Il libero pensiero non ha l’Iban
di Romina G. Bottino
L’informazione e il giornalismo in ogni sistema di governo hanno rappresentato un nodo cruciale, non a caso tutti i sistemi totalitari hanno sempre negato la libertà di stampa e si sono sempre appropriati dei mezzi dell’informazione per portare avanti il loro verbo, per celebrare o mistificare le loro azioni. Anche i sistemi democratici, pur lasciando libertà di stampa e di opinione tendono a ritagliarsi spazi ben precisi e magari a dividerli tra i diversi gruppi politici.
Cosa questa molto praticata anche in Italia.
Nel nostro Paese fino agli anni Ottanta si usava, come informazione libera ed indipendente, la pratica dei volantini realizzati a tiratura e costi limitati attraverso il ciclostile.
Con il volantinaggio si faceva circolare l’informazione in modo mirato e libero da ogni apparato politico-istituzionale.
I tempi e l’astuzia dell’uomo hanno maturato un sistema molto più articolato e complesso di quanto si immagini e lo si può comprendere, almeno in parte, riflettendo sui grandi cambiamenti avvenuti a livello globale nel nuovo millennio sia sul piano politico-economico che sociale.
Le teorie economiche neoliberiste affermatesi a partire dagli anni Ottanta degli ultimi decenni del XX secolo e adottate dalla politica americana di Ronald Reagan e da quella britannica di Margaret Thatcher impressero una svolta alle economie mondiali e spinsero tutti i Paesi verso una politica economica tesa al raggiungimento di due fondamentali obiettivi: le liberalizzazioni e la deregolamentazione.
Questi due obiettivi si sono pienamente realizzati nel nuovo millennio: le liberalizzazioni hanno portato alla privatizzazione di tante imprese pubbliche, soprattutto di imprese che forniscono servizi come poste e telecomunicazioni, trasporti aerei e ferroviari, società elettriche, industrie energetiche ecc.
In Italia nel 1992 a bordo dello yacht Britannia, ormeggiato nel porto di Civitavecchia, in attesa di imbarcare importanti ospiti per una piccola crociera verso l’isola del Giglio, venne discusso ed approvato il progetto di privatizzazione che dal 1993 in poi, sotto l’attenta guida, di Amato, Draghi e D’Alema, interessò il gruppo Sme, Eni, Iri e così via, trasformando l’Italia in uno Stato parassita che vive e si sostiene solo attraverso la tassazione, sempre più selvaggia, dei cittadini.
La deregolamentazione o ”deregulation” invece ha portato all’abbattimento delle barriere doganali limitando l’intervento statale nelle attività economiche e la conseguente diminuzione dei controlli sulla circolazione di capitali e sui flussi d’investimenti finanziari e commerciali.
Questi due provvedimenti hanno creato uno spazio economico globale che ha reso le compravendite finanziarie, favorite dalla moderna tecnologia, velocissime. Ma se gli acquisti e le vendite in borsa si sono moltiplicati insieme ai profitti, l’assenza di regole nel sistema ha portato ad una forte volatilità del mercato finanziario.
Questo processo ha determinato il fenomeno delle cosiddette “bolle speculative”.
Non dimentichiamo che fu una bolla speculativa legata al mondo del mercato immobiliare statunitense a determinare la crisi economica globale avviata nel 2007, che colpì particolarmente i paesi della zona euro, dipendenti dall’economia statunitense.
Di quella crisi che ha portato al fallimento di banche, al default di alcuni Stati, a un generale impoverimento, ancora oggi scontiamo i terribili effetti.
Attualmente questo mercato finanziario internazionale, basato su azioni, obbligazioni, derivati e materie prime, determina lo scambio di titoli tra soggetti in surplus e soggetti in deficit ed è il luogo di scambio della ricchezza finanziaria, il tutto a discapito delle politiche, del lavoro reale e delle scelte economiche nazionali.
Ma cosa ben più grave, la nascita e lo sviluppo di organismi o di istituzioni sovranazionali da una parte e l’affermazione, grazie al libero mercato, di grandi Multinazionali e di grandi gruppi finanziari, dall’altra, ha prodotto la concentrazione di ingenti capitali finanziari nelle mani di pochi gruppi spesso legati tra loro da interessi comuni ed accordi.
Questi due fattori oggi sono in grado di condizionare le scelte politiche di qualsiasi nazione a discapito di ogni democrazia che si vede limitata e condizionata in ogni scelta e forma di autodeterminazione in nome di un categorico: “lo chiede il mercato”.
In nome di questo nuovo dio possono chiudere o fallire imprese, aziende, cittadini, perché la ricchezza dei popoli non è più prodotta dal lavoro, come ci insegnarono a scuola molti anni fa, ma dalla borsa, dai mercati e dai loro giochi.
In questo nuovo sistema i cittadini non sono più tali perché non si vedono riconosciuti, di fatto, più nessun diritto pieno al lavoro, all’istruzione ed all’assistenza sanitaria, né lo Stato nazionale ha la forza morale e materiale per reagire contro un sistema mondiale rifondato su leggi ad esso opposte.
Perciò se da una parte l’’interconnessione globale di merci, capitali, persone, informazioni, conoscenze, idee e valori ha determinato l’affermazione degli stili di vita e dei modelli occidentali, dall’altra ha prodotto la concentrazione del possesso di giornali, grandi gruppi editoriali, mass media, e sistemi informatici nelle mani di grandi società e gruppi finanziari privati mondiali che controllano l’informazione a tutti i livelli.
I fatturati stratosferici di queste grandi società, insieme a quelli delle multinazionali e dei grandi gruppi finanziari, condizionano ed influenzano le scelte politiche mondiali.
Davanti ad un simile scenario non c’è più spazio per il pluralismo e per la libera informazione.
In particolare il giornalista che redige articoli o inchieste sui mezzi di comunicazione di massa non si occupa più di scoprire, scegliere e descrivere le notizie per poi diffonderle, ma ormai schiavo dei burattinai dell’informazione, se osasse mettere in discussione o narrare il divenire della verità verrebbe subito fatto fuori dal sistema e lo si potrebbe paragonare ad una formica che cerca di muoversi alla pari di un elefante.
C’è di più: il sistema ha elaborato dei propri criteri di censura per cui ogni notizia, anche se vera, che contrasta con i suoi dettami viene automaticamente classificata e pubblicizzata come “bufala”, falsa.
Per questo motivo anche su reti nazionali o giornali e web non circolano più determinate notizie, oppure se vengono pubblicate, la loro chiave di lettura è tutt’altro che obiettiva.
Non c’è più spazio nel sistema giornalistico per il pensiero critico, il confronto con chi la pensa diversamente, e se il ”dissidente” viene ospitato in qualche trasmissione è sempre posto a confronto da solo contro un intero gruppo di persone che contestandolo inculcano nel telespettatore dubbi ed incertezze, travisando la realtà dei fatti e relegando, subdolamente, la ragione nella dimensione del torto.
Questa grave situazione è emersa appieno in questi mesi di pandemia, addirittura una giornalista del servizio pubblico, pagato dai cittadini, qualche tempo fa si vantava di non aver mai ospitato e fatto esporre le motivazioni di chi era contrario a questi vaccini, cosi come il distorto senso di pluralità vuole!
Vediamo cosi celebrate ed osannate persone che nulla hanno fatto per il nostro paese, anzi hanno operato ai danni dell’Italia perché cosi voleva il sistema.
Che l’informazione è gestita da un sistema di potere sovranazionale, il quale attraverso di essa condiziona e determina le scelte politiche e finanziarie di un Paese o il suo crollo, è emerso chiaramente quando nel 2011 le famose agenzie di rating, con fare martellante, ogni giorno parlavano dell’aumento dello spread in Italia, dovuto all’immobilismo dell’allora capo di governo italiano che non attuava le riforme chieste dall’Europa.
Tutti gli organi di stampa italiani ed esteri insieme a determinati gruppi politici ripetevano, come un mantra, che per risollevare i mercati bisognava far dimettere Berlusconi e nominare nell’immediato un governo tecnico. Scese in campo, con autorevolezza, lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per indurre alle dimissioni il governo eletto democraticamente e ci fu servito su un piatto d’argento quel Mario Monti che pretese, come condizione, l’immunità ! Dopo qualche tempo venimmo a sapere, senza tanto clamore, che le famose agenzie di rating che avevano creato tanta tensione e pressione mediatica sul legittimo governo italiano per fini politici ben precisi, appartenevano a quegli stessi gruppi economico- finanziari che, celatamente, per i loro interessi avevano fatto in modo di far cadere il governo italiano di allora.
Il loro potere è talmente radicato attraverso i loro gruppi politici di riferimento fino al punto da coinvolgere e strumentalizzare il nostro sistema giudiziario per propri fini, cosi come confermato dagli scandalosi eventi che hanno visto coinvolto addirittura il Consiglio Superiore della Magistratura.
Torna utile ricordare che il Consiglio Superiore della Magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica, spesso imposto dagli stessi gruppi di potere politico-finanziari sovranazionali.
Fortunatamente qualche spazio di opinione ancora sopravvive grazie alla rete ed alla rettitudine di giornali come questo, ancora oggi liberi di fornire un servizio veritiero e deontologicamente corretto.