Cancellare la storia è distruggere la libertà
Markus Krienke
Cosa hanno in comune Cristoforo Colombo ed Indro Montanelli? Shakespeare, Omero e persino Biancaneve? Sono tutti diventati bersagli della cancel culture, ma mentre la statua di Montanelli viene deturpata e finora c’è soltanto la richiesta della sua eliminazione, quelle di Colombo spariscono en masse dalle piazze americane e si cancella in alcune realtà la sua festa dal calendario.
Certamente, il dibattito se il bacio non richiesto a Biancaneve come espressione di un rapporto non egualitario sarebbe da cancellare se non dal testo dei Fratelli Grimm ma certamente dai film di Disney resta una diatriba sui social; fatto sta però che l’Odissea è stata bandita da una High school in Massachusetts e che le lingue classiche del greco e del latino sono state eliminate dall’Howard University di Washington in quanto testimoniano una cultura discriminatoria e inospitale per persone di colore.
Il fatto che Shakespeare se abbia evitato il rischio di essere cancellato per il suo essere razzista e colonialista non significa che in Europa non potrebbe attecchire questa tendenza che senz’altro fiorisce molto di più al di là dell’Atlantico: l’ultima edizione della Divina Commedia di Blossom Books (Olanda) non contiene più la dannazione di Maometto nel XXVIII canto dell’inferno.
La cancel culture non si esprime però soltanto nella distruzione del passato nel nome di un presente che lo deve “redimere”. Sempre più frequentemente, e anche più violentemente, si esprime la tendenza di boicottare o cancellare eventi, organizzazioni, persone o gruppi, per non “urtare” l’opinione pubblica.
Ciò che non rientra nel mainstream tollerato – in Italia spesso tradotto con «pensiero unico» – deve completamente scomparire. Una visione delle cose e del mondo viene elevata sopra ogni discorso razionale. E mentre è certamente giusto che contro le ideologie estremiste e violenti non si possa essere tolleranti, ciò costituisce facilmente la vittoria delle masse e del moralismo sulla diversità – o perlomeno su quella diversità che non era “prevista” dalle stesse masse. Ovviamente, i nuovi digital media sono un potente catalizzatrice per queste dinamiche, che spesso si articolano come shitstorm. Una moderna “caccia alle streghe”, si potrebbe dire.
Una recente affermazione di Papa Francesco fa pensare che questa volta però, ben quattro secoli dopo, il Pontefice non voglia alimentare questa caccia, e che anzi abbia cambiato lato. Proprio perché non va negata la realtà storica dei roghi, si riesce a comprendere che oggi le dinamiche sociali del censurare e boicottare sono cambiate, ma che la mania di raggiungere una purezza da realizzare politicamente si ripete. Così Francesco, nel suo discorso del 10 gennaio ai membri del Corpo diplomatico presso la Santa Sede in cui sono rappresentate 183 nazioni, si è espresso decisamente contro tale cancel culture della nostra presunta “modernità” – a stupore di chi ha inesorabilmente categorizzato il pontefice come “mainstream-progressista”.
Ecco le sue parole: «in nome della protezione delle diversità, si finisce per cancellare il senso di ogni identità, con il rischio di far tacere le posizioni che difendono un’idea rispettosa ed equilibrata delle varie sensibilità. Si va elaborando un pensiero unico – pericoloso – costretto a rinnegare la storia, o peggio ancora a riscriverla in base a categorie contemporanee». L’assolutizzazione della propria posizione e la negazione di chi la pensa diversamente non consentono quindi nemmeno alla storia di essere diversa.
Per Nietzsche, dopo la “morte di Dio”, la storia è rimasta l’unico assoluto, ossia ciò su cui non abbiamo potere: la storia è questo assoluto, appunto, perché è passata e non possiamo più cambiarla. Ora, se una volta la hybris era il “voler essere (come) Dio”, oggi, e in forma forse ancora più pericolosa per la libertà, hybris è il “voler essere il giudice persino del passato”, figuriamoci del presente. Nemmeno il passato allora ha il diritto di essere “diverso”, e tantomeno noi abbiamo bisogno di imparare da esso. A nome di una presunta celebrazione della diversità e della tolleranza si esercita la cancellazione della diversità e l’intolleranza verso di essa. Per questa violenza insita la cancel culture è una tentazione che corrode la libertà.
Sviluppare un senso storico, e comprendere che «ogni situazione storica va interpretata secondo l’ermeneutica dell’epoca, non l’ermeneutica di oggi», così sempre Papa Francesco, ci aiuta invece a relativizzare noi stessi e a di diventare liberi.