia.
Potrebbe addirittura oggi esser motivo di ulteriore attrito tra Occidente (sempre meno europeo classico) e Russia.
Inoltre, le alleanze per il dominio si fanno anche tra diversi, come, ad esempio, insegna la Guerra dei Trent’anni, specie nella sua quarta ed ultima fase.
Le sanzioni comminate alla Russia rischiano di avere conseguenze severe per i Paesi europei e soprattutto per l’Italia
Le sanzioni comminate alla Russia per l’invasione dell’Ucraina hanno ripercussioni considerevoli anche sull’Unione europea e l’Italia rischia di dover fare i conti con conseguenze drammatiche dal punto di vista economico. E tutto questo Putin lo sa bene, lo ha ben chiaro in mente. Il presidente russo è consapevole del fatto che ogni colpo all’economia russa ha un contraccolpo sui Paesi occidentali. Direttamente o indirettamente, le sanzioni alla Russia colpiscono tutti.
Le conseguenze per l’Italia delle sanzioni alla Russia
Per quanto riguarda l’Italia, le conseguenze legate alle sanzioni alla Russia rischiano di essere particolarmente dure.
Il primo effetto collaterale della guerra in Ucraina è l’aumento del costo di prodotti come la pasta, il pane e la farina. Conseguenze che quindi hanno un impatto diretto sulle famiglie, costrette a fare i conti con un carrello della spesa decisamente più costoso. Ad aumentare è anche il prezzo del mais. Molti allevamenti italiani infatti si riforniscono dall’Ucraina.
C’è poi il problema del gas naturale. Subito dopo l’inizio della guerra il prezzo è salito del trenta per cento circa. E la sensazione è che la curva non inizierà la sua discesa fino a quando non sarà risolta la crisi in Ucraina.
Un altro effetto collaterale è rappresentato dall’aumento dei prezzi dei fertilizzanti. La Russia è un dei Paesi centrali nell’esportazione di fertilizzanti prodotti da gas naturale. Le sanzioni a Mosca e la guerra in Ucraina rischiano di far saltare il banco e gli effetti ricadrebbero a pioggia sull’agricoltura.
L’Italia (ma non solo) deve poi fare i conti con l’inflazione, che già grava da tempo sulle famiglie, soprattutto sui ceti meno abbienti.
Ai costi economici si aggiungono quelli umanitari di una migrazione che si prefigura di ora in ora più drammatica. Save the Children e Sos Villaggi dei bambini parlano di 98mila minori nelle strutture di accoglienza in Ucraina e lanciano l’allarme per almeno 50 mila bambini che dovranno essere evacuati. La prima destinazione per chi fugge dalla guerra è la Polonia, che fa parte del blocco di Visegrad con Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, gli stessi Paesi che fino a poche settimane fa si sono detti sempre contrari alle logiche di ridistribuzione dei migranti e con i quali, per questa ragione, sembra difficile immaginare un dialogo proficuo. In base ai dati Eurostat, su circa 800 mila ucraini residenti nella Ue, oltre un quarto (236mila) si trova nel nostro Paese. Il 75% di loro sono donne, impiegate per la maggior parte come lavoratrici domestiche in Lombardia, Campania ed Emilia Romagna. Non è da escludere che molte di loro faranno domanda di ricongiungimento familiare per motivi umanitari e per il nostro Paese sarà una nuova emergenza da affrontare.
Daniela Piesco Redazione Corriere Nazionale
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